Giuseppe Borsalino [Il Superstite 413]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Il cappello ha un linguaggio. Si possono esprimere mille concetti con un semplice gesto tenendo in mano un cappello. Sfiorare o levare un cappello sono due diverse possibili sfumature del modo di salutare: più discreto il primo, più evidente ed esibito il secondo e, se accompagnato da un inchino, il saluto può diventare addirittura un ossequio, un tributo d’onore.

 

Parole che leggiamo nelle pagine finali del romanzo Giuseppe Borsalino – L’uomo che conquistò il mondo con un cappello (Sperling & Kupfer, 2018), dell’amica e concittadina Rossana Balduzzi Gastini, struggente e appassionata biografia del cappellaio più celebre del mondo, nativo di Pecetto e autentico simbolo di quell’imprenditoria alessandrina divenuta leggenda nel mondo. La storia  dell’ascesa professionale di Borsalino potrebbe sembrare all’apparenza un’ovvietà, ma non è affatto così tanto è sul serio avvincente quanto Rossana la racconta con vibrante partecipazione. Uno dei segreti è l’equilibrio della coralità: sotto la lente della scrittrice arrivano parimenti gli affetti più intimi, le relazioni parentali e le amicizie, la storia in parallelo di una nazione tormentata e in evoluzione, il mestiere capace di sorprendenti segreti e, soprattutto, l’immagine cangiante di una città, indovinate quale. Di Alessandria scopriamo infatti angoli inediti e che non sono più, personaggi storici solo all’apparenza marginali, aspetti di trasformismo e trasformazione, quartieri di cui annusiamo gli odori (a volte) mefitici causa un sistema fognario inesistente. E i suoi abitanti, già allora – dal 1834 al 1900, gli anni di vita di Borsalino – si mostravano cinici e ruvidi, con qualche raro e motivato slancio di generosità.

Rossana però proviene dal thriller e non lo dimentica. Lo spirito narrativo di Giuseppe Borsalino, ben lungi dall’essere agiografico, solletica le zone in ombra di chi legge e la tensione naturalmente insita nella vicenda storica di un uomo che, sin da ragazzo, aveva idee chiarissime sul proprio destino mai disgiunto da quello di Alessandria. Ma il thriller è anche (o soprattutto) faccenda di linguaggio, quando si riesce appunto a pennellare il quotidiano di presenze invisibili ma tangibili nei fatti e nelle conseguenze. Così è tutta la parte – che non conoscevo – dell’esperienza di Borsalino sulle montagne della Nuova Zelanda – una sorta di ulteriore sfida metaforica con sé stesso -, ma soprattutto una delle ultime pagine coincidente con l’ultimo giorno di vita di Borsalino per le strade di Alessandria è forse l’esempio più concreto dell’espressività in perfetto levare. Ma lasciamo risuonare la parola dell’autrice:

Il 1°aprile 1900 Giuseppe uscì di casa prima dell’alba.

La notte precedente non era riuscito a dormire. Il fastidio allo stomaco che da tempo lo tormentava aveva ripreso a farsi sentire.

Peccato, pensò uscendo all’aria fresca del mattino. Oggi è domenica e avrei potuto riposare  fino a tardi se non fosse per questo fastidioso malessere…

(…….)

Il dolore allo stomaco si fece più acuto.

Cercando di scongiurarlo, camminò per un po’ nel cortile fino a giungere al lato sud della fabbrica, quello che costeggiava il nuovo canale Carlo Alberto. Il gracidare delle rane che popolavano il corso d’acqua si sentiva anche nel cortile e Giuseppe sorrise ripensando alla sua gioventù.

(…….)

Giunto di fronte alla libreria Bertolotti, si fermò a guardare la vetrina e poi proseguì a passo spedito fino alla cartoleria Gastini.

Che sciocco, è domenica! Il negozio è chiuso. Che peccato, avrei comprato volentieri un blocco di fogli da disegno per la piccola Giulia.

Passando in una via laterale, si tappò il naso con la mano.

«Santo cielo, che puzza!» non poté fare a meno di esclamare.

Uno dei portoni era aperto e all’interno stavano manovrando un carro a tombarello sul quale era montata una cisterna metallica cilindrica, alla base della quale stava un congegno di pompaggio azionato da un uomo. Poco oltre, altri due uomini  stavano sollevando una pietra circolare di granito che chiudeva un pozzo nero. Incuriosito, si introdusse nel cortile, nessuno gli badò. Uno degli uomini calò all’interno del pozzo i tubi d’aspirazione, poi con ritmo serrato iniziarono a pompare il liquido nauseabondo stano attenti che il liquame non andasse sparso. Giuseppe osservò il cortile-

Accanto al pozzo nero vi era la pompa per l’acqua potabile.

Ecco in che condizioni è questa città: acque nere e acque bianche una accanto all’altra. È un miracolo che il tifo non sia dilagante. E la fossa della spazzatura dove sarà? Eccola qui, coperta da una lamiera di ferro. Contagio di batteri assicurato, topi e scarafaggi ovunque. Devo per forza far costruire un acquedotto e una fognatura, la gente non può vivere in quest’immondezzaio. E pensare che siamo in pieno centro città. È una vergogna! Pensò, profondamente desolato.  (pgg. 382 – 384)

Da lì a poco Giuseppe morirà, tutto sommato ancora giovane per tutta la progettualità che si porta dentro. E la forza della metafora, dirompente dal sottosuolo – come l’inconscio – è straordinaria e efficace. Uno degli stilemi dell’archetipo della Città Terribile tra Ottocento e Novecento è esattamente questo: gli inferi metropolitani che il progresso e l’industrializzazione, troppo affrettata e disorganizzata, ancora non riescono a tenere a bada e fuoriescono all’esterno come liquami simbolici e reali. Un secolo prima dell’Alessandria visualizzata dal morente Borsalino, la Londra vittoriana ha fornito un modello insuperato colto soltanto dalla dicotomia Bene / Male raccontata da Stevenson ne Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde.

Come concludere? Che, come alessandrini, dovete leggere questo libro perché racconta di voi e vi farà scoprire molti “angoli segreti” di una città e di una famiglia alla quale dobbiamo tanto. Borsalino è Alessandria, ed è questo uno (fra i tanti) dei pregi del lavoro di Rossana Balduzzi Gastini. Di lei non ci resta che ricordare, per chi non li conoscesse, i precedenti appassionanti lavori, Life on loan e Covered, gialli sottili e inquietanti dal respiro internazionale che ci auguriamo di vedere presto su schermo. Stay Tuned!