Citizen Kane, cittadino di un mondo infernale – Alan D. Altieri [Il Superstite 384]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

Un anno senza Sergio. Occorre tenere sempre accesa la fiamma del ricordo. Ripropongo un vecchio articolo, prodotto quando lui era ancora in vita. Non so se questo sia il miglior modo per ricordarlo, ma è il mio, e tant’è.

 

Citizen Kane, cittadino di un mondo infernale – ALAN D. ALTIERI

 

 

Solomon Newton irruppe sulla scena letteraria all’alba del 1981, anticipando di qualche mese l’uscita del film 1997 Fuga da New York di John Carpenter. È significativo ricordare la precocità presaga di un libro, un solo libro, rispetto a un filone, complesso e multimediale, che caratterizzerà di sé tutto il decennio che si stava aprendo. Parlo, ovvio, di Città oscura che uscì in prima edizione nel marzo di quell’anno. Parlo di Alan D. Altieri. Sergio, Sergione, il lupo italiano. Lo scrittore-guerriero.

Night-City, ovvero il binomio estetico/tematico degli anni Ottanta. La paura metropolitana. In quel decennio protagonista di una vera e propria equazione. In letteratura, al cinema e nelle scienze sociali.

Per queste ultime cito solo la psicologa Anna Oliverio Ferraris che nel 1983 richiama l’attenzione dei lettori sul nuovo volto della paura moderna, la Città, attribuendo peculiarità profetiche al succitato film di Carpenter[1]. E scrive questa frase: “alla grande metropoli è stato strappato il cuore”, per passare poi a sostenere che “la realtà della Napoli 1982 è in fin dei conti più difficile e più infida di quella di New York 1997”.

Al cinema, titoli del genere in sequenza sono già sintomi: Cruising, Fort Bronx, L’angelo della vendetta, Fort Apache-The Bronx, Strade violente, Police Station- Turno di notte, 48 ore, Angel Killer, Paura su Manhattan, L’anno del dragone, Vivere e morire a Los Angeles, Chi protegge il testimone, Black Rain. Alcuni dei più interessanti film noir del decennio percorrono con indomita consapevolezza linguistica il destrutturante sentiero dello scenario metropolitano degradato e incubico sino alla proposizione di un metagenere mai definito veramente oltre il quale svetta la megalopoli sporca di Blade Runner e prima del quale – già nel 1976 – si scorge il quartiere desolato e fantasmatico di Distretto 13, ancora di Carpenter.

In libreria, nello stesso decennio, abbiamo a disposizione: La trilogia di New York di Paul Auster, Because the Night di James Ellroy, Il delitto della terza luna di Thomas Harris, una decina di McBain della serie “87° Distretto”, Metropolis di Jerome Charyn, più non poche “escursioni” nella fantascienza (ad esempio, La torre dei dannati di John Tomerlin e Senza tregua di George Alec Effinger ) e nel gotico (Maledizione fatale di John Skipp e Craig Spector, Ragazze vive di Ray Garton).

La Città Terribile diviene così un paesaggio della mente dove i generi popolari si confondono e si fondono. L’apocalisse subliminale, la violenza, l’oscurità. E pesa come un macigno anche la dimensione figurativa di tante graphic novel, per  autori come Alan Moore, Will Eisner, Frank Miller e Geof Darrow.

A tutto questo Altieri sta nel 1981 come il faro teorico che illumina il filone in divenire. Nella Los Angeles di allora nebbie sulfuree pigmentano il cielo, le bande si scontrano in sfide iper-realistiche e al ralenti, un megaciclone si abbatte sulla città e dal sottosuolo fuoriescono i mostruosi  Croatoan. Con una preveggenza allarmante, rispetto a quel che ancora deve succedere, ma con un rigore analitico che ricorda in prospettiva  Mike Leigh, il teorico più radicale dell’apocalisse californiana (Agonia di Los Angeles, La città di quarzo) e il Lewis Mumford di Metropoli, megalopoli, necropoli, e con una tecnica di accumulazione che ricorda (ancora) Carpenter, Altieri inaugura il filone dell’apocalisse metropolitana, posizionandosi tra i generi, la realtà di oggi e un possibile domani. Un oggetto narrativo che i cultori di narrativa pop stavano aspettando e che sarebbe giunto di certo nel corso del decennio. Ma Altieri spiazza tutti, giocando d’anticipo da vero stratega.

Da allora inizia un percorso narrativo che è già leggenda. Nei successivi tre titoli (con quelle copertine di Dall’Oglio che si ricordano per la straordinaria suggestione che ancora incutono), ovvero Alla fine della notte, L’occhio sotterraneo e Corridore nella pioggia, Altieri definisce le coordinate della sua scrittura: i generi che si frantumano sul collo della catastrofe, il pianeta come campo di battaglia, la violenza “visibile” (spettacolare, precinematografica – non a caso lo scrittore annovera tra i suoi maestri Sergio Leone e Akira Kurosawa), gli eroi solitari e “ultimi”. Inizia anche una serializzazione aperta a ulteriori sviluppi: Solomon Newton che passa il testimone ad Alan Wolf, Earl Kane e poi Russell “sniper” Kane, da Andrea Calarno a Ben Yurick, l’action-thriller di Altieri si suddivide essenzialmente si snoda attraverso la serie dello “Sniper”, il tiratore scelto delle Forze Speciali inglesi, e gli sviluppi, al momento sulla carta, della “Trilogia di Los Angeles”. Ma nel frattempo fa pure capolino un Altieri gotico, quasi horror: tra le pieghe di Corridore nella pioggia, ben più esplicito nelle “sei storie dal Lato Oscuro” di Scarecrow – Lo spaventapasseri, e a tutto tondo  in due recenti racconti, Giorno segreto e Zona Zero.

Nel 2005 una clamorosa quanto significativa svolta con la mastodontica “Trilogia di Magdeburg”, suddivisa in tre volumi (L’eretico, La furia e Il Demone, per un totale di quasi duemila pagine) pubblicati annualmente, apparente virata nel romanzo storico ambientato su diversi scenari –  la  celebre “struttura frattale” del suo narrare – durante la Guerra dei Trent’anni. Cupi palcoscenici di sangue, morte, tortura e intrighi, dominati dalla figura di Wulfgar, il Cavaliere Nero, tipico anti-eroe e contraltare medioevale dei vari “eroi” dei nostri tempi.

Dopo Magdeburg escono a ritmo annuale le raccolte dei suoi racconti sparsi generosamente qua e là. Ad Armageddon – Scorciatoie per l’Apocalisse si sono succeduti HellgateAl confini dell’inferno Killzone – Autostrade della morte.

In quest’attività fittissima di scrittura esercitata in Italia s’inserisce quello che potremmo chiamare, con un richiamo niente affatto casuale a Hitchcock, il  “periodo americano” di Altieri. Nel 1983 il suo primo editore, Andrea Dall’Oglio, invia a Dino De Laurentiis, da anni stabilmente saldo a Hollywood, una copia in lettura di Città oscura. La “chiamata” giunge di conseguenza sotto forma della famosa proposta che non si può rifiutare e Altieri s’instaura a Los Angeles al servizio della produzione, mettendo mano in qualità di editor agli script di celeberrimi titoli quali Atto di forza, L’anno del Dragone, Conan il distruttore, Velluto blu) e lavorando fianco a fianco di mostri sacri quali Lynch e Cimino. È un lungo e intensissimo momento, vissuto a cavallo tra la Città degli Angeli e Milano, grazie al quale emerge in tutta la sua complessità l’anima americana di Altieri, a tal punto “uomo esterno” ad ambedue i sistemi produttivi che non si può non leggere l’omonimo romanzo uscito in prima edizione nel 1989 come una niente affatto velata metafora della sua condizione artistica ed esistenziale. Lavora per De Laurentiis sino al 1987 e quindi inizia a fare lo sceneggiatore in proprio. I suoi lavori che arrivano al grande e al piccolo schermo sono gli script di Blind Fear di Tom Berry  (1989), Obiettivo indiscreto di Massimo Mazzucco e Due vite un destino di Romolo Guerrieri (TV, Rete Italia, tratto da L’uomo esterno) del ’92, e Silent Trigger di Russell Mulcahy (1995), l’action-thriller di cui Altieri è a tutt’oggi più soddisfatto. A queste bisogna aggiungere quella scritta nel 1984 per il bellissimo romanzo apocalittico di Wilson Tucker L’anno del sole quieto, purtroppo mai utilizzata al cinema ma uscita in un “Urania” del 2007 a complemento dello stesso titolo. L’attività di sceneggiatore a tempo pieno si conclude nel 1997, ma il dualismo di Altieri, su questa e sull’altra faccia della Terra, continuerà per nostra fortuna a segnare la sua vita e la sua narrativa. In certi periodi dell’anno c’è il rischio di dialogare con lui a orari decisamente strani perché se ne sta in California a godersi il Santa Ana. E a testimoniare con lo sguardo disilluso dello scrittore il declino dell’impero americano.

Altieri, ovunque – nel passato, nel presente o nel futuro che è già oggi – ci racconta della Fine. La Fine di un’epoca. Una narrativa che si situa al capolinea di un ideale elenco: Epopea di Gilgamesh, Mahabarata, La maschera della morte rossa di Poe, La peste scarlatta di London, La nube purpurea di Shiel, The Stand e The Dome di King, The Road di Cormack McCarthy. Per usare parole sue, il vero storico sa che la vicenda dell’uomo non è altro che una continua progressione ad archi: “l’impero egizio, l’espansione greca, l’impero romano, l’impero cinese, il sacro romani impero, gli imperi coloniali hanno visto tutti crescita, vertice e successiva disgregazione. È la natura delle cose. La natura della via stessa. Oggi ci troviamo di fronte a una svolta. Mai come nella nostra epoca nel sistema chiamato Terra hanno camminato così tante persone, hanno viaggiato così tante auto, hanno volato così tanti aerei. Mai sono state presenti. Mega-città, mega-industria, mega-popolazione, mega-scorie. Mega-armi: tutto «mega». Questo quadro è una violazione della Dinamica dei Sistemi, un oltraggio alle nostre stesse leggi fisiche.” La logica del Mega genera l’azzeramento. Le Zone Zero, prima a macchie di leopardo sulla pelle del pianeta; quindi tutto il pianeta che diventa una tombale, definitiva Zona Zero, the Killzone, Il concetto di “Zona Zero”, racconto conclusivo del recente Killzone, è altrettanto semplice quanto efficace: è la dove l’Uomo incontra la sua Nemesi e paga l’ultimo pedaggio. Dove il rimorso si materializza, alla lettera. A onore della logica del Mega, “il Mega-Spettro”.

 

[1]    Anna Oliverio Ferraris, L’assedio della paura, Editori riuniti, Roma, 1983.