Lorenzo Mina – Prof. Ing. Architetto – Alessandria [Un tuffo nel passato]

di Tony Frisina.

L’uomo qualunque non può immaginare quante cose si possano scoprire da una semplice cartolina illustrata di cento anni fa;  non può sapere che da successive ricerche incrociate, eseguite (anche) nel grande mare del web, si riescano a scovare insospettabili brandelli di storia.

Naturalmente non sempre le vecchie cartoline possono portare a risultati entusiasmanti o a scoperte sensazionali però, quando si trova una cartolina spedita o ricevuta da un Personaggio che ha lasciato il segno, quanto sopra esposto potrebbe accadere.

Come già confidai ai lettori in una precedente puntata di questa Rubrica torno a ripetere che – in genere – sono molto curioso e non mi limito a collezionare in maniera automatica o maniacale. Mi piace analizzare sempre ogni frase racchiusa nelle vecchie corrispondenze, nella segreta speranza di riuscire a trovare un piccolo tassello della storia di questa nostra piccola città di provincia.

Stavolta, tanto per cambiare – e spiazzare il lettore goloso di vedere nuove cartoline per scoprire altri angoli gustosi della città – mostriamo il verso di una cartolina, anzi, di una cartolina molto particolare. Osserviamo la parte scritta della cartolina raffigurante la chiesa di Santa Lucia e la Farmacia Falcone pubblicata nella precedente puntata.

Innanzitutto proponiamo il contenuto, incominciando dal destinatario della missiva:

Egregio Signore / Eugenio Carones / Calle Sante Fè N.° 1570 / ROSARIO / Repubblica Argentina / Sud America

Ed ora il testo:

Caro zio Eugenio, ho ricevuto la tua affettuosa cartolina illustrata con il ritratto del pittore Goya ed altri due “Caras y Caretas”[1] e grazie di tutto. Il notaio temporeggia sempre e, con il suo metodo aspetterà ancora un bel poco di tempo… Se credi, mandagli una cartolina di sollecitazione.

Ti mando la fotografia di S.ª Lucia che ti ricorderà quando eri da ragazzo in Alessandria. Noi stiamo bene e siamo lieti della vostra salute. Saluti a tutti da Tina e dal tuo aff.° nipote Lorenzo Mina. / 9 Maggio 1916 / Alessandria.

Prima di procedere oltre è interessante porre attenzione ai ben cinque timbri presenti su questo lato della cartolina, di cui due apposti dal mittente.

Quello verdolino, tondo, sempre presente in ogni corrispondenza spedita dal Nostro, racchiude addirittura le quattro lettere del cognome di Mina con caratteri sovrapposti. Quanto asserisco è scoperta dell’ultim’ora, rivelazione avvenuta proprio scrivendo questo testo.

Precedentemente avevo la convinzione che questo misterioso stampo racchiudesse solo le sue iniziali: L. M. A. (Lorenzo Mina Alessandria) ed infatti anche la L di Lorenzo è facilmente identificabile all’interno del cerchietto.

Il secondo timbro è quello altrettanto consueto – rettangolare – che evidenzia il nominativo, i titoli di studio e l’indirizzo dello studioso.

Poi si vedono i due timbri tondi (fatti con inchiostro oleoso e timbro metallico) delle Poste ferrovia anche se, per essere certi dei dati che si leggono in maniera non troppo chiara, occorra fare il confronto con la data della spedizione vergata a mano dal Mina.

Ecco cosa contengono i due (identici) timbri postali:

Alessandria N° 1 * Ferrovia * 9 5 16. 20.

Dove sono evidenti la data e l’ora della timbratura: le venti.

Infine un bel timbro con inchiostro nero di censura militare, applicato dall’apposito ufficio che controllava la posta diretta all’estero e che dice:

(98) Verificato / per censura / Genova Posta Estera.

Non mi sono fermato a questo.

Ho ancora cercato tra le pagine di registri sull’emigrazione italiana verso l’America ed ho fatto altre scoperte interessantissime sullo zio di Lorenzo Mina. (Non nascondo il dubbio che possa trattarsi di un omonimo, tanto più che il nome di battesimo è diverso o forse sbagliato).

Ma, per farla breve, ecco quanto trovato:

Reverend Euginio Carones (trattasi di errore di trascrizione del nome di battesimo?); residenza Roma; porto di partenza Genova; arrivato a New York il 27 settembre 1906; età all’arrivo 36; clergymen; feet 5 inch 3; Hair black; Eyes brown.

Il nome della nave con cui fu effettuato tale viaggio era Konig Albert.

Quindi, se non abbiamo preso lucciole per lanterne, lo zio di Lorenzo Mina era un sacerdote. Lascio ai lettori il calcolo dell’altezza di quest’uomo (espressa in piedi e pollici) per non andare troppo fuori dal seminato. Ci sarebbe altro da dire sulla storia della nave, su Lorenzo Mina e su suo zio… ma (per ora) ve lo risparmio.


[1] Caras y Caretas è una rivista argentina pubblicata oltre un secolo fa.

Farmacia-Falcone-Retro

Gli assassini del tabaccaio Alitta alle nostre Assise La sera del 14 luglio u. s. si spargeva improvvisamente per la città la notizia che era stato ucciso con due rivoltellate il tabaccaio Giuseppe Alitta per opera di alcuni teppisti che si erano introdotti nel cortile della casa di sua abitazione, sita sull’angolo di piazza S. Stefano e via Milano, a scopo di furto. Fu subito un accorrere di agenti di P.S., di Carabinieri e fin dalle prime indagini si è potuto così ricostruire il delitto.

Il fatto

Verso le ore 22 del 14 luglio u. s. l’Alitta usciva di casa avviandosi alla cantina per prendere vino. Appena messo piede nel cortile, avendo sentito rumori sospetti, diede l’allarme, chiamando in pari tempo un amico, certo Cagna Paolo, che in quel momento si trovava in negozio. Il grido d’allarme fu seguito immediatamente da due colpi di rivoltella, e il Cagna, che era accorso, alle grida dell’Alitta, ebbe il tempo di riceverlo morente fra le braccia e grondante sangue da due gravissime ferite al capo.

Trasportato all’ospedale, il tabaccaio moriva pochi minuti dopo senza aver proferito parola.

Si potè subito accertare che i teppisti, in numero di tre, si erano appiattati in un angolo del cortile per compiere qualche impresa ladresca e che sorpresi dall’Alitta, lo avessero ucciso dandosi poscia alla fuga.

I migliori agenti di P.S. e carabinieri vennero mobilizzati e lanciati sulle traccie degli assassini, mentre altri pattuglioni arrestavano nella notte tutti i pregiudicati che incontravano per le vie. Le indagini continuarono attivissime ed erano specialmente dirette a rintracciare certo Ferruccio Rapetti, che l’Autorità riteneva come il principale autore dell’efferato omicidio.

La banda Rapetti

La sera del 27 luglio una squadra di agenti incontrava nei giardino pubblici il pregiudicato Pietro Pazzagli, detto Piola, d’anni 16, che alla loro vista si diede alla fuga. Raggiunto e condotti in Questura, confessò che nel pomeriggio di quel giorno si era trovato col Rapetti ed altri pregiudicati, sui bastioni e precisamente dietro lo Stabilimento Giuseppe Borsalino e F.

Sorta una questione, il Pazzagli, eccitato da un certo Pilade Taverna, del disfarsi dal temuto capo-banda Rapetti, che incuteva un vero terrore anche per i suoi compagni di mala vita, gli puntò la rivoltella alla tempia sinistra e fece fuoco dandosi poscia alla fuga. Confessò inoltre che autori materiali dell’assassinio Alitta, erano Rapetti Ferruccio, Canestri Pietro, Taverna Pilade, che egli Pazzagli era rimasto fuori dal cortile a fare la guardia.

L’arresto di Rapetti e dei complici

In quella notte la Questura volle accertare dove il ferito Rapetti aveva potuto trovare ricovero. Le indagini furono fortunate, perchè si seppe, che dopo essere stato presso un suo zio, che lo aveva respinto, e dalla madre per avere del denaro, si era fatto trasportare su di una vettura a Valenza presso un suo fratello orefice.

Il delegato Crimi unitamente a quattro agenti si recò a Valenza ove trovò il temuto pregiudicato.

Colto così di sorpresa il Rapetti non cercò neanche di agire e con animo ributtante chiese solo gli si lasciasse finire di far colazione. Venne quindi tradotto a queste carceri giudiziarie e ricoverato all’infermeria dove restò per parecchio tempo, uscendone in seguito completamente guarito.

Il 30 luglio nella stazione di Ventimiglia, mentre scendeva dal treno diretto in Francia, veniva pure arrestato un altro degli assassini dell’Alitta, Canestri Pietro d’anni 19, che confermò integralmente il racconto del Pazzagli.

Un complice rimane ancora da assicurare alla giustizia, Pilade Taverna.

LA LEGA LIBERALE – Giornale settimanale – Politico – Amministrativo – Letterario – Anno XXIII – Numero 51 – Alessandria, Venerdì 4 Dicembre 1908.