Grigi: “sì, sono incinta.….ma non troppo”

Grigi: dal libro Cuore alla tragedia del Poseidon CorriereAldi Jimmy Barco
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Non ho mai amato Indro Montanelli ma, ogni tanto, la cosa giusta la diceva. Come, a proposito degli italiani, quando li definiva  “un popolo di rivoluzionari, ma solo con i Carabinieri al fianco“. La storia ci ha però insegnato che la rivoluzione bianca o indolore non esiste, neanche quella sessuale.

Rivoluzione quindi, per essere vera rivoluzione, porta con sé lacrime, sudore e sangue. Diversamente é “rivoluzione all’amatriciana”, ma con i bucatini i problemi sul tappeto non saranno risolti e ci si limiterà a trovare vittime fra i vinti.

Servono le rivoluzioni? A volte sì, pure nel calcio. Si presentano a volte momenti nella vita di un club, di una presidenza o di una Federazione nei quali bisogna resettare, sparigliare, rivoltare la struttura tecnica e sportiva come il calzino della befana e ripartire con altre logiche, altri uomini, energie ed esperienze diverse. Operazione dolorosa, perché si butta a mare anche tutto ciò che sembrerebbe funzionare. Il presidente dei Grigi Di Masi, a fine stagione e dopo un lustro saldo sulla tolda di comando, ha dichiarato di voler dare un’inversione di tendenza decisiva alla linea di gestione della Società.

Dico io: dopo cinque stagioni il buon Luca credo si sia fatto un’idea precisa di cosa sia questo strano universo chiamato calcio, e del pianeta C in particolare. Per fare ciò ha confermato come DS Cerri, il quale ha ricoperto il ruolo negli ultimi mesi rimasto vacante dopo la fuga di Sensibile, gli ha affiancato un giovane di studio (Soldati), il quale potrà dimostrare se in società ha imparato qualcosa nelle stagioni precedenti, che lo hanno visto vagolante in ruoli senza responsabilità, oppure se è solo una testa dura come alcuni sostengono.

Infine Di Masi ha scelto un allenatore di poca esperienza, ma che le sue cartucce in carriera (solo due fin qui) le ha usate bene.

Il problema è che l’Alessandria non arriva dalla D, bensì da tre diverse gestioni sportive (Menegatti, Magalini e Sensibile: per un totale di sei stagioni) durante le quali ognuno dei prodi citati tra parentesi ha riempito i magazzini di merce (leggi contratti di giocatori) senza la minima attenzione non solo ad una logica sostenibilità aziendale ma, a volte, neppure alla ragionevolezza.

E, soprattutto, questi tre fenomeni hanno comprato giocatori vecchi con contratti lunghi e onerosi, per cui ora di fatto incedibili, e si sono ben guardati dall’affrontare la vera difficoltà per un DS, che è piazzare la propria mercanzia.

Gettando un pietoso velo sul rapporto costi/risultati sportivi raggiunto con questa politica, adesso ci troviamo, come da lustri, con il negozio stracolmo di vecchi arnesi.
Alcuni di essi sono ancora in decente spolvero, ma dotati di un accollo contrattuale automatico talmente esoso che ne fanno comunque articoli fuori tempo e fuori prezzo.

A dirla tutta negli anni questa politica discutibile piaceva e ha fatto comodo a tutti: alla piazza e quindi ai giornalisti di riferimento, a certi procuratori, agli sponsor vecchi e nuovi, ai giocatori che venivano qua a firmare contratti con annesso vitalizio e, sicuramente, alla struttura, con in testa Di Masi.

E’ vero, poteva finire meglio, almeno dal punto di vista dei risultati sportivi: ci è mancato poco per arrivare in cadetteria, ma la spocchia del primo della classe, un’incapacità cronica di leggere i momenti difficili con saggezza unita alla fifa di non farcela ha fatto il resto, e la Dea Eupalla ci ha detto no.

Il presente è storia di oggi, assolutamente in linea con quello che è stato, e ormai ha preso la deriva del non ritorno.

A chi è rimasto il cerino in mano? Ma a Cerri naturalmente, il quale mi pare che, dentro l’organigramma tecnico sportivo, sia l’unico ad avere i concetti, l’esperienza, gli strumenti professionali e i rapporti per tentare di portare a termine in due mesate un’operazione complessa come questa totale ristrutturazione dell’organico.

Inoltre, e non lo invidio, lo aspetteranno tutti, dentro e fuori, con le armi spianate per imputargli scelte che, per la maggior parte, sono state invece scelte obbligate.

E se, come abbiamo visto, le rivoluzioni non possono essere lasciate a metà, a lui toccherà la doppia vesta di Robespierre e del boia addetto alla ghigliottina.

Per tutte queste cose che ci siamo detti oggi, e siamo a metà luglio, parlare di organico, di obiettivi sportivi, di moduli, di terzini e mezze punte non solo è immorale ma è inutile.

Chi ne parla, e sono tanti, lo fa perché di questo sport non ci ha ancora capito una mazza, e non intende far nulla per dimostrare di non essere quello che è: cioè un’emerita testa di minchia che, spandendo fango nel ventilatore, si illude di poterne trarre dei vantaggi.

Il problema è che Cerri un giorno o l’altro se ne andrà come tutti gli altri DS, mentre certe zucche vuote e pure cattive continueranno a rompere gli zebedei qui da noi, perché nessuno ha il coraggio e l’autorevolezza per zittirle. Ad maiora.