Ad Alessandria il commercio è in crisi? E allora andiamo in Giappone! [Centosessantacaratteri]

10 a Enrico Sozzetti, zero agli anonimi del web! [Le pagelle di GZL] CorriereAldi Enrico Sozzetti

 

 

Ad Alessandria chiudono negozi e ristoranti storici. Ogni volta che accade c’è chi si straccia le vesti, si lamenta, grida allo scandalo e indica un solo colpevole: la grande distribuzione. Non manca poi il corresponsabile che è ‘la crisi economica’, imputato che va bene per tutte le stagioni. Però siamo sicuri che sia proprio così? Oppure c’è un problema più profondo, legato alla qualità del commercio, alla capacità di innovare, culturalmente e tecnicamente, il servizio al cliente e alla reale comprensione di come il mercato sia non solo cambiato, ma trasformato definitivamente in un qualcosa che fino ad alcuni anni fa non esisteva? E poi, non dimentichiamolo, dietro ogni saracinesca che si abbassa c’è spesso una storia molto personale, che non sempre è condizionata da fattori esterni o da un calo dei consumi.

E se per le fasce di età più anziane il fattore internet pesa in modo ancora irrisorio, per le altre l’acquisto online sta crescendo in modo massiccio. Una prova un po’ empirica, però significativa, si può fare sbirciando all’interno di un furgone di un corriere qualsiasi: almeno metà dei pacchi hanno il marchio di Amazon. Il fenomeno delle vendite online è certo ben più complesso, per le ricadute sul commercio tradizionale, sui prezzi (mediamente vantaggiosi), sugli effetti inflattivi, sui servizi di trasporto e logistica, sulle stesse produzioni ‘just in time’ di beni. In ogni caso, anche se ancora marginale, costituirà sempre di più una spina nel fianco, oppure un nuovo fronte di sviluppo. I negozi tradizionali che lo hanno capito cominciano infatti a vedere i primi pur timidi risultati.

E le associazioni di categoria cosa fanno? C’è l’Ascom che prima ha spiegato come funziona il commercio a New York  e che adesso si prepara a volare dall’altra parte del mondo. Dal 10 al 15 giugno è in programma il ‘Tokyo Tour’ organizzato “dalla Confcommercio di Alessandria in collaborazione con la gemellata Confcommercio di Siracusa e con la partnership tecnica di WonderfuJ, società specializzata nella consulenza all’internazionalizzazione che da anni opera con il Giappone. Partendo dall’esperienza di successo dell’Innovation Retail Tour dello scorso ottobre, che ha visto alcuni soci della nostra associazione impegnati alla scoperta dei trend innovativi del retail newyorkese, quest’anno Confcommercio e le sue aziende associate avranno l’opportunità di conoscere Tokyo e il suo esigente mercato enogastronomico” si legge sul sito dell’associazione. I commercianti alessandrini vogliono trovare nuovi mercati? Basta investire 3.400 più iva (il prezzo vale solo per gli iscritti a Confcommercio) e fare il viaggio nel paese del sol levante.

Certo che se per ascoltare il resoconto dei quattro imprenditori che sono stati a New Yok c’erano una ventina di persone nella sala della Camera di Commercio che ha ospitato l’evento (e l’Ascom conta circa mille iscritti ad Alessandria che diventano oltre tremila in provincia), chissà quanti saranno presenti per la lezione commerciale sul Giappone.

Intanto un ex presidente dell’Ascom, Luigi Boano, si è preso ‘una pausa di riflessione’ e ha chiuso le porte dello storico negozio, mentre un altro esponente della giunta provinciale dell’associazione, Davide Valsecchi, si lamenta, ai microfoni di Radio Gold, affermando che nell’arco di un anno, dai fasti di eventi come ‘Aperto per cultura’ sia cambiato tutto. “Prima mi sentivo parte di un progetto condiviso ma a un certo punto non ho più visto la volontà da parte di altri, di tutte le persone che potevano permettere di continuare determinati progetti, di fare gli sforzi necessari. Si è persa la capacità di fare” è la sua risposta alla domanda sul perché il suo ruolo sia oggi così defilato. Certo che forse le riflessioni dovrebbe farle forse prima all’interno dell’Ascom, associazione che è scesa in campo da protagonista per quegli eventi. Verso la fine dell’articolo, ecco un altro passaggio emblematico. Quello dove si parla della opportunità rappresentata dall’insediamento universitario (che peraltro è presente ad Alessandria da vent’anni senza che nessuno se ne accorgesse evidentemente prima): “Occorre dare offerte appetibili, creare pacchetti convenienti, a misura di studenti, che possano riportare persone in centro”. Perché la sua associazione non ha finora promosso iniziative semplici come convenzioni, agevolazioni e altro, come invece avviene in altre città?

Il terziario tradizionale, quello del commercio, deve fare i conti con modelli e processi di mercato nuovi, come quello del franchising. Ormai lo strumento è ampiamente diffuso ed è destinato a crescere, secondo alcune analisi economiche, così come è destinato a cambiare ancora. Come funziona l’affiliazione commerciale? Quali sono le regole? E quali i rischi? Demonizzare il fenomeno non serve, è utile invece capire cosa è, quanto costa, quali sono i rischi e i vantaggi. Ad Alessandria la Confesercenti ha organizzato un seminario per fornire informazioni in merito alla formula commerciale del franchising e per presentare lo Sportello Franchising Point. Volti diversi di un associazionismo che però sembra riuscire a fare ben poco per modificare in profondità la mentalità, antica e fuori dal tempo, di quei negozianti alessandrini ancora convinti che basta avere un nome e una storia lunga decenni per aspettare, rigorosamente dietro al banco, che i clienti facciano il loro ingresso. Peccato che non funzioni più così.

Chi ha pochi soldi in tasca sceglierà di acquistare dove il prodotto costa meno. Chi invece cerca la qualità, anche a prezzi contenuti, ormai confronta e verifica. Se il negozio sotto casa è stato capace di selezionare merce di qualità a un prezzo coerente, tutto bene. Se una piccola spesa costa quasi quanto un piccolo tartufo, non ci si stupisca se in quel negozio non entra più nessuno.

La legge del mercato può essere crudele e spietata. Ma può anche offrire delle opportunità. Certo, bisogna essere culturalmente e imprenditorialmente capaci di coglierle.