Confagricoltura: “No allo spreco alimentare”

“La riduzione degli sprechi alimentari è, prima di tutto, una questione organizzativa che interessa tutte le fasi della filiera alimentare, da quella della produzione al post-raccolta, fino alla commercializzazione dei prodotti, alla trasformazione, alla logistica, alla distribuzione”. Così il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti commenta i dati presentati, in occasione della sesta Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, da Waste Watchers e Last minute Market, lo spin off dell’Università di Bologna, ed SWG, avvenuta ieri.

“I paradossi del cibo sono evidenti – spiega il presidente di Confagricoltura Alessandria, Luca Brondelli di Brondello – 821 milioni di individui sulla terra soffrono la fame e una persona su tre è malnutrita. Ma intanto una persona su otto nella civiltà occidentale soffre di obesità o di malattie connesse alla cattiva alimentazione”. A questo si collega uno spreco alimentare di quasi un punto di Pil (0,88%), per un valore di 15 miliardi di euro.
Questo significa che la somma dello spreco alimentare di filiera, tra produzione e distribuzione, stimato in oltre 3 miliardi (21,1% del totale), e del food waste domestico reale, che rappresenta i 4/5 dello spreco complessivo di cibo in Italia, vale 11,8 miliardi.

“Occorre rafforzare gli sforzi per promuovere stili di vita e consumi alimentari più consapevoli e sobri – aggiunge il presidente di Confagricoltura Alessandria Brondelli – e procedere a recuperare dal punto di vista del consumo alimentare tutto ciò che è possibile. Anche l’agricoltura italiana può fare la sua parte contribuendo alla diminuzione dello spreco sui campi, migliorando le tecniche di raccolta e di prima conservazione; ma poco si può fare contro le avversità climatiche degli ultimi anni e gli attacchi dei parassiti delle piante, che da soli costituiscono più dell’80% delle cause di spreco in agricoltura”.

Ricerca e innovazione, a parere di Confagricoltura, possono fornire nuove soluzioni per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, in modo che le imprese possano limitare i costi di produzione (ad esempio, con migliori tecniche agronomiche, buone pratiche agricole, tecniche di stoccaggio e conservazione, gestione degli scarti, ecc.) e il consumo di risorse naturali (terra, acqua ed energia).