Il Sanatorio Vittorio Emanuele III di Alessandria – Seconda parte [Un tuffo nel passato]

di Tony Frisina.

 

 

Certamente il dottor Ferruccio Ravazzoni – meglio di me – può descrivere questa importante struttura alessandrina. Io mi limiterò ad aggiungere qualche nota in merito alla cartolina che oggi pubblichiamo.

“Il sanatorio è situato a circa 3 km. del centro della città, a sinistra della strada comunale Alessandria-Valmadonna in prossimità del suo incrocio con la strada pure comunale detta «dei Preti»; occupa un’area di 95.000 metri quadrati dei quali 5.325 sono impegnati da fabbricati, 22.000 da ampie strade interne, 67.675 da piantagione a pineta. Il progetto e la costruzione sono state opera degli ingegneri Gardella e Martini di Milano, particolarmente versati in costruzioni ospitaliere, e la sistemazione dei vari servizi ed impianti è stata curata con criteri di assoluta praticità funzionale con la stretta ed armonica collaborazione fra ingegneri e medico direttore.

La linea architettonica degli edifici è quella razionale moderna che tanto opportunamente si addice ad opere pubbliche che devono accomunare il piacevole fattore estetico ad importantissimi fattore d’indole funzionale ed igienica, e le tinte vaghe variate ed intonate danno subito una lieta impressione ben lontana da quella creata dalle uniformi e grigie apparenze adottate per il passato per queste costruzioni.

Oltre all’edificio principale vi sono sette fabbricati sussidiari e cioè: la chiesa, l’abitazione del direttore, la lavanderia, il forno inceneritore, l’edificio alloggio infermiere, la portineria esterna, le autorimesse.

Il grande corpo centrale è disposto ad H dove le branche più lunghe rappresentano le infermerie dei due sessi, mentre nel tratto d’unione centrale, che ha un prolungamento anteriore, sono sistemati i servizi medici di specialità, quelli radiologici, i refettori, gli uffici amministrativi, gli alloggi dei medici assistenti e delle suore.

L’orientamento delle infermerie è a sud-est; tale esposizione è quella che dà il massimo d’insolazione nelle stagioni in cui il sole è desiderabile, ed il maggiore riparo dai venti freddi del nord. Nella parte rivolta verso settentrione sono invece sistemati i bagni, i gabinetti, le sale di visita medica di sezione.

I padiglioni laterali del corpo principale sono costruiti su tre piani, uno seminterrato ove sono installati i laboratori per gli artigiani, i laboratori medici e le centrali termiche, e due fuori terra ove sono sistemati gli infermi. Vi sono quindi quattro sezioni, due femminili due maschili, di 54 ammalati ciascuna per un totale di 216 posti disponibili; tale capienza è stata dimostrata ottima sia dal punto di vista funzionale che terapeutico che disciplinare che economico. La separazione dei sessi, inderogabile necessità ai fini di un trattamento curativo disciplinato ed utile, è stata ottenuta con la dislocazione degli uomini e delle donne appunto nelle branche laterali. Gli edifici sono coperti da ampie terrazze dalle quali si domina l’interessante panorama delle colline del Monferrato ad ovest e a nord, dell’Appennino ad est e sud e, nelle limpide giornate, la chiostra delle Alpi ad ovest.

Gli infermi sono alloggiati in camere di diverse capacità, da 14 a 6 a 4 a 2 e ad un letto, in modo che possono essere agevolmente separate le diverse forme ed i diversi stadi della malattia. La disposizione camere anziché a corsie corrisponde ad importanti criteri ormai uniformemente ammessi da tutti i tisiologi e consente un più facile ed ordinato mantenimento della pulizia.

Dinanzi alle camere di degenza sono disposte ampie verande per l’attuazione dell’importantissima cura d’aria che costituisce il primo fondamentale elemento terapeutico. Ogni sezione dispone dei propri servizi igienico-sanitari, lavabi collettivi, bagni, gabinetti, guardaroba, reparto di raccolta biancheria sudicia, immondizie, sputacchiere, cuginetta, e due diversi montacarichi per lo smistamento del vitto e del materiale infetto. Ogni ammalato al proprio letto ha la possibilità di servirsi di segnalazione luminosa, di radiofonia, di luce elettrica e di forza motrice. Tutte queste installazioni sono state curate anche nei più minuti particolari e con larghezza di mezzi veramente eccezionale. In ogni sessione infine vi sono anche due sale di soggiorno per la sosta, per la scrittura, per la lettura, per il gioco.

La vastità, l’ampiezza, la luminosità negli ambienti dedicati ai malati costituiscono la caratteristica tipica del sanatorio ove non si ha affatto l’impressione di essere in un mezzo confinato impregnato dell’odore «sui generis» sale o delle infermerie chiuse ove soggiornano a lungo esseri umani. L’aerazione, fattore di cura di primo ordine, comporta delle misure ed un’educazione alla quale è necessario uniformare tutti i malati, fin dal loro arrivo in sanatorio, affinché essa divenga per essi un bisogno ed una abitudine che conserveranno al rogo uscita e che generalizzeranno nel loro ambiente familiare. Le finestre dei corridoi, delle camere, dei refettori sono sempre aperte salvo, per questi ultimi, quando i ricoverati vi si trovano riuniti o quando il tempo eccessivamente rigido non lo consente.”

[dottor Ferruccio Ravazzoni, pubblicato in Attività e Opere Pubbliche della Provincia di Alessandria nel tempo fascista1938]

Dopo la pertinente descrizione del dottor Ravazzoni ecco qualche annotazione sulla cartolina che oggi pubblichiamo.

sanatorio-dall'aereo

Le scritte al verso recitano: “Fotografia eseguita dall’aeroplano” e inoltre “Sanatorio Provinciale Vittorio Emanuele III (216 letti) e ancora, in un angolo piccola ma ben leggibile, “Fotostampa A. Traldi – 1939 XVII”.

Le cartoline di questa città con immagini riprese dall’aereo sono relativamente inconsuete. Credo che non ve ne siano più di 5 o 6. Questa è una di quelle.

La-chiesa-del-SanatorioLa visione aerea di Alessandria è per la maggior parte degli alessandrini – e per me – una cosa inconsueta, tranne per chi abitualmente o sporadicamente si può permettere di fare un volo con gli ultraleggeri dell’aeroporto Bovone. A maggior ragione lo sono le visioni aeree in cartolina d’epoca.

Penso che la cartolina di oggi non abbia bisogno di tante spiegazioni… credo che si commenti da sola.

Quello che invece voglio dire è che le cartoline del Sanatorio di Alessandria, ogni volta che le riguardo, fanno tornare alla mente un caro amico che purtroppo ci ha lasciati prematuramente. Armando Podetti.

Ricordo che lui ed io ci siamo aiutati nella raccolta delle cartoline come pochi collezionisti hanno saputo fare e fanno. Lui non era invidioso per quel che io trovavo ed io nei suoi confronti avevo lo stesso atteggiamento. Insomma, in breve, questa si chiama amicizia.

Si sa da sempre che amici se ne trovano sempre molto pochi, a maggior ragione quando due persone sono mosse dalle stesse ricerche collezionistiche. A volte (raramente) possono diventare amici e condividere con gioia il frutto delle ricerche; altre volte invece i sentimenti che muovono uno dei due ricercatori o entrambi sono altri e diversi e quindi difficilmente può nascere – in questo caso – un’amicizia.

sanatorio-dal-libro1Dicevo, l’amico Armando cercava cartoline come me e a volte andavamo alla ricerca anche insieme. Aveva iniziato a collezionare in anni in cui la mia raccolta era già molto ben avviata e quindi lo potevo aiutare nel trovare ciò che gli mancava.

Ricordo che un giorno, proponendogli una cartolina con l’immagine del Sanatorio di Alessandria, mi disse che non la voleva.

Non avrebbe voluto metterla in raccolta seppure quel pezzo gli mancasse.

In seguito mi aveva raccontato che suo padre – prima di andarsene – era stato ricoverato proprio in quel luogo e quindi quella cartolina gli ricordava un periodo molto triste della sua vita…

Non avevo potuto aggiungere una sola parola. Era calato il silenzio…

La sua sofferenza così palpabile, nonostante le pochissime parole espresse in quella circostanza, mi aveva turbato.

Ecco, ad Armando Podetti, ragazzo onesto, semplice e dal grande cuore – vero amico – voglio dedicare queste pagine.