Sanità alessandrina, tempi di attesa ‘biblici’ per oculistica: vi racconto la mia Odissea

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di Graziella Zaccone Languzzi

 

 

Raccontare le mie personali avventure o disavventure sanitarie ha lo scopo di puntare il dito sulla gestione sanità: e se ringrazio quando funziona, critico anche senza sconti l’ incapacità di farla funzionare.

La solfa in Regione Piemonte ogni volta che cambia il colore politico è che mancano i soldi, spesi male da chi c’era prima. Così a pagare è sempre chi ha necessità di un corretto servizio sanitario, ma ci siamo stancati. Chi non è in grado di amministrare bene questo delicato settore faccia a meno di candidarsi: la politica deve cambiare, ci vogliono persone esperte nei settori che vanno a governare, e nella sanità locale quando ci sono lamentele chi ha in mano il “pallino” gestionale di un’ASO o di una ASL dovrebbe verificare cosa non funziona.

Parto da qui. Regione Piemonte Sanità: “Entro l’autunno piano per ridurre attesa per esami e visite”

Ci viene raccontato per l’ennesima volta che per la sanità alessandrina ci saranno migliorie previste per le visite dermatologiche, oculistiche, gastroenterologiche e per gli esami ecocolordoppler, ecografia addome, mammografia e spirometria…bla bla bla, quanta grazia S. Antonio diceva una mia vecchia zia!

Da parte mia per l’ennesima volta: ma chi ci crede !!! Nei trascorsi quattro anni assessorato, commissione, direzione hanno fatto solo proclami sulle liste d’attesa, ma la situazione ad esempio in oculistica è tragica da sempre. Ad Alessandria esistono ormai leggende popolari sui tempi per un intervento di cataratta, e in questo momento ne sono vittima a livello famigliare, e sto sperimentando con mano.

Perché questo? Mancano forse medici per realizzare interventi piccoli o più importanti in una giornata lavorativa? Oppure: i medici sono part time tra pubblico e privato?

Il Servizio Sanitario Nazionale è ancora sostenibile, e come? Il sistema salute al centro di un dibattito alessandrino CorriereAl 1

Parliamone. Attorno al 10 luglio mi trovo una palpebra gonfia che reca fastidio. Penso alla puntura di un insetto oppure ad un orzaiolo. Mi reco in farmacia e mi viene consigliato un collirio adeguato alla situazione. Dopo alcuni giorni invece di migliorare peggioro, l’occhio è chiuso e fa male e sabato 17 luglio mi reco al Pronto Soccorso. Vengo visitata e si riscontra un edema palpebrale superiore. Mi viene consigliato una terapia di antibiotici perché rischio il rigonfiamento anche dal lato volto, ed un unguento antibiotico per una settimana, poi di farmi rivedere.

Non succede nulla anzi, dolore e bruciore e un occhio fuori uso. Vado dal medico per una impegnativa perché mi necessita una visita urgente e mi presento il 24 in oculistica, e da lì mi spediscono al CUP. Conosco la nomea di oculistica, e i tempi di attesa: per la visita ci vorranno alcuni mesi, se si è già stati in reparto una prima volta, quindi allo sportello di oculistica mi arrabbio e utilizzo toni duri.

Le responsabili dello sportello, forse non abituate a ricevere proteste, mi guardano manco fossi uno di quei personaggi mostruosi creati da Steven Spielberg, ma con quell’occhio potrei anche assomigliarci. Mi reco al CUP e brontolando ottengo una visita per il giorno dopo, il 25 luglio alle ore 17.00. Vengo visitata e il referto è: “calazio palpebrale superiore os. Organizzato in granuloma”. La cura è: impacchi di camomilla tre volte al giorno, unguento antibiotico i primi dieci giorni per tre mesi e programmare asportazione chirurgica in regime ambulatoriale del calazio.

E’ il 25 luglio, ho un occhio gonfio semichiuso che fa male, brucia o prude. La dottoressa che mi visita fa la previsione di intervento: dopo dicembre 2018. Mi sale la pressione sanguigna dalla rabbia e ‘apro un libro’ sull’ organizzazione che ritengo assurda, sulle tempistiche, poi passo al malgoverno regionale sulla sanità.

Il medico e il personale che ho di fronte non hanno colpe, devono adeguarsi molto probabilmente alle regole organizzative del reparto e ai protocolli dettati si suppone da regole regionali. Quel giorno stesso cerco di ‘portarmi avanti’, viste le tempistiche, e ritorno dal medico di famiglia per l’impegnativa per l’intervento futuro.

Caro Assessore Saitta, se 4 ore di attesa per una prenotazione e 4 mesi per una visita in ospedale per lei sono normali.... CorriereAl

Il giorno 26 luglio mi reco allo sportello per prenotare l’intervento, chiedo la data tanto per sapere, ma mi dicono che non hanno il registro degli interventi dal 1° gennaio 2019. Non dico più nulla, a che serve litigare con delle povere “criste” messe lì incolpevoli a beccarsi ogni improperio, fa caldo e visto che di risolvere la situazione a breve non se ne parla parto per la campagna, ma so già cosa farò al mio primo rientro in città a settembre.

Da qui inizia una concausa della questione che vale per tutti: gli antibiotici con il ticket li passa il sistema, il resto si paga a prezzo pieno. Alla fine grazie alla lunga attesa tirando le somme spenderò una cifra considerevole, oltre al disagio e suppongo al rischio per il mio occhio.

Posso permettermelo, ma chi non può? Invece di litigare agli sportelli sarei potuta rivolgermi privatamente ad uno dei medici ospedalieri, con una parcella che potrebbe andare da 150 a 200 euro, forse e dico forse avrei avuto più attenzione. Oppure la proposta dell’immediato intervento a pagamento in una clinica privata, ma sono stufa di pagare visite private ogni volta che in famiglia subentra un problema di salute, questa volta voglio vedere a che punto si arriva.

Ma ecco una telefonata dal reparto di oculistica, alleluia: il giorno 7 agosto alle ore 17,50 ricevo una telefonata che mi comunica la data e l’ora dell’intervento: 8 gennaio 2019 alle ore 16.00. Parenti e amici mi dicono che ho avuto una fortuna pazzesca. Sarà, ma intanto l’occhio mi dà fastidio, la palpebra è rossa, gonfia con quel “puffo” nonostante gli impacchi di camomilla, l’unguento e un antibiotico.

Al mio rientro chiederò un incontro tramite richiesta al protocollo URP/ASO con il nuovo Direttore Generale, Dott. Giacomo Centini, e spero di essere ricevuta prima dell’8 gennaio 2019. Mi presenterò con il mio occhio gonfio e chiederò un suo parere, non lo faccio solo per me ma per tutti i senza voce che ha differenza mia sono timorosi, si rassegnano, subiscono o aprono il portafoglio.

Per la sanità in generale e nel nostro Ospedale alessandrino qualcosa deve cambiare sulle lunghe liste di attesa. Basta con le promesse, ce ne hanno già fatte a iosa e io le ho messe insieme. Basta prenderci in giro.

Fra nove mesi ci sono le elezioni regionali, auspico un grande cambiamento di volti giovani e nuovi nei vertici politici, e che ci siano le persone giuste al posto giusto. Nella sanità la parte politica vada ad un medico, già la parte direzionale, quella che taglia e toglie, è composta da burocrati.

Infine: si è perso troppo tempo a programmare l’accorpamento di ASO/AL e ASL/AL, progetto inviso e criticato anche da alcuni medici. E intanto la priorità rimane la carenza di persoale. Come evidenziato dal consigliere regionale Walter Ottria: “Serve un decreto urgente del Governo su numero chiuso e mancanza borse di specializzazione a Medicina”.

Non si chiede la luna, ma di correggere decisioni governative sbagliate nel 1997 da un governo anomalo che si trascinò faticosamente per una intera legislatura.