L’oscuro bagliore di Peter Quint [Il Superstite 402]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Presentiamo oggi al Museo della Gambarina alle ore 17 il libro Vien di notte l’Uomo Nero – Fenomenologia dello Spauracchio (INK Edizioni), ultimo parto di cui andiamo fierissimi. Per “noi” intendo il sodale Edoardo Rosati e io, accompagnati dall’amico Paolo Toselli, autore anche di un notevole capitolo sugli Uomini in Nero. Il che mi spinge a ricordare che in questo libro ospitiamo interventi di amici di sempre quali Eraldo Baldini, Massimo Polidoro e la sublime Valentina Paggi. Vi offro quindi, per il Superstite di oggi, un estratto dal libro che riguarda colui che a mio parere è il Re degli Uomini Neri, Peter Quint. Se per vostra disgrazia non lo conoscete, alla fine del pezzo, come dicono in meridione, ne avrete contezza.

“Di sicuro a Henry James non venne mai in mente. Ma il grande scrittore americano, naturalizzato inglese (1843-1916), scrisse a nostro parere con Giro di vite un testo esemplare sul tema della presenza/assenza del fantasma dell’Uomo Nero nel mondo immaginifico del bambino.

La trama, in sintesi. L’incipit vede un gruppo di persone che narrano ghost stories. Un certo Douglas decide di raccontare una storia scritta dalla ex istitutrice della sorella, ora defunta. E la novella in questione è poi quella al centro del romanzo. Una giovane precettrice, Mrs. Giddens, viene ingaggiata da un ricco uomo di affari londinese per prendersi cura dei suoi due nipoti, Miles di nove anni e Flora di otto, rimasti orfani e consegnati alle cure dello zio. Vivono nell’incantevole dimora di Bly, la cui quiete idilliaca viene ben presto spezzata da alcune sinistre apparizioni fantasmatiche: un uomo con baffi e chioma rossa e una donna dal viso cereo e vestita a lutto. L’istitutrice scoprirà che quelle due tetre figure corrispondono a Mrs. Jessel, che l’aveva preceduta nel ruolo di educatrice, e a Peter Quint, maggiordomo e suo amante, entrambi deceduti in circostanze misteriose. Col dipanarsi degli eventi, la donna si convincerà che i due bambini nascondano qualche turpe verità e che siano in realtà complici e non vittime di Quint e Mrs. Jessel.

Ora, chi sia l’Uomo Nero del racconto è indubbio. Peter Quint, la diabolica essenza del Male che infetta la tenuta di Bly a partire dal momento in cui entra in scena “visto” prima dalla protagonista, l’istitutrice Mrs. Giddens, e poi rievocato con il suo cognome (che sarà un nomen per tutto il resto del racconto) per mezzo di un’esclamazione che ne sottolinea la potenza emotiva scatenante. È Mrs. Grose, la governante di Bly, che pronuncia il nomen e lo fa, come scrive James, boccheggiando, perché, come sapremo a breve, Quint è morto. Per essere più precisi, «se ne è andato Dio sa dove, ma è morto». Stupefacente certezza, che già tratteggia la natura mitica del personaggio, il quale – è bene ricordarlo – non figura mai in carne e ossa nel corso del racconto, ma si palesa unicamente come un’assenza rievocata e allucinata. Di lì a poco Mrs. Grose non ha dubbi sulla sua natura di fantasma in quanto lui vuole apparire a loro. Lui, che non viene da solo ma sempre in compagnia del contraltare fantasmatico femminile, Mrs. Jessell ovvero la Donna Nera, e che pone sempre per bocca di Mrs. Grose il dilemma dei dilemmi: da Dove vengono loro?

Sempre per bocca della governante veniamo a sapere che, in un tempo antecedente al racconto, Quint e il bambino, Miles (con Mrs. Jessell e la bambina, Flora), «sono stati continuamente insieme». Il loro scopo: «Per amore di tutto il male che in quei giorni terribili la coppia ha inculcato in loro. E nutrirli ancora di quel male e continuare l’opera infernale è lo scopo del loro ritorno». L’allusività, il non detto, del mondo vittoriano – da qui il richiamo alla vicenda di Oscar Wilde – non potrebbe conoscere miglior declinazione: se da un lato forse serve ricordare che Wilde viveva la propria omosessualità, pur sposato, con il giovane Alfred Douglas – e chissà per quale caso chi introduce la storia nel racconto di James si chiama Douglas? –, dall’altro le mezze frasi della governante si potrebbero anche leggere in chiave seduttiva se non pedofiliaca, con Quint che potrebbe simbolicamente proporsi come la crisalide di un futuro Miles.

Come non richiamare a questo proposito le parole di Pietro Citati? «Il male, come lo conosceva un grande teologo moderno quale Henry James, è l’Indicibile: qualcosa senza contenuto preciso, una fascinazione, un’irradiazione, che parte da un punto di tenebra e contagia orribilmente le anime; e questa irradiazione diventa ancora più insinuante, corruttrice e persuasiva, se l’emana una figura senza corpo e rilievo come uno spettro, che è appunto pura fascinazione. Così, non è ingiusto vedere in Peter Quint e in Mrs. Jessel due grandi malvagi, due grandi colpevoli. Appena essi appaiono, un mortale silenzio scende sopra la natura: di colpo le cornacchie smettono di gracchiare nel silenzio dorato, tutti i rumori e i suoni del mondo si assopiscono; il corso della vita si arresta; e in questo silenzio, la spettralità, l’altro mondo, la morte si introducono nelle cose. La dose suprema del male è lo sguardo. I due spettri hanno un occhio che fissa, penetra, vampireggia, pietrifica, uccide. La qualità di questo sguardo è il glare (letteralmente bagliore) che significa insieme l’ubiquità torva dell’occhio e la luce abbagliante e tenebrosa che emana.»[1]

Il centro del racconto, la presenza del Male, il suo mistero che è la presenza stessa, intessuto di velate implicazioni sessuali che si spandono come un veleno: in quest’ottica Quint è Uomo Nero archetipicamente perfetto. In (presunta) vita, tentatore ai confini della pedofilia e iniziatore al Male. Da spettro, è vampiro dell’innocenza nell’applicazione dell’estremo assioma: se non puoi uccidere l’Uomo Nero, puoi diventare come Lui… Anzi, Lui. Senza dimenticare l’assonanza con l’episodio rievocato da Lloyd deMause, ovvero Miles che muore stecchito allorché è costretto da Mrs. Giddens a guardare Quint.

«Il giro di vite è un racconto potente di possesso, come nelle antiche fiabe di demoni e diavoli; ed è l’istitutrice a essere posseduta. La sua immaginazione demoniaca e malvagia trasforma le sue ansietà, i suoi sensi di colpa, le sue chimere romantico-sessuali – che lei considera “peccaminose” – in demoni e spiriti dannati. Nel tentativo di lottare contro i suoi demoni, infetta quelli che le stanno intorno. Il contagio, cioè la capacità insita in un’immaginazione malvagia di diffondersi come un’epidemia, è l’orrore di fondo del racconto di James. Ed è forse perciò che molti l’hanno trovato il racconto di fantasmi più spaventoso che mai sia stato letto».[2]

Se l’intuizione di Edel è giusta, eccoci al “dove”. Il (non) luogo in cui abita Quint. Come un virale Mostro dell’Id alla David Cronenberg, Quint – e con lui Mrs. Jessel – occupa la mente e l’inconscio dell’istitutrice, che lo “esterna” nelle sue visioni una volta appreso da Mrs. Grose dell’esistenza in vita di un malvagio iniziatore al Male per Miles prima che lei arrivasse a Bly. La visione sul torrione sparge il virus. E il contagio dilaga.

Quint, l’Uomo Nero jamesiano, alberga allora dove regna l’Ombra, il regime di Saturno. Un luogo immaginale che corrisponde alla Nigredo alchemica, laddove dominano l’angoscia, la paura e la solitudine. Se, come scrive Pier Pietro Brunelli[3], psicologo-psicoterapeuta, semiologo e specialista della comunicazione, «nella tradizione simbolica l’idea delle tenebre non ha ancora significato negativo perché corrisponde al caos primigenio dal quale può nascere ogni cosa», pur tuttavia lo stesso caos «è associato all’invisibile e all’inconoscibile, quindi anche alla divinità creatrice originale, o la scintilla iniziale da cui tutto si è palesato, alla faccia nera della Luna o la Luna Nera».

«I nostri antenati», prosegue Brunelli, «personificavano le forze oscure da cui si sentivano minacciati, proiettando terrificanti e maligne creature delle tenebre, e a oggi non molto è cambiato, poiché ancora l’uomo si comporta come un fanciullo spaventato di fronte a ciò che non conosce o comprende. La Dea Ecate, per esempio, percorreva la terra nelle notti senza luna atterrendo i viandanti alla biforcazione delle strade. Con la creazione di divinità terrificanti i nostri progenitori cercavano di dominare la paura del buio proiettandola su un’immagine che circondavano di attributi, credenze e riti; e anche nella cultura popolare europea le fiabe e i racconti presentano la figura dell’uomo nero o di orchi vestiti di nero. Quella dell’uomo nero nasce alla fine del XVIII secolo in Inghilterra dove era inizialmente legata ai minatori delle miniere di carbone e agli spazzini».

Pur se le origini dello spauracchio si situano in area romanza ben molto prima del 18° secolo, la notazione di Brunelli è doppiamente intrigante. Primo, perché ipotizza una delle origini del Boogey Man collegata a uno specifico mestiere “sporco e proletario”. Secondo, ancor più notevole è la sincronicità con la genesi del racconto, la fine del XVIII secolo che è esattamente il periodo in cui James ha creato il personaggio di Peter Quint.

In linea più generale, non si può non notare come la fine del XVIII secolo abbia segnato in letteratura una sorta di collettiva mobilitazione intellettuale attorno al grande tema della paura. Quasi fiancheggiando l’ascesa e l’eclissi del regno di Vittoria – dal 1837 al 1901 –, negli ultimi anni del secolo il gotico vittoriano battezza quasi all’unisono i suoi “eroi”, ancora oggi archetipi del genere: anticipati dalla preveggenza produttiva dei detective dell’occulto e dei vampiri dell’irlandese Sheridan Le Fanu, scomparso nel 1873 (Hesselius e Carmilla) e dai contenuti delle pubblicazioni periodiche note come Penny Dreadful, in poco più di un decennio in finale di secolo vengono alla luce Dorian Gray, la donna eterna Ayesha e il suo contraltare maschio Allan Quatermain, Jekyll e Hyde, Sherlock Holmes, Il grande dio Pan e Dracula. L’uscita di Giro di vite è la perfetta ciliegina sulla torta…”.

 

[1]
      Pietro Citati, Il Male Assoluto, Adelphi, Milano, 2013

[2]
      Leon Edel, «Il soprannaturale di Henry James», Racconti di fantasmi, Einaudi, Torino, 1988,

[3]
      P.P. Brunelli, Le quattro fasi dell’alchimia e il blu, http://www.albedoimagination.com/2014/12/le-quattro-fasi-dellalchimia/