di Enrico Sozzetti
Concorso per infermieri prima pubblicato e poi revocato, cosa è successo davvero ad Alessandria? Senza andare a scomodare la “manina” di turno (succede già fin troppe volte nei palazzi romani), quel che risulta è che nelle pieghe della burocrazia si nasconde sempre qualcosa.
La storia è nota. Il bando per il concorso per l’assunzione di infermieri per l’azienda ospedaliera ‘Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo’ di Alessandria e per le Asl di Alessandria e di Asti è stato pubblicato alla fine di ottobre sul Bollettino della Regione Piemonte. Ma un po’ di giorni dopo è stato revocato. Nell’arco di breve tempo arriva la protesta sindacale con il Nursind (sindacato delle professioni infermieristiche) che parla di una fatto che ha “scosso sia coloro che avevano già inoltrato la domanda di partecipazione per l’allungamento dei tempi (con ulteriori spese da sostenere visto che molti avevano già prenotato viaggio soggiorno e richiesto permessi per partecipare alla prova preselettiva del 17 dicembre 2018 come da comunicazione del sette novembre 2018), sia i dipendenti delle tre aziende che vedono sfumare la possibilità di ricevere una boccata d’ossigeno”.
Trascorrono ancora alcuni giorni e una nota dell’azienda ospedaliera precisa che “per un problema procedurale si è reso necessario ripubblicare il bando a tutela dei candidati. Il nuovo bando è già stato deliberato e sarà pubblicato sul Bollettino della Regione Piemonte in quanto è interesse di tutti inserire i nuovi infermieri per rinforzare e potenziare i servizi offerti”. Cose che possono capitare, in fondo è uno dei primi casi di un concorso per infermieri a tempo indeterminato che vede l’azienda ospedaliera di Alessandria come il soggetto capofila e le aziende sanitarie di Alessandria e Asti come partecipanti.
Un comunicato diffuso mercoledì dall’Asl Al che annuncia “85 assunzioni di personale dedicato all’assistenza entro fine anno”, si conclude con un passaggio che indicherebbe dove si è annidato il problema del concorso per infermieri “sospeso dall’azienda ospedaliera per vizio procedurale”. In ogni caso, il concorso verrà concluso “entro i primi mesi del prossimo anno, consentendo l’inserimento di personale stabilizzato”.
Un altro fronte in cui la burocrazia e l’interpretazione delle norme aprono scenari di incertezza è quello degli ‘ambulatori delle non urgenze’ che devono essere aperti “nei principali ospedali piemontesi”, come recita una nota della Regione. Il recente protocollo d’intesa che la Regione Piemonte ha sottoscritto con i sindacati dei medici di famiglia (Fimmg, Snami e Smi) ha l’obiettivo di “ridurre gli accessi inappropriati e fornire allo stesso tempo una migliore risposta ai pazienti” grazie ai “medici di medicina generale” che entreranno negli ospedali “contro il sovraffollamento dei pronto soccorso”.
L’ambulatorio “prenderà in carico tutti i pazienti che sono già stati sottoposti a triage, ma che sono stati classificati come codici bianchi, con esigenze non riconducibili all’emergenza-urgenza e quindi minore priorità. Il medico di medicina generale si occuperà di visitare il paziente e potrà confermare la non urgenza del caso: il paziente sarà quindi dimesso e affidato al proprio medico curante. Il medico potrà comunque anche modificare il codice di triage, giudicandolo di priorità maggiore. In questa circostanza il paziente tornerà in pronto soccorso” si legge su comunicato dell’assessorato regionale alla Sanità.
Come funzionerà? Gli incarichi ai medici di medicina generale “saranno attivati attraverso convenzioni di carattere annuale e rinnovabili, per un impegno medio dalle quattro alle ventiquattro ore settimanali. Verranno assegnati dalle aziende sanitarie con specifici bandi, cui i medici potranno partecipare in modo indipendente dalle rispettive Asl di convenzionamento. Ai medici incaricati sarà corrisposto il compenso orario per l’attività di continuità assistenziale con le tutele previste dall’accordo nazionale”. Fin qui l’aspetto istituzionale.
Ma in pratica, quando e dove verranno aperti gli ambulatori per i codici bianchi? All’azienda ospedaliera di Alessandria non sono ancora in grado di indicare una tempistica attendibile. Si parla di valutazione della stesura di una convenzione e di un confronto fra i direttori sanitari del ‘Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo’ e dell’Asl Al. Invece proprio l’Asl arriva la previsione del direttore generale, Antonio Brambilla, che annuncia una apertura “prima della fine dell’anno” all’interno dei pronto soccorso degli ospedali di Novi Ligure e Casale Monferrato, dove è già individuato il luogo in cui allestire l’ambulatorio. “Ora bisogna individuare i medici (hanno le stesse caratteristiche della guardia medica) con un bando per stilare la graduatoria in base alle disponibilità” concludono all’Asl.
Piccole storie di ordinaria burocrazia, certo. Che confermano come sia ancora ampio il solco che separa il livello direzionale da quello gestionale. Ha voglia la Regione Piemonte di dire che le aziende (ospedaliera e sanitaria, in questo caso) devono lavorare insieme. Però quando dalla teoria bisogna passare alla pratica, ecco che il funzionario di turno rischia di essere più un frenatore che uno sviluppatore. Forse perché le nuove direttive della Regione impongono cambi di ritmo e mentalità che scombinano la tranquilla prassi quotidiana del personale amministrativo. Succede in sanità come negli enti locali. La conclusione è che la politica (a tutti i livelli amministrativi) si lamenta e accusa dirigenti e funzionari di remare contro. Che restano però imperturbabili al loro posto.