Giovanni Poggio: l’eroe senza braccia [Alessandria in Pista]

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Copia di Cento cannoni per Alessandria [Alessandria in Pista] 33di Mauro Remotti

 

Giovanni Poggio[1] nasce a Masio il 4 agosto del 1830, ultimo di quattro figli[2], da Francesco e Francesca Maria Guasco originaria di Solero. Animato da un forte spirito patriottico, si arruola giovanissimo come volontario nella compagnia Garibaldi, e in un secondo tempo nel regio esercito sabaudo. Inquadrato come cannoniere di seconda classe, visto il suo forte temperamento, viene subito promosso di prima classe.

Poggio fa parte del contingente piemontese, agli ordini del generale Alfonso Ferrero La Marmora, che combatte in Crimea (1855-56) a fianco dell’esercito anglo-francese; tre anni più tardi partecipa ai principali combattimenti della Seconda Guerra d’indipendenza.

Congedato nel dicembre 1859 dopo l’armistizio di Villafranca, viene richiamato alle armi, e il 12 marzo 1860, sempre in qualità di cannoniere, è coinvolto nelle operazioni belliche nell’Italia centrale e meridionale. Caduta la piazzaforte di Ancona, il 30 settembre dello stesso anno, in uno scontro con le truppe borboniche nella battaglia del Volturno, si distingue per il suo ardimento, tanto da meritarsi una medaglia d’argento.

Poco più di un mese dopo, il 2 novembre, durante l’assedio della città di Capua, viene ferito gravemente a un braccio da un proiettile di artiglieria. Tenta di sollevarsi, ma una seconda granata gli asporta l’altro braccio. Subito soccorso dai suoi commilitoni, per timore della cancrena, gli viene praticata l’amputazione di entrambi gli arti superiori sino alle ascelle. La sua menomazione fisica gli varrà l’appellativo di “uomo senza braccia”[3].

Trasferito all’ospedale dello Spirito Santo a Napoli, è premurosamente assistito dalla crocerossina e giornalista inglese Jessie White[4]. Per il coraggio e l’altruismo mostrato, viene decorato con la medaglia d’oro al valor militare. Il re Vittorio Emanuele II, nel corso della sua visita ai feriti, lo promuove “ufficiale sul campo”. Purtroppo per l’ottusa burocrazia militare rimarrà soldato semplice con una piccola pensione. Soltanto il 28 marzo del 1960 con “Regie Lettere Patenti” Umberto II  concederà ai discendenti di Giovanni Poggio la titolarità dello stemma di ufficiale.

Ritornato a Masio, sposa Camilla Fossati. Il matrimonio è particolarmente felice e allietato dalla nascita di ben dieci figli. Giovanni Poggio si spegne a Torino, dove si è nel frattempo trasferito, il 5 dicembre 1910 all’età di ottant’anni.

La sua vita avventurosa è stata raccontata in diverse riviste e in alcuni libri[5]. Anche il celebre scrittore Edmondo De Amicis in Vita militare gli dedica un bozzetto intitolato Il soldato Poggio, pubblicato in lingua spagnola nel 1884 su El National di Buenos Aires e poi tradotto in italiano dal capitano di artiglieria Morano. L’autore del libro Cuore riassume la storia dell’umile eroe che gli viene narrata dallo stesso Poggio durante la visita fattagli nella sua casa di Torino in compagnia del capitano Ugo Allason.

Al soldato Poggio è intitolata una via a Lobbi, mentre il suo paese natale, oltre ad avergli intitolato la scuola elementare, gli ha eretto un monumento in piazza Italia ad opera dello scultore Attilio Gartmann con un epitaffio di Paolo Boselli.[6]

 

 

[1] Francesco Cacciabue, “Dove gli altri non vanno” Storia e mito di Giovanni Poggio, masiese, soldato d’artiglieria, eroe delle guerre risorgimentali”, 2011.

[2] Gli altri fratelli Poggio: Carlo (funzionario delle ferrovie), Paolo (docente) e Giuseppe (geometra, che partirà per l’America).

[3] La vicenda di Poggio ricorda quella di Enrico Toti, eroico bersagliere privo di una gamba. Una famosa copertina della Domenica del Corriere, illustrata da Achille Beltrame, raffigura Toti in piedi nell’atto di scagliare la propria stampella verso le truppe austriache durante la prima guerra mondiale. Qualche similitudine si trova anche nel romanzo di Dalton Trombo, L’hai avuto il tuo fucile, Joe!, che narra la storia di un ragazzo americano rimasto orrendamente ferito nella guerra del 1915-18.

[4] Jessie Jane Meriton White (Gosport, 9 maggio 1832Firenze, 5 marzo 1906) moglie del patriota Alberto Mario. Per il suo coraggio viene soprannominata “Miss Uragano” ovvero la “Giovanna d’Arco della causa italiana”. Partecipa, infatti, in qualità di infermiera, a ben quattro campagne risorgimentali. Redige un’importante biografia di Giuseppe Garibaldi, oltre a ricerche sulle condizioni di vita nei quartieri più poveri di Napoli e dei minatori delle solfare siciliane.

[5] Lorenzo Mina, Poggio cav. Giovanni 1830 – 1910, in Rivista di Storia, Arte, Archeologia della Provincia di Alessandria”, 1930.

[6] L’iscrizione alla base del monumento recita: GIOVANNI POGGIO EROICO ARTIGLIERE NELLE GUERRE PER L’ITALIA IN CRIMEA NEL 1859 NEL 1860 COMPIENDO PRODIGI DI VALORE PRODE FRA I PRODI DEL RE E DI GARIBALDI NELL’ESPUGNAZIONE DI CAPUA PROPUGNACOLO BORBONICO PERDETTE AMBO LE BRACCIA ONORATO DELLA MEDAGLIA D’ORO MOSTRÒ LA SERENITÀ DEI FORTI E MILITARE DECORO NELLE ANGUSTIE DELLA VITA NOBILMENTE POVERA ALLIETATA E SORRETTA DALLA CONSORTE CAMILLA FOSSATI CON VIGILE DEVOTA OPERA D’AMORE NACQUE IN MASIO IL 4 AGOSTO 1830 MORI’ IN TORINO IL 5 DICEMBRE 1910 QUESTO RICORSO A SEGNO DI GLORIA AD ESEMPIO DI MERAVIGLIOSE GESTA VOLLERO IL POPOLO DI MASIO AMICI AMMIRATORI