La sindrome da inceneritore

La 'patata bollente' dei rifiuti alessandrini: per Aral un commissario fino ad ottobre? CorriereAl 2Ci sono alcuni atteggiamenti umani che mi portano a pensare che una particolare sindrome stia diffondendosi, quasi come una malattia della mente, in sempre più larghi strati di persone che non leggono altro che i messaggi imperversanti sugli smartphone e poche altre cose, senza saper distinguere le notizie vere dalle notizie spazzatura.

L’informazione scorretta sta diventando il problema numero uno, poiché è dall’ ampiezza delle informazioni che dipenderà sempre di più la scelta del tipo di vita che vorremmo impostare, coinvolgendo il futuro delle prossime generazioni.

Prendiamo per esempio il problema dello smaltimento dei rifiuti domestici e degli scarti industriali. Per anni ci è sembrato normale smaltirli o sotterrandoli alla bell’e meglio oppure incenerirli. Poi abbiamo visto che qualcuno aveva trovato più conveniente tentare il recupero di una sempre più alta percentuale di materie utili come il legno, il vetro, l’alluminio ed i metalli ferrosi, la carta ed il cartone. Dove l’hanno fatto con giusta cognizione, hanno pure ricavato un tornaconto spalmabile sulle tariffe a vantaggio degli utenti.

Ha fatto impressione la notizia riportata dalla televisione sulle percentuali di raccolta differenziata vicine al 90% registrate in zone delle province di Treviso e di Belluno, dove pare ci sia un paese che addirittura progetta di arrivare in brevissimo tempo al 97%.

Ma non c’è soltanto il Veneto agli onori della cronaca, perché anche molte zone dell’Emilia, come la provincia di Modena o in provincia di Salerno i paesi del Cilento, hanno da tempo superato l’80%.

Nel contempo Genova si è fermata al 12% anche perché trova più comodo scaricare da noi le sue schifezze (è cronaca di ieri nello scandalo ARAL), per non parlare del 6% di Palermo e della situazione penosa e vergognosa di due città simbolo dell’italianità come Roma e Napoli.

Il problema più grosso da noi in Alessandria pare debba essere quello della plastica e degli ingombranti, tant’è vero che, forse per copiare da Napoli, abbiamo tentato già un paio di volte la soluzione del rogo per liberarci notte tempo di qualche centinaio di tonnellate di robaccia sperimentando il sistema dell’inceneritore fai da te da tempo in uso nel napoletano.

Ma, pazienza, noi di Castelceriolo siamo ormai abituati alla tolleranza ed addirittura qualcuno di noi, per fortuna sempre di meno, nelle discussioni che si fanno al caffè o in piazza, crede ancora ai discorsi di chi sponsorizza gli inceneritori come la miglior soluzione. Dicono che così si brucia tutto e non ci si pensa più ed anzi si ricavano un sacco di soldi ottenendo energia a basso costo.

Anche questa è una bufala colossale e finalmente abbiamo scoperto chi faceva un sacco di soldi con l’inceneritore di Brescia, da dove poi è partita l’inchiesta che ha coinvolto anche i responsabili di ARAL e stiamo ancora aspettando le conclusioni dell’inchiesta avviata.

Speriamo che nel frattempo la Magistratura non venga interessata da qualche riforma di tipo “ungherese” che la inchiodi al servizio del potere esecutivo o venga convinta a lasciar perdere in omaggio al potere del popolo che, in quanto sovrano, ha il diritto di scaldarsi come vuole, anche con qualche inceneritore in più.
Qualche anno fa, forse per convincere quelli più scettici come me, trovarono il modo di confondere il significato delle parole chiamando termovalorizzatore quello che prima era un inceneritore, ma resta sempre il fatto che per bruciare la spazzatura occorre molta energia in partenza, sotto specie di gas metano o gasolio, dal momento che la spazzatura da sola non brucia, ma fa solo un gran fumo.

Adesso, da quando è entrato a pieno regime l’inceneritore di Torino, che appartiene alla società Iren, la stessa che aveva già fatto tempo fa alcune avance per acquisire l’AMIU di Alessandria in difficoltà finanziarie, pare che non sia più necessario progettare altri inceneritori in Piemonte perché altrimenti a quello di Torino verrebbe addirittura a mancare la materia prima.

I soliti tifosi del sistema dell’annientamento mediante il fuoco purificatore (non è casuale che anche per lo smaltimento delle salme sia diventato di moda in sistema dell’incenerimento e forse presto o tardi anche noi dovremmo rassegnarci a “passar per il camino” come sta scritto nel famoso romanzo di Vincenzo Pappalettera), quelli appunto del fuoco dicevo, non capiscono che nel frattempo le tecniche della selezione e del riciclaggio sono progredite tantissimo e che dalla plastica ad esempio, purché selezionata correttamente in partenza, si possono ricavare tanti prodotti finali di valore, come tessuti e fibre di ottimo livello, mentre con quella meno pura e selezionata si possono fabbricare traversine ferroviarie oppure pavimenti autobloccanti che non hanno nulla da invidiare al cemento.

A San Maurizio Canavese c’è una ditta che produce un tipo di autobloccanti col marchio PARIEK adatto per ogni tipo di utilizzo, dai parcheggi anche per mezzi pesanti, vialetti e isole pedonali, piste ciclabili e aree di giochi per bambini.

A Castel San Pietro in provincia di Bologna è stato appena inaugurato un grande stabilimento della società Bio-On che, oltre a trattare la melassa di barbabietola, gli scarti di frutta e patate e tutta una serie di altri carboidrati, ha impiantato un sistema altamente innovativo per produrre bioplastica attraverso il recupero degli scarti di olio alimentare.

Pare infatti che di questo materiale altamente inquinante per le falde superficiali dell’acqua ce ne sia nel mondo una quantità enorme, specialmente in quei paesi come l’America dove si fa largo uso di fritture. Si parla di circa un miliardo di litri al giorno di oli esausti.

Tutte queste buone notizie ovviamente rischiano di mandare in crisi le certezze di coloro che amano incenerire, a cominciare da quei noti maitre-à penser che fino a poco tempo fa erano periodicamente invitati a Radio Voce Spazio o a Tele Radio City a dire la loro su discariche e inceneritori, o coloro che dispensano voti a tutto campo sui magazine on line e contro ogni evidenza magnificano ancora la soluzione dei cassonetti stradali invece della raccolta porta a porta dei rifiuti.

Se la direzione del recupero dei materiali prende la strada decisa verso una modernità che possiamo per ora solamente intravvedere, gli inceneritori non valorizzeranno più un bel niente ma al massimo serviranno ancora per smaltire quel 10-20% che purtroppo non sarà possibile riutilizzare anche a causa della maleducazione di chi trova più comodo buttare tutto in maniera sconsiderata.

Purtroppo l’atteggiamento di queste persone è tuttora favorito anche dalla complicità di chi ha la responsabilità della gestione di impianti come AMIU e ARAL che si lasciano andare a dannose dichiarazioni circa l’inutilità della selezione della plastica perché di fatto al momento tutto finirebbe comunque in discarica o all’incenerimento.

Non dicono però la vera causa per cui importiamo immondizia anche dalla Liguria e da altre parti dove in fatto di selezione sono indietro di decenni (pure in città molto “in” come Alassio).
Ricevere la roba da fuori magari rende anche in termini di moneta ma non ci fa certo progredire, anzi ci obbliga pure a pagare le multe previste per chi non raggiunge i parametri comunitari.
Se ci liberassimo almeno della “sindrome dell’inceneritore” e ci sforzassimo di educare a fare il bene comune senza pensare a ritorni elettorali forse sarebbe una grande conquista.

Timo Luigi – Castelceriolo