Sibilla Aleramo: una donna e i suoi amori [Alessandria in Pista]

Copia di Cento cannoni per Alessandria [Alessandria in Pista] 33di Mauro Remotti

 

 

Nel febbraio 1902 Rina Faccio abbandona Porto Civitanova[1] avviando una difficile battaglia legale per ottenere la separazione dal marito e la custodia del figlio: entrambe non le saranno concesse, e le verranno pure interdetti i rapporti epistolari con il bambino.

 

Nel frattempo, si accompagna a Giovanni Cena[2], redattore capo della rivista «Nuova Antologia» andando a vivere con lui in un appartamento di via Flaminia molto frequentato da importanti studiosi e artisti del tempo. Rina è impegnata anche nel movimento femminista e si adopera per l’alfabetizzazione dei “guitti”, i poverissimi braccianti dell’Agro pontino sfruttati dai latifondisti.

Oltre a collaborare alla rivista del compagno, comincia a scrivere il suo primo romanzo, Una donna, che verrà pubblicato nel 1906 sotto lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, suggerito dallo stesso Cena che trae spunto dalla «terra d’Aleramo» della poesia Piemonte di Giosuè Carducci.

Il libro risente di un certo femminismo d’intonazione ibseniana ed è dolorosamente autobiografico: narra infatti la storia dell’autrice, dall’infanzia fino alla sofferta decisione di lasciare il marito e soprattutto il figlio, rivendicando un’indipendenza completa per sé e per le donne in generale. Il successo (misto a scandalo) è immediato: il romanzo viene tradotto in quasi tutti i paesi europei e negli Stati Uniti. Degna di nota la recensione di Luigi Pirandello: «pochi romanzi moderni io ho letti che racchiudono come questo un dramma così grave e profondo nella sua semplicità e lo rappresentino con pari arte, in una forma così nobile e schietta, con tanta misura e tanta potenza».

Dopo aver lasciato Cena, l’Aleramo conduce una vita inquieta ed errabonda, caratterizzata anche da un amore saffico con la giovane ravennate Lina Poletti[3].

Nel 1913, a Milano, si avvicina al movimento futurista, poi, a Parigi, ha modo di entrare in contatto con il gruppo di intellettuali legato al «Mercure de France» e di conoscere Guillaume Apollinaire e Auguste Rodin.

 

In questo periodo intrattiene numerose e brevi relazioni sentimentali con personaggi più o meno famosi (peraltro annotati con precisione nei suoi diari[4]),  tra i quali lo scrittore Dino Campana[5]. I due sono molto diversi: lei quarantenne estremamente mondana e frequentatrice di salotti, lui appena trentenne schivo e appartato. “Amai perdutamente Campana per non lasciarlo solo nella sua follia…» rivelerà l’Aleramo. La loro liaison si conclude poco prima dell’internamento del poeta toscano presso l’ospedale psichiatrico di Villa di Castelpulci, nei pressi di Scandicci. «Mi lasci qua nelle mani dei cani senza una parola e sai quanto ti sarei grato. Altre parole non trovo. Non ho più lagrime. Perché togliermi anche l’illusione che una volta tu mi abbia amato è l’ultimo male che mi puoi fare”[6] appunta, con amarezza, Campana.

Nell’agosto 1918 termina la stesura de Il passaggio, che uscirà l’anno successivo. Più che un romanzo si tratta di un’autobiografia lirica, dove Sibilla narra del suo sentimento verso l’amato Dino. Il volume non viene apprezzato dalla critica per via delle descrizioni, troppo crude, di contesti prettamente personali.

Qualche anno dopo Sibilla è a Napoli dove frequenta, tra gli altri, Matilde Serao e intreccia una relazione con l’olimpionico Tullio Bozza[7] che le ispira la piece teatrale (in tre atti) Endimione. Dopo un primo tiepido successo, l’opera verrà fischiata sonoramente al Teatro Carignano di Torino.

Anche il suo rapporto con il regime fascista è altalenante. L’Aleramo risulta infatti tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce. Tale presa di posizione le procura diversi problemi, acutizzati dalla sua amicizia con Anteo Zamboni, l’attentatore del duce. Sibilla viene arrestata, ma dopo un colloquio chiarificatore con lo stesso Benito Mussolini riesce a riprendere in qualche modo la sua attività.

Negli anni Venti ha occasione di conoscere anche Giulio Parise a cui dedica il romanzo epistolare Amo dunque sono. Scrive ancora Gioie d’occasione con cui partecipa, con poca fortuna, al premio Viareggio e Il Frustino, la storia di un amore impossibile con Giovanni Boine[8].

Sempre tormentata da difficoltà economiche, Sibilla ottiene, grazie all’interessamento di Arturo Farinelli e della regina Elena di Montenegro, una pensione di 1.000 lire al mese.

Finalmente, nel 1934, un momento di pura felicità: può riabbracciare il figlio Walter dopo oltre trent’anni di separazione: “Un solo momento abbiamo avuto: la prima sera del ritrovamento; un singhiozzo profondo nel petto d’entrambi, abbracciandoci, e subito appresso, seduti di fronte, avviando un discorso qualunque, a frasi mozze, un sorriso in cui ci specchiammo a vicenda, in cui nel suo largo viso d’uomo già maturo io vidi affiorare e tremare, sorridendo timida e innocente, quella che so essere l’anima mia, la qualità nativa inalterabile dell’anima mia”[9].

 

                                                                                                                        (continua)

 

 

[1] Vedi Mauro Remotti, Sibilla Aleramo: gli anni giovanili, un matrimonio riparatore e la scrittura come via di fuga, pubblicato sul blog Alessandria in Pista di CorriereAL il 25/10/2018.

[2] Giovanni Cena (Montanaro12 gennaio 1870  – Roma7 dicembre 1917), allievo di Arturo Graf, si dedica, oltre alla scrittura, a opere di assistenza a favore delle popolazioni della campagna romana.

[3] Cordula Poletti, ‘Lina’, (Ravenna27 agosto 1885 – Sanremo1971) lavora alla Biblioteca Classense e conosce Sibilla nel corso di incontri letterari. In seguito, avrà una relazione anche con l’attrice Eleonora Duse.

[4] L’elenco comprende Vincenzo Cardarelli, Giovanni PapiniGiovanni BoineClemente ReboraUmberto BoccioniSalvatore Quasimodo e Raffaello Franchi.

[5] La breve vita dello scrittore Dino Carlo Giuseppe Campana (Marradi, 20 agosto 1885Scandicci, 1 marzo 1932) è caratterizzata da una diagnosi di demenza precoce. Affronta molti viaggi e svolge svariati lavori. Nel 1913 affida il manoscritto Canti Orfici, la sua maggiore opera, a Soffici e Papini, che però lo smarriranno. Campana lo riscriverà ricostruendolo a memoria, pubblicandolo l’anno seguente. Muore di setticemia causata da una ferita che si procura tentando di scavalcare la recinzione dell’ospedale in cui è internato.

[6] Una straordinaria testimonianza della storia d’ SIBILLA ALERAMO: UNA DONNA E I SUOI AMORI amore tra Dino e Sibilla è il carteggio pubblicato da Feltrinelli con il titolo Un viaggio chiamato amore – Lettere 1916-1918, che ispirerà un film diretto da Michele Placido.

[7] Lo schermidore Tullio Bozza, campione olimpico nella spada a squadre ai Giochi di Anversa, muore tragicamente all’età di 31 anni.

[8] Giovanni Boine (Finale Marina, Savona, 1887 – Porto Maurizio 1917) viene considerato tra i pionieri della scrittura basata sul “flusso di coscienza” che fornisce un migliore inquadramento psicologico dei personaggi.

[9] Un amore insolitoDiario 1940/1944, Milano, Feltrinelli, 1979, pag.57