Il bene e il male [Il Flessibile]

 CorriereAldi Dario B. Caruso

 

 

Mi addentro nei massimi sistemi.

L’acqua che fa bene, l’acqua che fa male.

Esistono irrigazioni benefiche e piogge feconde così come esistono alluvioni improvvise e assassine.

Da sempre.

Acqua, elemento di nascita e morte, di vittoria e sconfitta, di bianco e nero.

Ho seguito con interesse e un po’ di palpitazione la finale mondiale del volley femminile, Serbia vs Italia.

Da una parte una squadra arcigna, solida, fatta di sguardi che somigliavano più a sguardi di militari che di sportivi, la platea ad applaudire ogni punto. La giocatrice di punta scaltra e fastidiosa come un Bonaparte moderno.

Dall’altra parte una squadra giovane, entusiasta, fatta di sguardi concentrati ma sereni, la platea silenziosamente avversa ad ogni punto. La giocatrice di punta solare e gentile come un angelo nero.

Sono certo che il bene non fosse tutto da una parte ma in questo caso – nell’immaginario che mi sono disegnato – ha prevalso il male, per un soffio ma ha avuto la meglio.

Se questo vuol dire essere tifoso, chiamatemi pure con quest’epiteto.

Personalmente preferisco definirmi idealista.

Del resto – come diceva Nelson Mandela – “un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”.