L’agricoltura torna ‘di moda’. Ma cambia pelle [Piemonte Economy]

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di Cristina Bargero

 

“Quando nel 1951 furono pubblicati i dati del primo censimento del dopoguerra, l’immagine che ne emerse era quella di un paese in via di sviluppo. L’Italia prevalentemente agricola, con un’industria concentrata nel cosiddetto “triangolo”: Torino, Milano, Genova, con il 12% della popolazione analfabeta e il 58% che non aveva nemmeno raggiunto la quinta elementare, si trovava al confine tra due mondi e tra due culture.
Ancora più vistose erano le differenze tra il Sud e il Nord del paese, si poteva parlare infatti di un’economia duale o bivalente: abbastanza evoluta al Nord, arretrata o quasi primitiva al Sud dove dominava un’agricoltura povera a bassissimo livello tecnologico.
Le industrie che guidarono il boom furono quelle siderurgiche chimiche e meccaniche e tra queste soprattutto quelle dell’automobile e dei moto-scooters, degli idrocarburi e degli elettrodomestici. Tutti gli indici sociali erano in ascesa e la vita degli italiani cominciava a cambiare vistosamente.
Nel mezzogiorno d’Italia l’emigrazione di centinaia di migliaia di meridionali verso il Nord-Europa e verso l’Italia settentrionale spopolò le campagne; ai ritmi dello sviluppo industriale non corrisposero quindi indici di crescita simili nelle produzioni agricole.” (Giuseppe Mammarella, La Storia dei nostri anni).

Il biologico in Italia e nell'alessandrino: un comparto in forte espansione CorriereAl

L’Italia stava cambiando e negli anni del boom economico e dell’industrializzazione le campagne piemontesi e alessandrine hanno conosciuto flussi “migratori” verso le grandi città del Nord, dove ci si trasferiva per trovare lavoro in fabbrica.
La chiusura di molti stabilimenti produttivi, il cambiamento climatico e la conseguente consapevolezza della necessità di un nuovo modello di sviluppo hanno fatto sì che l’agricoltura, a lungo bistratta e considerata come un settore marginale, poco a poco sia tornata “di moda”.

Cuneo è la prima provincia sia per numero di aziende, che per estensione di superficie, seguita da Torino e Alessandria.

Il sostegno pubblico all’agricoltura, contando sui finanziamenti previsti dalla PAC, nell’ultimo decennio è stato decrescente, creando difficoltà agli agricoltori così come rimane un nesso tra la quotazione dei prodotti petroliferi e quello delle materie prime agricole mondiale).

Se l’agricoltura intensiva, dedita alla produzione di cereali su larga scala, sta mostrando segni di difficoltà a causa della concorrenza internazionale e dell’andamento dei prezzi, al contrario si sta diffondendo una nuova modalità di concepire il settore, con una maggiore attenzione agli impatti ambientali, alla salvaguardia della biodiversità e alla qualità dei prodotti, teso a valorizzare il radicamento territoriale insieme all’innovazione, puntando su un modello più terziarizzato in cui sono richieste competenze complesse, in particolare nelle zone di collina, con un aumento delle imprese guidate da giovani che talora proseguono attività familiari, ma spesso intraprendono ex novo un’esperienza imprenditoriale e di vita, trasferendosi dalle grandi città nelle nostre campagne.

Il ricambio generazionale è in corso, così come una riqualificazione verso produzioni più pregiate e biologiche. Non a caso è cresciuto il numero di aziende biologiche, più attente alla qualità e alle esigenze dei consumatori, oggi sempre più alla ricerca di prodotti sani, bio e a chilometri zero.

Un ritorno alla terra, che riavvicina l’uomo ai cicli di vita e della natura. Del resto come sosteneva Gandhi, “dimenticare come zappare la terra e curare il terreno significa dimenticare se stessi”.