Giovanni Migliara, viaggio in Italia: a Torino la mostra dedicata al pittore alessandrino

La Fondazione Accorsi-Ometto rende omaggio a un importante pittore alessandrino dell’Ottocento: Giovanni Migliara.

Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto – Torino

28 febbraio – 16 giugno 2019

La mostra, curata da Sergio Rebora e in collaborazione con la Città di Alessandria e la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, intende evidenziare uno dei temi centrali della ricerca dell’artista, quello del viaggio, intrapreso lungo città e luoghi del territorio italiano e restituito attraverso la raffigurazione emblematica di monumenti e di paesaggi identificati nella loro peculiarità.

La rassegna comprende un centinaio di opere, tra dipinti a olio, acquarelli, tempere, disegni e sofisticati fixès sous verre (miniature a olio su seta applicata su vetro) e si avvale dell’apporto di due tra i nuclei collezionistici più significativi di opere di Migliara, quelli del Museo e Pinacoteca Civica di Alessandria e della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, città di origine dell’artista. A essi si aggiungono i prestiti di raccolte private e di numerose istituzioni, tra cui Palazzo Madama, Palazzo Reale e la Galleria Sabauda di Torino; la Basilica di Superga; il Castello di Masino del FAI; il Museo Borgogna di Vercelli; la Galleria d’Arte Moderna, il Museo del Risorgimento e la Fondazione Cariplo di Milano; i Musei Civici di Como e Villa Vigoni di Menaggio.

Particolare rilevanza presenta anche la collaborazione offerta dai discendenti dell’artista che hanno messo a disposizione preziosi materiali documentari, conservati in famiglia di generazione in generazione, tra cui il celebre Album in cui Migliara conservava i suoi acquarelli e disegni ritenuti più significativi.

La mostra, suddivisa in sette sezioni che ripercorrono, cronologicamente, le principali tappe della vita artistica del pittore, prende avvio dai “Capricci” e vedute di fantasia. Dal 1812 Migliara prese parte alle esposizioni annuali indette dall’Accademia di Brera, inizialmente con vedute milanesi e capricci architettonici, conquistando in breve il consenso della critica e i favori della committenza ambrosiana e lombarda. Dei cosiddetti “capricci”, di lontana ascendenza settecentesca, ispirati alla Venezia di Canaletto e di Guardi, Migliara mantenne sempre la componente fantastica, rielaborandola attraverso l’inserimento di elementi architettonici e decorativi fittizi o estrapolati dal contesto originario. Attraverso queste opere si percepisce come il suo estro poliedrico attuasse felici contaminazioni tra generi differenti e tra fonti iconografiche e culturali diverse, creando un repertorio di immagini pressoché sterminato.

L’esposizione prosegue con Scene popolari e paesaggi. Migliara non era interessato solo all’aspetto architettonico e paesaggistico dei suoi soggetti, ma anche a particolari momenti di vita quotidiana: le scene popolari, spesso animate da vivaci personaggi, come ne Il ciarlatano Dulcamara che vende l’elisir, 1837, sottolineano un’attenzione tutta personale all’elemento antropologico e una notevole sensibilità per il dato di cronaca o di costume, tanto che l’uso del termine “macchiette”, per definire tale componente, pare riduttivo. Nelle sue vedute urbane, siano esse disegni dal vero, articolate composizioni a olio o lenticolari fixès, l’erudito dato monumentale si stempera in una visione “naturale” dai toni cordialmente narrativi, a volte divertiti.

Gli Interni di edifici conventuali e di chiese della terza sezione mostrano come l’artista si fosse avvicinato al gusto troubadour, che nella Francia dell’Impero napoleonico e della Restaurazione stava riscuotendo grande successo, grazie ai maestri Charles-Marie Bouton, Fleury Francois Richard, Pierre Révoil, Louis-Jacques-Mandé Daguerre, Hyppolite Sebron e, soprattutto, Francois-Marius Granet. Come quest’ultimo, affermatosi anche in Italia, Migliara diede vita a un inesauribile assortimento di scene interpretate da frati e monache sullo sfondo di ambienti conventuali quasi sempre di invenzione, in prevalenza interni di chiese, chiostri, cucine e altane da giardino che si prestavano a una narrazione affettuosamente partecipe.

La quarta sezione, dedicata alle Composizioni storiche e letterarie, risente ancora del gusto troubadour: la narrazione si fa più fantasiosa ed elabora lo spunto offerto da un episodio storico o da una fonte letteraria spesso di qualificata levatura. Opere come Romeo e Giulietta, 1826 circa, o Paolo e Francesca da Rimini, 1826 circa, mostrano un’attenta costruzione prospettica unita a una resa pittorica dettagliata e minuziosa e a effetti di luce suggestivi e a cromie smaltate, definite dal linguaggio del tempo “alla fiamminga”; mentre il dipinto Jacopo di Molay, gran maestro dei Templari, che viene condannato a morte unitamente a molti altri cavalieri del Tempio sotto Filippo il Bello Re di Francia, 1828, è ambientato su uno sfondo architettonico “romanticizzato”,  attraverso la citazione di elementi architettonici, scultorei e decorativi tratti da luoghi reali, studiati e riprodotti dal vero.

La quinta sezione, Storia e cronaca del tempo, testimonia del vivo interesse dimostrato dall’artista nei confronti delle vicende pubbliche del suo tempo, in parte sollecitato da espresse richieste, come nel caso delle quattro tempere commissionate dal generale Domenico Pino, raffiguranti altrettanti episodi dei tumulti popolari milanesi antibonapartisti verificatisi nel 1814. Non manca una delle opere più celebri di Migliara, La filanda a vapore Mylius di Boffalora, 1828, che illustra esemplarmente i traguardi della meccanizzazione industriale italiana nel primo Ottocento.

Le Vedute urbane e viaggio in Italia, nella sesta sezione, dimostrano come, tra i temi centrali della ricerca di Migliara, ci fosse il viaggio attraverso le località del territorio italiano. Di ogni città, il pittore descriveva – tanto all’esterno quanto all’interno – innanzitutto gli edifici di culto, quali chiese, basiliche e cattedrali, assegnando a ciascuna un valore simbolico: di solito preferiva le chiese medievali contraddistinte da stilemi romanici o gotici, in sintonia con il gusto romantico rappresentato nelle ricostruzioni vedutistiche di invenzione. Poi le piazze e le strade, quasi sempre animate dai passanti con gli abiti del tempo, borghesi e popolani mescolati tra loro, spesso intenti alle rispettive occupazioni quotidiane, come nella realtà. Un numero consistente di vedute rappresenta Milano, città di elezione del pittore, e località non lontane dalla città lombarda, come Pavia e la sua Certosa. Oltre a questo, un nucleo illustra alcune delle principali mete toccate da Migliara nei suoi spostamenti in Italia: la Toscana e l’Emilia nel 1825; Venezia – già visitata nel 1820 – più volte dopo il 1827; la Liguria nel 1828; il Piemonte e la Savoia tra il 1831 e il 1832; il Lazio e la Campania nel 1834.

Le vedute delle città erano sempre realizzate sulla base dei preziosi taccuini di viaggio nei quali l’artista riproduceva con attenzione ciò che osservava; le molteplici varianti e i numerosi dettagli eseguiti dal vero venivano poi rielaborati a cavalletto, nel suo studio milanese, in articolate composizioni a olio.

Conclude la mostre la piccola sezione dedicata agli Album: attraverso il ricchissimo corpus di taccuini di viaggio e di disegni conservati presso la Pinacoteca Civica di Alessandria è possibile ricostruire con attendibilità e nel dettaglio i viaggi effettuati da Migliara. Erano, al contempo, tours accompagnati da una inesauribile curiosità culturale e spedizioni di lavoro, finalizzati alla osservazione e riproduzione dal vero e destinati a tradursi in vedute, semplici dettagli oppure veri e propri panorami, organizzati secondo un gusto squisitamente prospettico che tradiva la forte radice scenografica dell’artista.

Trasferitosi a Milano dopo aver operato a Torino come ebanista, seguendo la tradizione familiare, Giovanni Migliara (Alessandria 1785-Milano 1837) si formò a Brera, collaborando con Gaspare Galliari come aiuto scenografo ai teatri alla Scala e Carcano. Dal 1812 prese parte alle esposizioni annuali indette dall’Accademia di Brera, conquistando in breve il consenso della critica e i favori della committenza ambrosiana e lombarda. Tra gli anni Venti e Trenta dell’Ottocento intraprese alcuni viaggi in Italia toccando molteplici località, puntualmente immortalate in disegni e dipinti che, nel loro insieme, compongono un caleidoscopico panorama della penisola negli anni della Restaurazione. Migliara ebbe inoltre stretti e frequenti rapporti con la committenza torinese, a cominciare da Casa Savoia: prima Carlo Felice, poi Carlo Alberto e Maria Cristina, lo onorarono con commissioni rilevanti, tra cui quella dell’Album personale di Carlo Alberto, oggi conservato alla Biblioteca Reale di Torino, comprendente vedute del Piemonte e della Savoia.

Gli studi dedicati alle arti figurative del XIX secolo e in particolare dell’età romantica, avviati con la rivoluzionaria mostra Romanticismo storico, svoltasi a Firenze nel 1974, hanno evidenziato il valore della pittura di veduta, significativamente diffusa su tutto il territorio italiano. Tali indagini, sfociate in mostre, cataloghi e monografie, hanno inoltre sottolineato il ruolo di primissimo piano ricoperto, in questo ambito, da Giovanni Migliara, artista dalla fisionomia inconfondibile, in sintonia con il gusto internazionale e conteso dalla committenza più prestigiosa del tempo.

Per questo motivo la Fondazione Accorsi-Ometto è lieta di celebrare questo grande maestro che seppe adottare un’inedita sperimentazione della luce che rendeva la scena più realistica e “naturale”, che introdusse innovazioni strutturali nel genere della veduta prospettica, conferendole una fisionomia inconfondibile e autorevolmente paradigmatica e che si fece non solo un efficace illustratore urbano di Milano e delle città d’Italia da lui visitate, ma anche un attento cronista del dato storico o di costume.

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