Il diario dell’Estinzione [ALlibri]

A cura di Angelo Marenzana

 

 

Verrà presentato oggi, nel corso della quarta edizione di Stranimondi a Milano (un appuntamento ormai classico per gli appassionati di letteratura fantastica, horror, fantasy, weird, alla presenza di ospiti internazionali e non) il nuovo romanzo di Maico Morellini, Il Diario dell’Estinzione pubblicato da Watson Edizioni.

Maico Morellini (scrittore di fantascienza e vincitore del prestigioso premio Urania con il romanzo Il re nero) ci trasporta nella Londra del 1885 dove Malcom Lefebvre ed Ernest Buckingham, collaboratori di Scotland Yard incontrano il vice ammiraglio Sullivan che detiene una raccolta di lettere che gettano una luce sinistra sul viaggio di Darwin intorno al mondo avvenuto vent’anni prima a bordo del Beagle. Compreso il misterioso suicidio dello stesso ammiraglio Fitz Roy

Una copertina di straordinaria bellezza grafica accompagna il lettore nella scelta del romanzo e lo prende per mano in un viaggio tra i solchi di quell’incubo a cui non ci siamo mai abituati parlando di genere umano, origini e futuro prossimo venturo della vita.

Il diario dell’estinzione è anche un meccanismo di indagine tra la pratica dell’ipnotismo, un complotto per uccidere la regina, i ghiacci dell’Artico, una soprannaturale bestia mostruosa e i principi delle teorie evolutive di Charles Darwin. Buona lettura.

 

 

Il diario dell’Estinzione

di Maico Morellini

 

1885, Londra

 

«Non erano questi gli accordi, Lefebvre» commentò con poca

convinzione Arthur Abercrombie mentre si rigirava tra le mani alcuni

fogli. «Sulivan si aspettava qualcosa di meglio» continuò. «E

anche io.»

Malcom lasciò lo sguardo libero di scivolare sullo scarno arredamento

che l’ispettore aveva scelto per il suo ufficio e alla fine si decise

ad abbassarlo fino a incrociare gli occhi del superiore.

«Quello che tenete tra le mani è il mio meglio, ispettore» si giustificò

con una punta di stizza. Aveva già affrontato Sulivan due

giorni prima, sopportando senza fiatare lo sguardo severo e il disappunto

dell’ex militare, ma poi era riuscito a convincerlo: le indagini

dovevano necessariamente spostarsi a Londra e così sarebbe stato.

Lui e Buckingham erano partiti in tutta fretta prima che l’austero

Bartholomew Sulivan avesse il tempo di raggiungere Isabella FitzRoy

e di scoprire che la seduta ipnotica non era stata del tutto

priva di imprevisti.

«Il tuo meglio» ripeté Abercrombie. Era magro e anche da dietro

la scrivania si intuiva che la sua era una statura fuori dal comune.

Gli abiti scuri, il volto affilato e le folte favorite grigie che incorniciavano

una testa calva e un mento privo di barba gli conferivano

un aspetto inquietante. A Malcom ricordava un cocciuto cadavere

che per qualche motivo non si rassegnava all’idea di morire. Ma le

similitudini con i morti finivano lì. «Il tuo meglio sembra uscito

dalle pagine di quel lezioso scrittore americano più preoccupato dei

defunti che dei vivi» sbottò.

«Poe?»

«Proprio lui» Abercrombie liquidò la faccenda agitando la mano

e poi si alzò proiettando l’ombra dinoccolata sulle pareti, i foglietti

ancora sparsi tra penna e calamaio. «Quello non è il tuo meglio.

Quelli sono indizi. Io voglio risposte» il Vecchio Abe decise di giocare

a carte scoperte. Le lunghe recite da capo iracondo e mai soddisfatto

non gli si addicevano così come non gli si addiceva lo sfarzo.

Aveva resistito in tutti i modi alle innovazioni iniziate nel 1875

con il trasferimento del commissariato a Whitehall: continuava a

utilizzare lampade a petrolio e il suo ufficio, incastrato nei piani inferiori,

era lontano dalle ali più moderne di Scotland Yard. Faceva

un lavoro difficile ma non gli interessava: a sessant’anni, di cui venti

trascorsi per le strade di Londra, si occupava di affari che nessuno

altro voleva gestire.

«Buckingham ci sta lavorando.»

«A chi appartiene quello stemma? Chi si è infilato nei ricordi di

Isabella FitzRoy? Chi ha scritto quelle lettere prive di senno al vice

ammiraglio e a cosa si riferisce? E perché? Domande, Lefebvre, domande

che ancora Sulivan non si è fatto ma alle quali terrà molto

non appena gli verranno in mente» non aveva nascosto nulla al

Vecchio Abe e la cosa che ogni volta lo sorprendeva era quanto sul

serio l’ispettore prendesse tutte le prove. Anche le più improbabili.

Anche quelle che sfidavano ogni logica razionale. «Ti ho mandato a

Bournemouth per fare una cortesia a un potenziale alleato» aggiunse

Abercrombie mentre si avvicinava alla piccola finestra aperta sulla

piazza, «e tu sei tornato con qualcosa di più. Se si tratta di una

faccenda vecchia di vent’anni non importa. Ma se abbiamo a che

fare con una possibile minaccia» si voltò, le mani dietro la schiena,

le lanterne che stiracchiavano le ombre alle sue spalle, «deve essere

annientata. Viviamo in tempi complicati e l’attentato dell’anno

scorso è stata solo una delle tante prove che ci aspettano. Gli irlan-

desi non mi preoccupano, gli assassini non mi interessano. Quello

che ancora non conosciamo sì. Sai a cosa mi riferisco.»

«Sì» pensò Malcom, «lo so.» La mano corse alla spalla ferita.

«Adesso vai» continuò Abercrombie. «Buckingham tende a distrarsi

e per il momento mi sei più utile con lui che qui. Non sono

gli unici disponibili, vero?» chiese indicando gli schizzi che occupavano

la scrivania.

«Conoscete Buckingham. Ne avrà fatte dozzine di copie.»

«Bene. Li terrò io» la riunione era finita.

«Agli ordini ispettore.»

Malcom si alzò e sentì lo sguardo severo di Arthur Abercrombie

scortarlo fuori dalla porta. Da quando gli uffici si erano spostati ai

piani superiori, quell’ala di Scotland Yard era quasi deserta: intravide

qualche agente incrociare i corridoi più lontani, ma raggiunse

l’uscita senza incontrare nessuno.

«Un po’ di fortuna» commentò mentre si cacciava le mani nelle

tasche. Non gli piacevano gli sguardi degli altri agenti ed era certo

ne avrebbe incrociati parecchi uscendo dalla Back Hall di Scotland

Yard. Ai loro occhi Malcom non era un vero agente bensì un galoppino

agli ordini di un dinosauro come Abercrombie. Lo sopportava,

ma questo non voleva dire gli piacesse.

Quando scivolò oltre le porte della Hall una folata gelida lo aggredì:

faceva freddo a Londra, più di quando avrebbe dovuto. Ma

le basse temperature non erano un antidoto sufficiente alla persistente

puzza della città. La piazza era attraversata da qualche carrozza

e da passanti affrettati che procedevano a capo chino. Come lui

cercavano qualche sentiero in grado di tenerli al riparo dalla ferocia

del vento ma, proprio come lui, erano destinati a fallire. Quelle insolite

giornate di inizio autunno non lasciavano scampo: i tentacoli

ghiacciati delle perturbazioni provenienti dal nord avevano lunghi

artigli in grado di graffiare anche i vicoli più protetti.

Lasciò la piazza e si diresse verso il parco di Saint James non prima

di aver lanciato una lunga occhiata alle carrozze: la tentazione

di raggiungere Buckingham comodamente seduto in un caldo abitacolo

era forte ma sentiva che non sarebbe stata la cosa giusta.

Doveva camminare un po’. Quando oltrepassò Dover House sfilò

una mano dalle tasche per sbirciare l’orologio da taschino. Mezz’ora,

massimo quaranta minuti seguendo il sentiero che costeggiava

il lago. Sarebbe arrivato dall’amico prima che facesse buio.

«Andiamo vecchio mio» si disse, «non può farti che bene» e accelerò

lasciando che i suoi passi trascinassero i pensieri verso i territori

scivolosi della speculazione.

Punto primo: era quasi certo che Abercrombie avesse già piazzato

qualcun altro su quella faccenda. Altrimenti perché tenere gli

schizzi? Durante i primi anni al servizio del Vecchio, Malcom aveva

capito che l’ispettore non lasciava niente al caso. Lui e Buckingham

non erano gli unici agenti con incarichi speciali anche se, di questo

era certo, occupavano il primo posto nella personale lista dell’ispettore.

Più volte si era chiesto come facesse Abercrombie a mantenere

ancora in vita l’unità della quale era a capo ma poi aveva rinunciato:

si trattava di un terreno di gioco del quale non capiva e non voleva

capire nulla. Scotland Yard stava cambiando in fretta e così anche

le abitudini dell’intero Regno. La corrente elettrica era solo la

prima delle nuove meraviglie e tutto sembrava andare in un’unica

direzione: razionalità e tecnologia avrebbero cancellato le scomode

eredità di un antico mondo occulto del quale sempre meno persone

erano a conoscenza. Alchimia, mesmerismo, rituali magici. Tutte

cose che i giovani e rampanti commissari di Scotland Yard, così

come i nuovi lord del parlamento, rifiutavano a priori. Tutte cose

che per uno abbastanza coraggioso da toccare con mano i poteri dei

regni sotterranei, e Abercrombie lo era, rappresentavano l’unica minaccia

valesse la pena contrastare.

“Un ladro è un uomo disperato. Un assassino è un ladro disposto

a tutto” diceva sempre più spesso il Vecchio Abe. “Ma nessuno

dei due sopravvive alla forca. Ci sono altre cose che non hanno la

stessa decenza”.