Tra le ceneri di questo pianeta [Il Superstite 415]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Il titolo della puntata odierna è il titolo di un grande libro di Eugene Thacker, professore alla New School di New Tork. Sottotitolo, L’orrore della filosofia, la filosofia dell’orrore, ed è certo un dotto trattato filosofico, esposto in maniera chiara e “popolare”, sul “mondo durante noi”, analizzato e riletto attraverso la griglia dell’horror, sia letterario che cinematografico. Dividendo idealmente il podio con Thomas Ligotti e Nick Pizzolato, Thacker registra che il Nulla nel quale stiamo sprofondando è quotidianamente alimentato da un’Apocalisse che non è affatto “prossima ventura”, ma bensì in corso d’opera, “in tempo reale” tra virus, pandemie, catastrofi, mutazioni climatiche, condizionamenti di massa, patologie sociali e dementi al potere.

Ne consegue – e sto semplificando – che il solo e genuino approdo filosofico, nel senso soprattutto formativo, a questa pesante ipoteca del nostro tempo sia proprio il genere horror che Thacker suddivide in sorprendenti categorie analogiche, procedendo per accumulazione tematica, indipendentemente dal medium di riferimento o dal periodo storico: per fornire un esempio concreto, Thacker transita senza problemi da La nube purpurea di M.P. Shiel (libro del 1901) al film Caltiki il mostro immortale di Riccardo Freda (film del 1959), sull’asse della sola omogeneità di “manifestazioni del mondo occulto”, che possono essere appunto nubi, foschie e consimili, oppure melme, fanghi, etc, riassumibili nell’efficacissimo e multisignificante termine anglosassone “blob”. Intuizione notevole perché offre concretezza alla patente esistenza di una dimensione nascosta interfacciata alla nostra che si può affrontare criticamente con strumenti “obliqui” quali cinema, letteratura, antropologia e occultismo, tutti quanti a servizio dell’orrore in quanto genere di consumo.

Va da sé che il sottoscritto si senta a casa dopo avere soprattutto prodotto –  e messo in rete a disposizione del mondo – centinaia di minisaggi (Cronache di Bassavilla e La Luce Oscura ieri, e oggi Il Superstite) in cui ho tentato di riflettere su molte, eccentriche singolarità della storia contemporanea con gli strumenti propri dello scrittore horror, soprattutto quelli narrativi volti a percepire l’alienità sotto il velo del reale. Dando voce allo stesso Tacker, esiste una realtà inumana, aliena, nascosta, “ritirata” che resiste ai nostri tentativi di coglierla e che si può  solo conoscere per via speculativa. Un esempio fra i tanti:  «come interpretare o dare senso al mondo quando il mondo in quanto tale si manifesta in modo cataclismatico, sotto forma di disastro»? Riprendendomi ancora un briciolo di spazio vorrei proprio su quest’aspetto particolare citare un mio intervento intitolato L’essenza demoniaca del clima oscuro (La Luce Oscura su Carmilla on Line, 26/10/2014), già una dichiarazione di significato nel titolo, ed estrapolarne il seguente breve passo: «Attorno a noi tanto nel cosmo che a un centimetro dai nostri corpi e dalle nostre menti distratte sembra esistere qualcosa di estremamente maligno, d’insensato e di ostile. Un’energia, o un campo energetico infinito, che ci odia e che ci è avversa. Qualcosa che ci nega continuamente e che può, in qualsiasi momento, distruggerci.»

A un minuscolo passo quindi dai presupposti di Thacker e nel pieno di quella che il critico Simone Sauza definisce  “possessione climatologica”,

quando non sono soltanto i corpi a essere posseduti, cioè la materia  vivente, ma anche l’inanimato, e  i segni di questa possessione vengono rintracciati in fenomeni atmosferici anomali, nubi terrificanti e carestie. Tale atteggiamento, proprio dei “Profeti dell’Apocalisse” di ieri e di oggi, defunti e viventi, che hanno espresso la loro filosofia sotto forma di narrazione (vuoi su carta vuoi per immagini), senza nascondersi che la Fine del Tutto è già al lavoro, trovando clamorose derive nell’attualità: se l’ultimo report di Greenpeace sostiene che abbiamo solo più 10 anni di tempo per invertire la rotta con il phase out dei motori fossili, il famoso Orologio dell’Apocalisse (The Doomsday Clock) non è mai stato più vicino di così all’ora X, ovvero sono le 11,58, due minuti alla catastrofe finale.

Si capirà allora perché proprio il genere horror sia in grado di informarcene. Innanzitutto perché l’horror degli ultimi anni non è quasi mai catartico e non offre facili risposte, ma soprattutto perché, nei suoi esempi più riusciti, sta diventando in senso thackeriano uno Specchio del Reale. Ha ragione il filosofo di New York quando constata che la Terra è un pianeta alieno (il Mondo Impensabile), la cui topologia è ascrivibile alle categorie del fantastico: «… se la Terra  è l’unico pianeta alieno e la sua logica profonda è descritta da quella paradossale dei demoni, e se un’alternativa passa dalla stessa logica, se la topologia del reale e quella dell’irreale si assomigliano, per definizione, trattandosi di scontro tra opposti demoni, è già uno scontro all’inferno, o meglio tra le ceneri di questo pianeta.»

Qualche titolo tra i più significativi degli ultimi anni transita proprio di qui, tra le griglie di questa Percezione del Reale, e guarda caso sono chi più chi meno tutti ascrivibili alla neo-categoria del post-horror, secondo la definizione di Steve Rose, coniata in un articolo pubblicato dal Guardian. Come sottolinea Sauza, in riferimento a quel che scrive Rose un certo tipo di horror contemporaneo dalla patina indie sta riflettendo consapevolmente su grandi «questioni metafisiche», scardinando le rigide regole del genere e preferendo suscitare un’inquietudine meditativa rispetto al classico jumpscare. Prima fra tutte, proprio l’alienità della realtà e del nostro pianeta, che non deve essere scambiata per la solita banale metafora. Metteteci dentro, indipendentemente dal giudizio a volte non proprio unanime su alcuni titoli, film come It Follows, Hereditary, Annientamento, A Quiet Place, It Comes at Night e il recentemente visto su Netflix Aterrados di Demian Rugna (quanto mai affine alla filosofia dell’orrore di Thacker) per scoprire un filo comune attorno a dilemmi primordiali sul “dove siamo e quando”, arrivando a riscontrare che il mondo è divenuto impensabile. Filosoficamente, il Nulla.

Torneremo su questo libro enorme per propositi e (provvisorie) conclusioni. Intanto perché, come annunciato in quarta, trattasi del primo capitolo della Horror of Philosophy Trilogy, di cui speriamo presto di leggere il resto. Poi perché è difficile non lasciarsi andare alle mille conseguenze di riflessioni che suonano così: «,,, di questi tempi ci piace credere di essere troppo cinici e troppo astuti per berci che il soprannaturale non esiste più, o non è più possibile. In un certo senso, è difficile sfuggire alla sensazione di vivere in un mondo che non è solo un mondo umano, ma anche un pianeta, un globo, un clima, un’infosfera, un modello meteorologico… Un crepaccio, un movimento tettonico, una tempesta, un cataclisma.»

Tra le ceneri di questo pianeta è edito da NERO. Va cercato e scoperto come ogni perla editoriale che di rispetti.