di Ettore Grassano
“Sì, sono davvero preoccupato: la proposta di legge Daga sull’acqua non sarebbe una rivoluzione, ma un vero salto all’indietro. Il caos. Spero che chi ci governa non abbia perso completamente perso il senso della realtà: per il comparto idrico, già alle prese con tante emergenze, e risorse sempre insufficienti, sarebbe davvero un disastro”. Mauro D’Ascenzi, amministratore delegato del Gruppo Acos, da lungo tempo ai vertici di Utilitalia (la Confindustria delle multiutility che erogano servizi pubblici), ci aiuta a fare un po’ di chiarezza sulla proposta di legge Daga (dal nome della sua prima firmataria, l’onorevole Federica Daga, del Movimento 5 Stelle), ) intitolata “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque”. Attualmente all’esame della Commissione Ambiente di Montecitorio, la legge potrebbe arrivare in aula dopo le elezioni europee, ma una sua approvazione appare tutt’altro che scontata. “Mi pare – sottolinea Mauro D’Ascenzi – che all’interno della stessa maggioranza di governo ci siano molte perplessità, e mi auguro davvero che ci possano ripensare. Parlino con i sindaci, anche quelli del loro colore politico, come Lorenzo Lucchini, primo cittadino di Acqui Terme, esponente dei 5 Stelle: mi risulta che abbia scritto una lettera all’on. Daga, per metterla in guardia sulle conseguenze dell’approvazione di un simile provvedimento”.
D’Ascenzi, la proposta di legge Daga recita, in sintesi: “L’acqua deve uscire dal mercato, è un monopolio naturale, è un diritto universale, noi vogliamo gestirla fuori dalle logiche di mercato senza far profitto, ma reinvestendo ogni centesimo delle bollette pagate dagli utenti negli investimenti necessari sulle reti”. Cosa non la convince di questo approccio?
Ah, detta così chi non sarebbe d’accordo? Ma anche in Venezuela i principi fondamentali erano condivisibili: peccato che quando poi li vai ad applicare creano un disastro economico. Che l’acqua sia bene pubblico, e diritto universale, non ci sono dubbi. Giova però ricordare che l’acqua già oggi in Italia è gestita, al 97%, da società controllate in toto o a maggioranza da enti pubblici. In genere comuni. Ad essere ispirata a criteri aziendali, da dopo la legge Galli del 1994, è invece la gestione dell’acqua. E per fortuna, dico io: anzi, certamente non si è ancora fatto abbastanza. Nel senso che servono da un lato più risorse, dall’altro una logica aziendale forte, proprio per ottimizzare gli investimenti, e rendere la fruizione dell’acqua sempre più capillare e democratica.
La proposta Daga invece secondo lei dove ci porterebbe, se diventasse legge dello Stato?
Torneremmo indietro di trent’anni, anzi no, di almeno quaranta. In pratica alle vecchie municipalizzate comunali e inter-comunali, perché qui tutto si fa poco chiaro. La legge parla di aziende speciali, sotto il controllo diretto dei comuni, anzi intese come una loro appendice. Enti pubblici dunque, a tutti gli effetti. E la sorte ci scampi da un simile scenario…
Quali controindicazioni vede, concretamente?
Partiamo dalle risorse. Se mai, per sventura, il Governo decidesse di ‘smontare’ (e in soli 12 mesi, come dice la proposta di legge) le attuali strutture di gestione, significa che realtà come la nostra Gestione Acqua, o come Amag Reti Idriche ad Alessandria, dovrebbero essere ‘indennizzate’ per i loro investimenti. E parliamo a spanne di oltre 100 milioni di euro di indennizzi solo per le realtà della Provincia di Alessandria. A quel punto quelle risorse arricchirebbero le nostre società, che sono proprio quelle che l’on. Daga vorrebbe in qualche modo punire. L’indennizzo comunque costerebbe alle casse dello Stato dai 15 ai 30 miliardi. Chissà cosa ne pensano al MEF (Ministero Economia e Finanza, ndr).
Ammesso che trovino le risorse, poi che succederebbe? Ogni comune avrebbe il proprio acquedotto locale?
La proposta Daga in sostanza propugna il ‘piccolo è bello’, e parla di realtà al massimo provinciali. Ma chi opera nel comparto idrico, o almeno lo studia e conosce, sa bene che non è vero per nulla che piccolo sia bello. Piccolo è inadeguato, e spesso inefficiente. Lo sa bene chi, come Gestione Acque, si trova alle prese con situazioni molto difformi sul territorio, e con tratti di acquedotti ex comunali, soprattutto in collina, di cui mancano magari mappe certe, o in cui gli interventi sono stati fatti nei decenni senza alcuna programmazione.
Con le nuove/vecchi municipalizzate si tornerebbe anche al ‘primato’ della politica nelle assunzioni, D’Ascenzi?
(sorride, ndr) Ha trovato una formula davvero gentile, bravo: intende se si tornerebbe al clientelismo più bieco, che in molte parti d’Italia è stato la regola nella prima repubblica? Il rischio certamente esiste: là dove oggi chi conosce le aziende del settore (e non parlo solo di Acos, o Gestione Acqua) sa bene che esiste una fortissima sensibilità verso la selezione delle professionalità vere, e utili. Le clientele politiche sono un retaggio del passato insomma. E tale sarebbe bello rimanessero.
Se la proposta di legge Daga entrerà in vigore direte addio anche alla temuta Autorità Nazionale dell’Acqua, con cui oggi le aziende come la vostra devono fare i conti?
Certamente sì, si passerebbe ad un controllo diretto del Ministero, per cui non ci sarebbe più un’Autorità indipendente, ma a controllare il tutto sarebbe il potere politico, che peraltro può cambiare. E se arrivasse un Governo iper liberista, o iper privatista? E soprattutto l’acqua, e gli investimenti necessari per modernizzare gli acquedotti, non si dovrebbe più ‘finanziare’ attraverso la tariffa, che oggi è il ‘cardine’ del sistema, ma tutto sarebbe pagato dallo Stato. Come, e con quali risorse, non si sa. Vuole sapere come la penso? Sarebbe la paralisi: anzi temo che questo sia il rischio più grande oggi, anche se la legge Daga non dovesse passare.
Ci spieghi meglio…
Ci stiamo confrontando, anno dopo anno, con una crisi climatica senza precedenti. I cittadini novesi, gli acquesi, in parte anche gli alessandrini sanno bene di cosa sto parlando, la siccità dei pozzi dell’estate 2017 se la ricordano eccome. Ora, proprio mentre tutti i soggetti della ‘filiera dell’acqua’ (Regione, Provincia, Autorità d’Ambito Egato6, aziende idriche del territorio) stanno facendo grandi sforzi per fare un vero ‘salto di qualità’ sistemico, il che significa ingenti investimenti ma anche e soprattutto utilizzo e distribuzione razionale della risorsa acqua, il rischio vero è che il dibattito sulla proposta di legge Daga ‘ristagni’in Parlamento, e provochi di fatto uno ‘stallo’ pericolosissimo anche a casa nostra. La conseguenza sarebbe esporre la popolazione a nuovi, e crescenti, rischi di razionamento dell’acqua. Un paradosso, considerato che complessivamente la provincia di Alessandria è davvero ricca di falde acquifere….
D’Ascenzi, è a rischio anche la nascita della società consortile costituita da Amag Reti Idriche e Gestione Acqua, prevista entro il 2021?
Francamente, se la proposta di legge Daga continuasse il suo iter fino all’approvazione, sarebbe a rischio tutto: soprattutto si rischierebbe la ‘tabula rasa’, in un momento in cui, invece, c’è bisogno di programmazione seria, concreta e con tempi certi di realizzazione dei progetti.