“Alessandria è una comoda poltrona: ti siedi e ti addormenti!?” [Un tuffo nel passato]

di Tony Frisina.

Per la rubrica di oggi ho pensato di proporre un altro mio pezzo ormai storico.

Si tratta di un servizio pubblicato – insieme a molti altri di altrettanti personaggi noti e meno noti della città di Alessandria – all’interno di una raccolta molto prestigiosa a cura di Ugo Boccassi e Cesarino Fissore (Partners Editori).

Prima di parlarne, però, voglio raccontare dall’inizio e in breve la genesi di questo mio lavoro.

Un giorno – correva l’anno 1997 – in piazza della Libertà incontrai il caro amico Cesarino Fissore, uomo di cultura conosciuto da ogni alessandrino, scomparso da qualche mese.

Appena mi vide, saltando gli inutili e formali saluti e frasi di circostanza, mi spiattellò – nei suoi modi rudi ma bonari – il titolo di un’Opera che stava incominciando a prender corpo.

La domanda che la Redazione poneva ai molti interpellati era: “Alessandria è una comoda poltrona: ti siedi e ti addormenti!?” (Con punto interrogativo e punto esclamativo).

Ecco, tutto qui. Poche parole per propormi di scrivere una risposta da inserire, insieme alle altre, in un volume dallo stesso titolo.

I molti interventi erano stati poi sottoposti ad analisi da docenti universitari ed il risultato dello studio è contenuto in un’importante appendice del volume stesso.

A distanza di anni sono grato ancora oggi agli amici Cesarino e Ugo per aver permesso – grazie alla stampa di questo volume – di lasciare traccia del mio pensiero che considero il mio testamento spirituale.

Un’ultima cosa.

Seppure lo stile di questo testo non sia eccelso, emerge chiaramente tutto l’amore che nutro per la mia Città e – per contrapposto – appaiono molto chiari i miei sentimenti nei confronti dei malfattori e dei distruttori; pensieri espressi in forma ancor molto contenuta rispetto ai giudizi taglienti, che proprio non riesco a trattenere, presenti nelle mie esternazioni del giorno d’oggi.

Naturalmente, da allora, non sono mai riuscito ad addormentarmi sulla Poltrona chiamata Alessandria ma ho avuto molti incubi e ho fatto orribili sogni ad occhi aperti…

Nella parte conclusiva del mio intervento si legge anche un augurio sul futuro della città.

Lascio giudicare ai lettori, a coloro che conoscono la città quanto me, se si sia verificato quanto un tempo avevo auspicato.

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Alessandria è una comoda poltrona: ti siedi e ti addormenti!?

Per un certo periodo della mia esistenza ho vissuto in questa città osservando ed assistendo a quel che avveniva intorno con accettazione, forse anche per causa della mia giovane età.

Se il Sindaco e la Giunta decidevano (o lasciavano compiere) un intervento pensavo che quella fosse senz’altro la soluzione ideale che occorreva in quel momento.

Poi, in maniera naturale, sono diventato più critico. Ho capito che non sempre le scelte effettuate dagli amministratori pubblici erano nel pieno rispetto della città e dei cittadini, ma a volte erano… scelte politiche.

È per questi motivi che in alcuni momenti della nostra storia recente mi sono chiesto se la città era governata da figli di Alessandria o piuttosto da persone che con la città non avevano mai avuto alcunché da spartire. E tutto questo l’ho sempre pensato con il nodo alla gola, col magon.

È avvenuto pure che, interessandomi della storia del nostro passato scoprissi, con stupore e con meraviglia, che perfino il buon Basile[1] avrebbe voluto dilaniare un pezzo della nostra Amata: avrebbe voluto abbattere (con il consenso della Giunta comunale al completo) addirittura l’Arco di trionfo di piazza Matteotti (già piazza Genova)[2]; e tutto ciò nel 1950.

Sì, proprio il sindaco Nicola Basile oggi ricordato soprattutto per i giardini pubblici (allora splendidi) e per l’orologio floreale oltre che per lo slogan pedoni a sinistra.

Tutte queste cose non mi lasciano certamente stare rilassato comodamente in poltrona, tutt’altro: mi fanno sobbalzare come fossi seduto sugli spilli.

Una grossa soddisfazione però, nel corso degli anni, l’ho avuta nello scoprire che non ero solo nel pensare in un certo modo alla Città e al modo di viverci rispettandola; altri personaggi, forse non molti, su un binario parallelo, portavano avanti la loro battaglia.

È con stima che mi piace, a questo proposito, ricordare fra tutti il nome del professor Claudio Zarri che, con articoli su riviste e giornali contenenti a volte anche accenni sarcastici, oltre che con la pubblicazione della guida storico-artistica Alessandria da scoprire, ci ha dato molto sul piano culturale e ci ha mostrato quanto pure lui ami la città.

Il mio impegno di cittadino dunque non è certo quello di vivere in questa città seduto in poltrona; con tutto quel che succede, non riesco a volte ad addormentarmi.

Il mio interesse per la città è volto soprattutto all’aspetto urbanistico-architettonico che ritengo essere una delle più importanti componenti che stanno alla base della qualità della vita che la città stessa possa offrire.

Penso che sarebbe stato bello, ad esempio, poter passeggiare in una piazza della Libertà (o, se si preferisce, piazza Rattazzi) attorniati da una sequenza di palazzi del Sei, Sette e Ottocento, magari anche con la presenza della vecchia Cattedrale di San Pietro (12911803), che non piuttosto da quell’insieme discutibile di stili di cui sono esplicativi esempi molti degli odierni palazzi ivi eretti.

E non mi addormento in poltrona quando penso al glorioso e storico, oltre che artistico, Palazzo Trotti-Bentivoglio[3] che non c’è più[4], alla vecchia fabbrica di cappelli Borsalino[5] (con annessa ciminiera) che non c’è più, ecc. Per non parlare poi di palazzi come quello della Gamberina vecchia, del Distretto di piazza Santo Stefano[6] e di numerosissimi altri di maggior o minore interesse architettonico, atterrati completamente o gravemente danneggiati da incuria o da cattivi restauri.

Ecco il motivo per cui, pur se mi piacerebbe addormentarmi comodamente in poltrona, a volte non riesco a stare sdraiato tranquillo.

Il mio sonno è sempre di discutibile qualità, per paura che qualcuno (che certamente, a mio avviso, dimostra di non amare la città) possa fare dei danni alla mia Alessandria. Esempi ce ne sono già moltissimi.

A questo proposito mi viene in mente uno scambio di opinioni con l’amico Ugo Boccassi, (avvenuto sulle pagine del quotidiano La Stampa[7] un decennio fa) circa quella malattia che si chiama nostalgia. Nostalgia è per me la voglia di conservare la città nel suo insieme e, se si può, salvare il salvabile (cose belle ce ne sono ancora, basta volerle vedere e cercare) prima che sia troppo tardi.

Nostalgia è anche quel sentimento che mi spinge alla ricerca di testimonianze anche fotografiche che permettono di far vedere quello che erano antichi palazzi o caratteristici angoli urbani del secolo passato prima dei famigerati restauri e prima delle speculazioni edilizie degli anni sessanta… e seguenti, che molto spesso hanno contribuito a far scivolare la qualità della città verso il basso.

Concludendo perciò mi auguro che in un futuro immediato (o non troppo lontano) amministratori sensibili si occuperanno delle sorti della città così come se questa fosse la loro madre: con amore, buon gusto, disinteresse personale e magari pure con un pizzico di nostalgia che, a parer mio, non guasta.

Questa è la premessa obbligata affinché il sottoscritto ed altri come me possano addormentarsi comodamente sulla poltrona chiamata Alessandria.

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[1]    Il fatto che Nicola Basile avesse avuto più volte e in diversi anni la ferma intenzione di voler abbattere l’Arco di Piazza Genova (evidentemente senza riuscire nell’intento) è un fatto che ha gettato cattiva luce su questo seppur (per altri motivi) stimato sindaco. Per di più giudico banali e puerili le motivazioni addotte nel cercare di portare a termine l’inaudito scempio… Cito a memoria il sunto delle motivazioni che compaiono sui giornali d’epoca a corredo degli articoli in cui si parla dell’argomento demolizione. “L’Arco è una bruttura ed un vecchiume di epoche passate e celebra personaggi poco importanti… per di più non è neppure perfettamente in asse con via Dante

[2]    Per i veri alessandrini questo luogo è sempre e per sempre sarà soltanto Piazza Genova.

[3]    A proposito di Palazzo Trotti – Bentivoglio è interessante leggerne e ristudiarne la storia, che si riallaccia alla persona del marchese Lorenzo Trotti Bentivoglio, valente pittore nonché benefattore. Egli aveva acquistato il Palazzo per poterlo poi donare, con testamento, alla Città e farne un Centro Culturale. Il Palazzo, poi bombardato durante il secondo conflitto mondiale, rimase per troppi decenni un cumulo di macerie e ricettacolo di balordi, fino al discutibilissimo recupero. Più che di recupero si deve parlare di demolizione del poco rimasto e ricostruzione inqualificabile per non essere stati assolutamente rispettati i vincoli che avrebbero dovuto tutelare la conservazione di quel che restava. (Ho prove fotografiche alla mano, a testimonianza di quanto appena espresso). Infine il riutilizzo si è dimostrato una grossa speculazione immobiliare a danno della Città intera e soprattutto contro la volontà del Donatore. Questa è storia, basta leggere e guardare per capire… Si leggano i diversi interventi a partire dagli anni ’90 sia su giornali a stampa sia on line. La risposta che emerge spontanea è che al cattivo gusto, al degrado e alle basse ed evidenti speculazioni, in questa città non c’è limite.

Sempre sullo stesso argomento leggasi “Trotti-Bentivoglio: Storia di un palazzo, o di un intrallazzo? [Su Giornal.it del 28 Aprile 2004 – di Piero Archenti].

Una cartolina-denuncia, che contiene e mette a confronto le immagini del Palazzo Trotti Bentivoglio negli anni ’30 con i ruderi che ancora negli anni ’90 giacevano vergognosamente, era stata pubblicata nella serie di cartoline dal titolo I passi del gambero, di mia ideazione e produzione.

[4]    All’epoca di questo scritto le rovine del Palazzo giacevano da quasi cinquant’anni in stato di totale abbandono.

[5]    Sulla Fabbrica Borsalino si potrebbero usare fiumi di inchiostro. Altro inglorioso capitolo della storia cittadina. Demolizione quasi completa della Fabbrica per lasciar (poco) posto ad aule universitarie… salvo poi accorgersi che lo spazio fosse insufficiente per i fabbisogni dell’ateneo. Non si son volute salvare e restaurare Fabbrica e Ciminiera per un giusto riutilizzo e per rispetto della nostra archeologia industriale, con un risparmio notevolissimo sui costi e si sono sprecati fiumi di denaro senza aver avuto il minimo scrupolo.

[6]    Sul Distretto di Piazza Santo Stefano,qualche mese fa, era stato pubblicato un mio servizio in questa Rubrica.

[7]    Vedi La Stampa del 20 Febbraio 1991 – Io nostalgico militante, in risposta all’intervento di Ugo Boccassi dal titolo Io nostalgico pentito, pubblicato in data 6 Febbraio 1991.

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In questa cartolina d’epoca (anni ’30 circa) si può osservare il lato della piazza ove è avvenuto lo storico incontro fra Cesarino Fissore e Tony Frisina, che ha dato il via alla stesura del pezzo qui presentato.


Il proprietario di un postribolo arrestato
– Colpito da mandato di cattura è stato arrestato in questi giorni Della Santina Ubaldo, proprietario d’un postribolo in via Gamberina Vecchia N. 5. l’arrestato deve scontare una pena di 4 mesi di reclusione per smercio di cocaina ed altre droghe stupefacenti.

CRONACA E PROCESSI (Il Piccolo di Alessandria) – Anno I – N. 3 – Alessandria, 18 Aprile 1925

 

Valorosi Carabinieri premiati – Alla Caserma Gamberina il Tenente Colonnello dei RR. CC. Tirinnanzi De Medici consegnò, la medaglia d’argento al valore militare al Brigadiere Tirone Angelo e al carabiniere Fava Luigi e una medaglia di bronzo alla memoria del brigadiere Grattaroli, per atti di eroismo compiuti durante l’incendio alla polveriera di Casalbagliano ed infine una medaglia di argento al Brigadiere Carrà Baingio per atto di coraggio compiuto durante il difficilissimo arresto di un malfattore nell’agro di Castellazzo Bormida.

IL PICCOLO (Settimanale di cronaca) – Anno II – N. 45 – Alessandria, 13 Novembre 1926