Lo spettro 1 [Il Superstite 391]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

 

Cristiano – nome di comodo – era ventenne quando morì in un tragico incidente stradale accaduto in periferia ad Alessandria. Gli anni sessanta volgevano al termine e si sentivano nell’aria i segni di un cambiamento radicale: la musica, l’abbigliamento e un sociale fremente e inquieto. Cristiano guardava il futuro con la convinzione che la sua sarebbe stata una vita importante. Invece morì, sbalzato dal sellino posteriore di una moto. Morì mentre amava la vita, la sua ragazza, i genitori, gli amici e i giubbotti di pelle. E soprattutto la sua casa.

Cristiano fu sepolto lontano, nella terra d’origine al sud. La sua casa, in pieno centro, venne data in affitto. Per molti anni, ci sono transitati un po’ troppi affittuari, per una media sorprendente. Una famiglia traslocò semplicemente di piano.

Nella storia che conosco io ci sono un padre, una madre e due figli, un maschio e una femmina poco più che diciottenni che studiano mentre i genitori gestiscono un’attività commerciale. Siamo a metà degli anni ’90 del secolo scorso. Un mese dopo essere entrati nel nuovo alloggio, il ragazzo sta facendo la doccia quando scorge, oltre il vetro annebbiato dall’umidità, una figura seduta sulla panca appoggiata alla parete.

«Accidenti, chi è? I miei devono aver lasciata aperta la porta d’ingresso e forse è entrato un vagabondo».

Pensiero legittimo ma, tanto per intenderci, il giovane è un muscoloso marcantonio di un metro e ottanta più incline a intimidire che a farsi spaventare. Fa scorrere il ripiano di vetro e, tra i fumi del vapore, scorge un ragazzo della sua età all’incirca, vestito con un giubbotto di pelle e lo sguardo tristissimo. Sta per chiedergli spiegazioni sentendosi anche pronto alla lotta, quando quello lo precede dicendogli con voce roca e tono mite: «Non avere paura. Una volta abitavo qui. Amo questo posto, mi permetterai ogni tanto di tornarci?».

Senza una spiegazione logica il figlio dei padroni di casa si sente rizzare i capelli in testa per la paura. Si volta quindi per afferrare un accappatoio perché nel frattempo si rende conto di starsene nudo di fronte a un intruso sconosciuto, ma quando torna con gli occhi alla panchina, questa è vuota.

Si lancia in corridoio, supponendo che il tipo se ne stia tornando verso l’unica via percorribile. Ma non vede nessuno e la sorpresa degenera in panico quando constata che la porta di casa è perfettamente chiusa. Per entrare devi usare le chiavi e nessuno può essere uscito nei pochissimi secondi tra l’uscire dalla doccia e raggiungere l’ingresso. Comincia allora, frastornato dall’ira e dall’incredulità, a ispezionare la casa, un vasto appartamento di sei stanze in cui magari ci si può nascondere. La casa però è deserta e in perfetto ordine. Solo nella camera della sorella avverte un particolare al quale lì per lì nessuno ha dato importanza: fa freddo, troppo freddo per essere giugno inoltrato. Ma forse sarà per il fatto che quella stanza è meno esposta al sole di altre.

Il ragazzo si veste in fretta e furia e raggiunge la madre in negozio. La donna lo vede arrivare pallido come un cencio e, al suo racconto, decide di concretizzare una ricerca che ha in animo di compiere sin dal primo giorno di vita in quella casa. All’indomani durante la pausa pranzo si reca dalla vicina al piano sotto che ha vissuto per diversi mesi nel suo stesso alloggio, chiedendole senza preamboli se ha mai notato qualcosa di strano durante la sua permanenza al piano di sopra.

La coinquilina dapprima nicchia, poi ammette: «Noi no, ma la piccolina ci raccontava sempre del suo amico che andava a trovarla in camera da letto. Cosa vuole, oggi ha sette anni.»

«Quale camera?»

«Quella più in ombra, la più fredda. Più volte ho accostato l’orecchio sentendola chiacchierare. Ma non ci ho fatto caso più di tanto. Ancora mi dice che da grande vuole fare l’attrice. In ogni caso il suo amico invisibile lo chiamava Cristiano.»

Una luce si accende nel cervello della donna che abita al piano di sopra, un groviglio di dati e notizie che giace sepolto nell’inconscio, forse un oscuro riferimento a un avvenimento di tanti anni prima.

Lo stesso pomeriggio telefona all’agenzia dalla quale ha preso in affitto la casa e chiede:

«So che su questo dato esiste la clausola della riservatezza, ma potete dirmi a chi appartiene la casa? Non sono una piantagrane.»

Silenzio dall’altra parte per qualche secondo di troppo. Poi un uomo le risponde con un tono che vuole essere rassicurante ma che in sottotraccia esprime più che altro rassegnazione:

«Perché vuol saperlo, signora?»

La donna è sorpresa, non tanto perché il titolare ha appena risposto a una domanda con un’ulteriore domanda, ma perché non sembra stupito più di tanto dalla curiosità della cliente. Ma, al di là della sorpresa, è decisa ad andare sino in fondo. Ne vanno di mezzo la serenità, la famiglia e i figli, e anche quella casa che le piace molto e che paga ad un salatissimo affitto.

«Insisto. Chi sono i padroni della casa in cui viviamo?»

 

– continua –