Grigi: L’anno che verrà (1)

Grigi: dal libro Cuore alla tragedia del Poseidon CorriereAldi Jimmy Barco
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Momento davvero difficile per l’Alessandria edizione 2018/2019. Di Masi ha scelto di imboccare a inizio stagione una strada inesplorata, fatta di giovani virgulti, giocatori di età media da valutare e promuovere per le stagioni a venire. Il tutto nel tentativo di abbassare il budget annuale e di non ricominciare tutto da capo ogni volta che arriva il mese di giugno.

Iniziativa non solo legittima ma addirittura lodevole. Per mettere in piedi certi progetti tecnici, finanziari e sportivi, tanto più in una piazza come questa, ci vogliono uomini di calcio addentrati nel mondo professionistico nazionale, riconosciuti da tutti gli addetti ai lavori come professionisti preparati ed esperti, i quali abbiano dimostrato in passato comprovata esperienza in piazze omologhe alla nostra.

Di Masi, prima dei Gemellidiversiche piùdiversinonsipuò (Cerri e Soldati) aveva sopportato Menegatti, assunto Magalini e poi Sensibile, i quali, chi più chi meno, hanno dato l’impressione di lavorare, anziché per chi pagava lo stipendio, per sé innanzitutto e, a scalare, per non meglio precisate “centrali” di DS e procuratori alle quali delle sorti sportive dei Grigi non importava nulla, e di nulla dovevano rispondere.

Inoltre i tre su citati ex DS non solo l’hanno fatta ‘fuori dalla tazza’ in tema di scelte di mercato, ma hanno peccato anche nel compito di dirigere con mano ferma e risolvere i problemi del gruppo di lavoro costituito dallo staff, dal personale tecnico e dai giocatori: attività oscura ma fondamentale.

Tant’è che quando il gruppo entrava in crisi, a differenza dei club ben gestiti che trovavano il modo per venirne fuori, in questi anni per i Grigi ogni momento difficile diventava irreversibile, con tutto quello che abbiamo visto e sopportato. La cosa mi ha sempre colpito perché Di Masi, quando ha acquisito la Società ad un passo dalla Liquidazione, al contrario dei Ds, ha individuato al primo colpo gli uomini giusti per immaginare l’Alessandria muoversi in un calcio avanti quindici anni rispetto alle vecchie gestioni. Un calcio che, piaccia o non piaccia, va e andrà sempre più nella direzione dell’immagine, del marketing e della comunicazione, della partita intesa come evento e non routine domenicale, un calcio televisivo, giocato in stadi confortevoli e popolati non solo dai “soliti” 1.000 mugugnatori (compreso il sottoscritto) che si conoscono tutti e partecipano al rito domenicale come ad appuntamento ineluttabile, senza possibilità di sfuggire.

Borio, in qualità di Direttore Commerciale, ha dimostrato in questi anni di essere senza dubbio l’uomo che meglio ha lavorato per la Società targata Di Masi. Peccato che la domenica si giochi ancora al calcio e non si vendano solo sciarpe e ‘babacini’, perché sennò saremmo già da un pezzo in Serie B.

Questa premessa la ritengo basilare perché, ammesso e non concesso che sia esatta alla virgola, consente di capire che certe eccellenze sono state costruite e valorizzate nelle varie stagioni sportive mentre i difetti … pure.

La stagione 2018/2019 parte con Cerri e Soldati DS conviventi, D’Agostino mister giovane e ambizioso con un grande passato di calciatore alla sua seconda esperienza in C dopo una lusinghiera qualificazione ai play off con squadra di un paese di duemila anime.

Del Mister parlerò in esclusiva nella prossima puntata, anche perché credo sia meglio che qualcuno in città faccia la parte della pubblica accusa, dato che tutta la classe giornalistica alessandrina, magari obtorto collo, sta celebrando il processo di beatificazione al nostro allenatore.

Perché? Semplice, i giornalisti intendono non fare il contropelo ai quei tifosi tastieristi che ormai hanno deciso che il colpevole di questa annata grama è il Presidente. Il quale, dopo aver cacciato almeno 25 milioni di eurini, ha pure finanziato il rifacimento del Mocca fatiscente (perché noi, in centomila, non avevamo un becco di un quattrino per garantirne l’agibilità…), dimenticando che l’Alessandria paga fior di professionisti per occupare ruoli, scrivanie e prendere decisioni e iniziative.

Ma così va il mondo ad Alessandria: dagli anni ’50 a oggi, tutte le volte che la Società mandrogna si è trovata in acque tranquille con una solidità economica invidiabile grazie a proprietà che volevano occuparsi solo di sport, una parte della tifoseria ha brutalmente contestato queste presidenze (vedi Ing. Sacco, Amisano e adesso pure Di Masi).

Ritornando al calcio giocato, questa stagione agonistica comincia con un ritardo folle, l’ideale per chi deve modellare una squadra totalmente rinnovata.

Infatti D’Agostino, a una settimana dall’esordio, butta a mare moduli con giocatori annessi e si presenta contro la Juve U 23 dopo aver fatto tabula rasa di due mesi di preparazione.

La partita d’esordio la vince, illude l’ambiente ma nessuno aveva colto che quella era una partita fasulla nei valori e nel risultato. Tabula rasa invece è rimasta fino alla fine del girone d’andata, anche oltre.

Perché, dopo aver disputato venti partite, non abbiamo personalità, e un gioco sul quale costruire i risultati. I soli venti punti in classifica non sarebbero un grosso problema se la squadra giocasse un calcio organizzato e proiettato a vincere le partite, almeno con gli avversari alla sua portata. Invece no.

Questa squadra non migliora con il tempo, l’organizzazione difensiva è ferma all’età della pietra, gli errori si susseguono, sempre gli stessi e, ogni tanto, arrivano rovinose novità.
Vi posso garantire, perché ho la maledetta abitudine di guardare le partite in modo un po’ scientifico senza fermarmi alle prime impressioni, che dei 2000 minuti fin qui giocati in campionato, abbiamo giocato al calcio (e non al pallone come in parrocchia) si e no 80’.

Per giocare al calcio intendo non ‘stracciare’ l’avversario, ma affrontarlo in una zona di campo idonea per riattaccarlo e sviluppare la manovra d’attacco attraverso triangoli votati a conquistare la profondità.

Purtroppo per vedere la domenica sul campo queste cose bisogna lavorare duramente durante la settimana, sperando che i giocatori credano in quello che provano in allenamento per poi ripeterlo in partita, e che l’allenatore abbia l’autorevolezza necessaria per ispirare il gruppo.

Dei nuovi giovani giocatori arrivati Cucchietti e De Luca stanno facendo bene. Purtroppo il nostro portiere ha limiti evidenti nel gioco palla a terra e, da quando è qui, non solo non è migliorato ma è addirittura sempre più impacciato: roba da matti, e nessuno ci mette mano perché al cuore grigio non si comanda.…

Ci sono altri tre giocatori, che certo giovani non sono, che si sono fin qui rivelati travi portanti della squadra: Agostinone, Gatto e, in parte, Sartore. Per il primo, già dotato del biennale, si parla di un trasferimento altrove ma vedrete che rimarrà qui ancora un bel po’.
Gatto (dato per partente da tutti quelli che … “vogliono bene ai Grigi”: chissà se volessero male ai nostri Grison) secondo me rinnoverà a breve mentre per Sartore si potrebbero spalancare le porte di un rifugio alpino ad alta quota perché non so come possa correre a perdifiato su tutta la fascia di campo (e a volte manco la sua).

Poi penso si cambierà strategia di mercato, puntando su almeno tre giocatori solidi e maturi per la categoria, mentre se parliamo di giovani in arrivo non saranno certo tra i titolari.

Ergo, di tutto quello che si è pensato di fare nella scorsa estate si è fatto poco, quasi niente. E di giovani virgulti sui quali puntare per il futuro resta il solo Gjura, con tutti i tentennamenti del caso. Per alcune indiscrezioni davvero succose vi rimando alla prossima puntata e vi assicuro che ne leggerete delle belle.

Come sarà l’anno che verrà? Una cosa ve la posso dire adesso: “anche i preti potranno sposarsi, ma solo a una certa età…….”