La famosa invasione dei dischi volanti su Bassavilla [Il Superstite 393]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Il mio grande e defunto amico Carlo Fenaroli – una batosta la sua morte improvvisa da cui ancora non mi sono risollevato – una volta mi regalò una perla delle sue sull’alessandrinità.

Carlo era ligure, trasmigrato in terra mandrogna da bambino, quindi dotato di un bel mix caratteriale, ondivagante tra il cinismo esistenziale e la rude praticità del basso Piemonte. Quando gli capitò di rivestire il pubblico ruolo di assessore alla cultura, discutendo con me di possibili iniziative da attuare in città, mi disse ciò: «Se ad Alessandria atterra un disco volante in Piazza Garibaldi e ne scende un marziano con le antenne, la prima cosa che succede è che gli si avvicina un vigile, gli chiede i documenti e la patente cosmica, intimandogli infine di spostare il mezzo perché intralcia il traffico di chi deve posteggiare».

Niente affatto greve o surreale la lunga battuta, ma invece una quasi perfetta fotografia del periodo di riferimento. Carlo infatti rivestì la carica nel decennio degli anni Ottanta con una città quanto mai diversa da quella attuale e di sicuro potrei dilungarmi sulle differenze, direi proprio sostanziali, tra i tempi di ieri e il 2018, se non fosse per il fatto che scantonerei di brutto dal tema in oggetto… che sono proprio i dischi volanti e Alessandria, con l’ovvio riferimento alla bella iniziativa in atto sino al 30 settembre al Museo della Gambarina.

Parlo certo de La famosa invasione dei dischi volanti su Bassavilla, ordita e messa in atto da quel personaggio unico (e alessandrino) che si chiama Paolo Toselli, un autentico esploratore dell’inconoscibile non solo galattico il cui valore dovrebbe essere un giorno o l’altro pubblicamente riconosciuto e certificato da chi di dovere soprattutto qui tra le patrie mura, visto che all’estero i lavori di Paolo impazzano senza difficoltà.

Nel momento in cui sto scrivendo, non ho ancora visto la mostra appena inaugurata, ma avendone visionate altre del Toselli, so bene come l’uomo sia assolutamente abile nel dare corpo a soggetti (e oggetti) che corpo non hanno, giungendo nel 2010 a organizzare una mostra, indimenticabile e sempre alla Gambarina, sulle Leggende Metropolitane, quanto di più incorporeo ed etereo si possa supporre dal momento che le mostre, per definizione, devono basarsi su “reperti”. Ma so bene che Toselli, dotato di diabolico potere evocativo dietro quell’aria da eterno Clark Kent, è in grado di agganciarsi da par suo ai meccanismi profondi che attivano l’immaginario, quel reame patrimoniale che per fortuna gli orrori attuali non sono ancora in grado di scalfire. Persino il titolo da lui escogitato per la manifestazione è una sorta di mantra in grado di funzionare come messaggio in codice per mettere sul chi-va-là il visitatore: parole come “famosa” e “invasione” vanno dritte allo scopo di agganciarsi a un’attualità beneaugurante, laddove esistono da un lato un’Alessandria che da lustri ci prova a proiettarsi – anche per effettivi ritorni pratici ed economici – in una dimensione di notorietà soprattutto turistica e dall’altro un’invasione che la maggior parte degli alessandrini reputa con una certa rassegnazione decisamente più sinistra di quella degli alieni.

Ma anche l’arcaica terminologia “dischi volanti” al posto della sigla UFO racconta qualcosa, soprattutto sull’infanzia di questa materia (sulla quale, non lo si dimentichi, esistono in tutto il mondo chilometri di documentazioni, interessandosene per ovvi motivi in primo luogo gli apparati militari) e sull’adolescenza di chi, come Paolo e gli amici del CISU (Centro Italiano Studi Ufologici) si è consacrato allo studio e all’indagine.

E infine c’è Bassavilla, ovvero il mio nom de plume a un’Alessandria fantasticata tra sogno e incubo che l’incredibile velocità dei cambiamenti socio-antropologici degli ultimi anni ha ormai delegato, secondo me, a essere più “vera” di questa città quasi sconosciuta in cui mi ritrovo a vivere: per capirci – ma tornerò sull’argomento – una città molto deprivata della sua “alessandrinità”.

Un titolo quindi che, nella sua intelligente complessità, getta una luce “fantastica” su una disciplina che per decadi ha tentato di trasformarsi in realismo niente affatto magico e che oggi si ritrova sospesa in una dimensione tutta sua, tra il possibile, il desiderio, la manipolazione tecnologica di certe imposture grafiche abbondanti in Rete e molti, interessanti, fenomeni di allucinazione percettiva anche corale.

Ne fa fede lo stupendo manifesto, un vero pezzo da collezione, ideato e realizzato per la mostra da Franco Brambilla, grande illustratore celebre per le copertine di Urania, in cui vediamo un melting pot illustrato e ambientato in Piazza del Duomo con cittadini e alieni a spasso, UFO in volo e a terra, un’astronave madre in volo tra le nuvole sopra la cattedrale.

Termino in modo simmetrico tornando a Carlo. Di lui, morto all’improvviso in una notte di marzo, non sono rimasti che un mare di libri che parenti e amici comuni hanno raccolto in un mare di scatoloni, pregando me e altri bibliofili di alleggerire il carico prima di fare proposte a enti pubblici che in questo periodo sembrano non gradire lasciti di questo genere.

Mi sono molto commosso nel constatare che Carlo possedeva una buona parte di quelli scritti da me e nel particolare i libri della trilogia di Bassavilla (Le cronache, Il ritorno e Le maledizioni) posizionati l’uno accanto all’altro. Magari pure lui da tempo, pur essendo divenuto un pragmatico padano, fantasticava di tanto in tanto di un’Alessandria irreale in cui ambientare “famose invasioni”. Chissà com’è, arrivano i 70 anni e volgi lo sguardo in alto sperando che ci sia vita…