Calcio, donne e Var [Il Flessibile]

 CorriereAldi Dario B. Caruso

 

Inutile dire che non siamo fatti per fare tutto.

Ci sono cose innaturali e, per quanto siamo flessibili, non possiamo andare contro natura.

Un nano ad esempio non potrà mai giocare a pallacanestro e un lungagnone non potrà mai fare il ginnasta.

O meglio, potranno farlo mettendo però in conto che i risultati saranno modesti o addirittura risibili.

Detto ciò e proclamando la libertà di ciascuno di fare ciò che ritiene se lo fa stare bene, penso anche che le inadeguatezze altrui non dovrebbero ricadere sugli altri.

Per questi ultimi Campionati Mondiali di Calcio, Mediaset ha pensate di affidare il timone della principale trasmissione dedicata a Russia 2018 ad una donna.

Piacente, elegante, sempre in pose improbabili.

Ma pronuncia frasi come si è involato sulla fascia laterale oppure probabilmente il 4-2-3-1 sarebbe auspicabile senza essere credibile.

Ci sono parole e modi di dire che non si confanno a labbra femminili, sono violini stonati, sono colonna sonora inadeguata a quel film.

Il film ne risente e perde sentimento.

In Russia è stato applicato il sistema VAR (Video Assistant Referee).

Non mi convince, si perde l’istante e la naturalezza di una giocata, anche la spontaneità di un errore di giudizio arbitrale.

Perché se un portiere sbaglia, la palla gli scivola di mano e inesorabilmente rotola oltre la linea, possiamo dire che è incapace mentre ad un arbitro che assegna un rigore fasullo gli si dà il supporto tecnologico e dunque una seconda possibilità?

Propongo il sistema VASP (Video Assistant Soccer Player) dove con un programma adeguato si potrà modificare la traiettoria di quel tiro che anziché impattare la traversa si abbasserà di quel tanto per gonfiare la rete.

Da qui si aprirà la possibilità dell’Assistenza Virtuale in ogni campo professionale e sarà un divertimento.

Per concludere:

Calcio, donne e VAR

Fanno contento lo Zar.