Il Piemonte non è una Regione per donne

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di Sonia Fogagnolo*

 

Abruzzo e Sardegna sono appena andate al voto e lo hanno fatto dopo aver introdotto la doppia preferenza di genere, ovvero la possibilità per l’elettorato di indicare due candidati nella stessa lista: un uomo e una donna. Non si tratta di un vezzo dei vertici regionali di Abruzzo e Sardegna, bensì dell’adeguamento ad una normativa nazionale, la legge 20/2016, che impone alle regioni di tutelare l’equilibrio di genere nei consigli regionali.

In Piemonte questo adeguamento non è andato in porto. E’ triste constatare che, nonostante sia di sesso femminile solo un consigliere su 5, si andrà ad elezioni con la vecchia legge elettorale. Anche se la questione ha animato il dibattito politico negli ultimi mesi e la società civile ha fatto pressing per un rinnovamento, ha prevalso la stagnazione, portata avanti, in particolare, da persone che temono che la riforma elettorale riservi loro meno spazio.

Tra le regioni inadempienti, oltre al Piemonte, ci sono solo Calabria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Valle d’Aosta, Veneto e Liguria. In tutte le altre la doppia preferenza di genere è una realtà.

C’era bisogno di questa riforma. Non si tratta di mettere in campo corsie preferenziali, ma solo meccanismi che consentano agli uomini e alle donne di avere le stesse opportunità.

Saranno molti i consiglieri uscenti che si ricandideranno e gli uscenti sono storicamente favoriti nella competizione elettorale. Dato che in circa 4 casi su 5 si tratta di uomini è facile fare previsioni sulla probabile futura presenza femminile in consiglio.

La poca lungimiranza o, più probabilmente, un principio di autoconservazione del potere continuano, anno dopo anno, a far sì che siano poche le donne nei luoghi in cui si prendono decisioni. La politica piemontese, in particolare, non riesce a tenere il passo con la società: la presenza femminile ai vertici del mondo dell’impresa e dell’associazionismo è in costante crescita. Perché la politica non va nella stessa direzione?

Comunque la si veda, chiunque andrà al governo della Regione dovrà farsi carico seriamente della questione femminile.

Intanto, sta a noi donne fare in modo che i fari restino accesi su questo tema. Per molti l’8 marzo rappresenta, tristemente, l’unica occasione per parlare di pari opportunità. Mettiamoci impegno affinché sia sempre l’8 marzo: svuotato però della retorica delle festa, arricchito invece con i dettami della lotta: per i diritti, la parità e le opportunità che ci spettano.

* Candidata alla Regione Piemonte per il Movimento 5 Stelle