Industriali ‘moderatamente ottimisti’ per i prossimi mesi, mentre sulla Pernigotti si richiama “ l’impegno di tutti i portatori di interesse”. Ma in quanti si erano accorti che la politica turca era diversa? [Centosessantacaratteri]

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10 a Enrico Sozzetti, zero agli anonimi del web! [Le pagelle di GZL] CorriereAldi Enrico Sozzetti

 

Gli industriali alessandrini sono “moderatamente ottimisti”, anche se, guardando al ‘sistema paese’, dicono apertamente “non sappiamo bene dove stiamo andando”. Comunque le cose in provincia di Alessandria non vanno male, benché si parli esplicitamente di “stabilità debole” per l’economia.

È il quadro che emerge dalla 176ª indagine congiunturale trimestrale di Confindustria Alessandria che rileva le previsioni di attività delle imprese associate per il trimestre ottobre-dicembre (hanno collaborato centosette aziende tra manifatturiere e dei servizi alla produzione).

Un quadro ancora una volta con quasi tutti i numeri preceduti dal segni più, ma anche con qualche elemento di contraddizione. Infatti a livello settoriale non mancano alcuni indicatori negativi, a partire dalla chimica, con dati definiti “non belli”. Ma l’esportazione è sempre robusta, la manifattura continua a produrre “in modo vivo” e il settore dei servizi alle imprese è in ulteriore crescita. Quello che preoccupa è “lo scenario debole”, come lo definisce Maurizio Miglietta, presidente di Confindustria Alessandria. Il Centro Studi nazionale – spiega – rileva che la crescita economica in Italia si sta assottigliando, una posizione condivisa da altri centri di ricerca e istituzioni nazionali e internazionali, e viene rilevato un clima di sfiducia di famiglie e, soprattutto, imprese. E l’incertezza sullo scenario interno ed estero frena gli investimenti. Anche la Banca d’Italia, nel suo più recente bollettino economico, parla di rischi in aumento per l’economia globale”.

Fra i motivi di parziale soddisfazione, è la valutazione di Maurizio Miglietta, ci sono alcune misure in parte riconfermate dal governo in relazione all’industria 4.0. “Vanno bene, certo, però penso che una impresa non può vivere di incentivi statali”.

In vista della fine del 2018, la previsione dell’occupazione in provincia di Alessandria è a +7, quella della produzione a +15, degli ordini totali a +9, ordini export a +10, e quella della redditività a +1. La previsione di ricorso alla cassa integrazione “si mantiene molto bassa ed è formulata dal 4 per cento degli imprenditori del campione”, mentre la netta maggioranza gli intervistati (79 per cento) prevede invariata l’occupazione. Resta “alta” la propensione a investire per il 77 per cento degli intervistati, come rimane elevato il grado di utilizzo degli impianti (impegnati al 77 per cento della capacità). L’indicatore di chi ha lavoro per più di un mese è stabile al 79 per cento, anche se risulta inferiore al dato regionale che si attesta sull’83 per cento.

Rispetto ai settori, c’è “maggiore cautela” nelle previsioni del metalmeccanico, della chimica e della gomma-plastica, con attese nel complesso in flessione rispetto al trimestre precedente, mentre il comparto alimentare, influenzato dalla stagionalità, presenta dati tutti positivi. Le indicazioni di metalmeccanica, chimica e gomma-plastica vanno però lette con attenzione perché è il trimestre di fine anno e non è sempre significativo del reale andamento imprenditoriale.

Non poteva mancare, a margine della presentazione, un commento sulla vicenda dell’annunciata chiusura della Pernigotti di Novi Ligure. Confindustria Alessandria rilancia un impegno per “cercare di percorrere una strada, non facile, che richiede l’impegno di tutti i portatori di interesse”, anche se ammette che è “oggettivamente difficile ripetere una possibile soluzione simile a quanto positivamente accaduto in casi recenti col subentro nell’attività imprenditoriale (i casi, anche se non dichiarati ufficialmente, sono quelli della Borsalino di Alessandria e della Grafoplast di Predosa, ndr)”. L’associazione guidata da Maurizio Miglietta è comunque disponibile a sostenere chi volesse percorrere questa strada, ipotizzando “un impegno per offrire opportunità alternative, anche con percorsi di outplacement o supporto alla creazione di impresa, per i lavoratori. Ipotesi che però richiedono una volontà della proprietà diversa da quanto manifestato finora”.

Certo che fra l’attenzione alla responsabilità sociale dell’impresa e al ruolo etico che molte imprese italiane praticano, non solo a parole, e la decisione di chiudere senza alcuna discussione uno stabilimento come ha fatto il gruppo turco Toksoz (ha acquisito la Pernigotti nel 2013 dal Gruppo Averna, attraverso la società del gruppo Sanset) c’è una bella differenza. La strada “per contrastare il rischio di impoverimento del territorio e la grave situazione del lavoro, richiede l’impegno di tutti i portatori di interesse” conclude Miglietta.

Gli stessi che però per anni non si sono preoccupati più di tanto, fino alla repentina conclusione di una vicenda che da tempo era sotto gli occhi di tutti. La Pernigotti sotto la gestione turca ha continuato a chiudere in rosso i bilanci, arrivando a sfiorare un buco da cinquanta milioni di euro. Su attrezzature e i macchinari non c’è mai stato un investimento, mentre parte della produzione è stata portata in Turchia da diverso tempo. Infine, l’anno scorso nella città turca di Kırklareli ha avviato l’attività un grande stabilimento per produrre cioccolato e gelato. Tutto faceva presupporre che il passo successivo non fosse certo quello di rilanciare l’impianto di Novi, come annunciato cinque anni fa. Il gruppo guidato dalla famiglia Toksoz terrà però ben stretto il marchio.