La grande notte di Leo [Il Superstite 388]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Una notte alessandrina nel marzo del 1994. Fredda, silenziosa e deserta, corso Roma sembra la via centrale di una città colpita da una bomba al neutrone. Sono le tre del mattino – o le tre di notte per quelli che ancora devono rientrare – e i normali, quelli che tra un po’ si alzeranno, stanno ancora dormendo. Ad Alessandria nel ’94 forse sono quasi tutti normali.

Dal punto di vista di Leo esiste una minoranza qualificata di anormali, tiratardi per vocazione, amanti delle tenebre e della luce artificiale, disadattati, frequentatori di rincuoranti compagnie e appassionati di musica e cucina notturna, tipo spaghetti a mezzanotte.

Leo ama gli anormali, più veri e più umani. Certo, a ragionarsela bene, ne converrebbe che, se non fosse per questa menata del lavoro, gli anormali sarebbero ben più numerosi. Ma Leo procede d’istinto: la prima valutazione è quella che conta.

Soprattutto per lui pesa l’essere nato in un paese della Riviera Ligure, bellissimo, arroccato, notturno come pochi se l’aggettivo ha un senso. Dove la vita ha un altro ritmo e un altro tempo, dove quelli come lui sono tanti e la notte è bella, soprattutto se ti stravacchi su un muretto ad aspettare l’alba. Un paese dove gli anormali sono i normali e i normali, di quella categoria lì, non esistono.

Quando l’hanno trasferito in Alessandria, la mancanza più bruciante è stata proprio quella dei suoi pari: gente con le orecchie lunghe che sa ascoltare, amanti del buon pesce, simpaticoni senza orario e senza bandiera. Il primo impatto i grigi mandrogni è un ricordo ancora traumatico: sì, d’accordo, vive in corso Roma e per questo molti alessandrini lo invidiano, ma laggiù a picco sul mare la gente sorride e si ferma a guardare il cielo.

Questi invece sempre di corsa, un po’ tristi e anche sfottò e di un moralismo degno dell’epoca vittoriana: Leo ne ha sentito uno proprio oggi bestemmiare pesantemente (bestemmia sussurrata e ipocrita) dietro a una bellissima e giovane ragazza in minigonna.

Il tipo stava con la moglie e, profferito il moccolo con la doppia “erre” del rotacismo, ha borbottato con lo spigoloso accento della zona «Fanno bene a stuprarle». Tutta invidia, quel che non si può più avere per sorpassati limiti di età, lo si deve odiare.

Notte silenziosa e deserta, dicevamo. Soltanto che Leo si trova al di qua, chiuso in un cortile da cui non può uscire, solo perché non ha le chiavi del portone. Per fortuna esiste il suo punto di vista: uno di quegli “anormali”, che lui trova tanto simpatici, da un momento all’altro aprirà la porta per rientrare. «Se mi nascondo in un angolo buio» pensa Leo «lui non mi vede e, mentre va a posteggiare, io me la svigno».

L’attesa è lunga, soprattutto quando gli anormali stanno in buona compagnia, discutono di politica e strimpellano chitarre. Ma alla fine la pazienza la vince e si odono in successione il motore di un’auto in arrivo, il rumore di un freno a mano tirato e passi frettolosi sull’asfalto.

Il portone si apre, disegnando nel vano una figura familiare che poi risale in macchina. Leo si appiattisce contro un muro e l’auto gli sfreccia a pochi centimetri dal naso, raggiungendo il centro del cortile.

È il momento: Leo fa due balzi ed è in corso Roma. La “vasca”, minigonne e benpensanti, libertà e paura, e stanotte ci sono anch’io, anche se non è un momento di calca. Però al suo capolavoro manca un tassello: adesso che si trova nel cuore ufficiale della città, non deve farsi scoprire proprio quando sta assaporando il dolce sapore di una notte primaverile.

Allora corre in direzione della chiesa all’angolo con via Legnano per nascondersi dietro a un furgone. «Perché, se lui mi vede, addio notte brava. Mi chiude in casa e, anche se c’è un bellissimo balcone fiorito, non è che il mondo visto dal primo piano sia il massimo. Soprattutto se quelli che passano di sotto sussurrano bestemmie dietro le ragazze in minigonna».

Tutto procede liscio. L’amico nottambulo, un po’ provato dalla serata conviviale, chiude il portone.
Adesso tocca a Leo. Eccolo sgattaiolare fuori dal nascondiglio, guardarsi attorno e puntare dritto verso l’imboccatura che da via Legnano conduce in via Trotti.

Caro Leo, non hai fatto i conti con Billy Nolan. Un personaggio inventato da uno scrittore americano che qui da noi si chiamerebbe Stefano Re. Un cerebroleso che tutte le notti guizza fuori dalle pagine di un romanzo e prende vita sulle strade di tutto il mondo, obnubilato dai mille decibel di musica sparata dalle casse del suo stereo. Con la sua macchina da tamarro, famosa nel quartiere per avere il parafanghi più insanguinato di tutte le altre.

Perché Billy Nolan è il più bravo a stendere sotto le ruote i soggetti a rischio come te, amico gatto.
Ti troveranno il mattino dopo dietro le maglie della serranda di un negozio in via Legnano. Senza un’apparente ferita. Perché Billy Nolan è un killer professionista e riesce a farti secco senza far danni esterni.

Faranno di tutto per salvarti. Ma tu, prima di attraversare il ponte, ne concludi che ne è valsa la pena. E il tuo grande amico che ti ha spalancato la porta, pur nel dolore è d’accordo con te.

Il guaio è che Billy è sempre in giro. Ancora oggi, nel 2018.