Ambiente, a chi interessa?

D’Ascenzi (Acos): “Acqua e rifiuti: per programmare il futuro non bastano le aziende, serve la politica” CorriereAl 4Fino a circa un decennio fa le problematiche ambientali tenevano banco nelle discussioni sui quotidiani e nella politica italiana. Adesso sembrano sparite dalla circolazione mediatica. Eppure dovremmo ricordare la ricorrenza del ventennio dall’approvazione della Legge Ronchi, che tra le altre cose disciplinava per la prima volta la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, o almeno cercava di farlo in modo organico su tutto il territorio nazionale. Sappiamo com’è andata.

Ci sono province e intere regioni italiane che se ne sono fatte un baffo della legge Ronchi mentre altre hanno raggiunto soddisfacenti livelli di applicazione, altre ancora che dopo un avvio che sembrava promettere ottimi risultati sono poi arretrate per le indecisioni provocate dai cambi di guida politica ed a causa di interventi irrazionali nella gestione.

L’ottimo editorialista Gian Antonio Stella, famoso per alcuni suoi saggi che hanno ottenuto enorme diffusione in questi anni, lamentava qualche giorno fa che il tema “ambiente” sia ignorato quasi del tutto nella campagna elettorale perché non “renderebbe in termini di voti”. I leader politici sembrano voler evitare di esporsi sul tema, nonostante che tutti loro sappiano bene che la gente è consapevole dei danni arrecati alla salute pubblica, dei danni arrecati al territorio dall’uso dissennato del suolo agricolo (23.000 chilometri quadri spariti per l’uso delle coltivazioni pari alla somma di tre regioni come Campania, Molise e Liguria messe insieme) solo per favorire speculazioni edilizie, mega centri commerciali esagerati, capannoni industriali in parte inutili e abbandonati ancor prima di entrare in funzione, abusivismo edilizio incontrollato, cementificazione delle coste e del territorio in generale, scempio del paesaggio rurale e storico del paese, licenze edilizie destinate a originare mostri incompatibili con la storia del patrimonio architettonico italiano.

A parte Vittorio Sgarbi, tutto ciò sembra non preoccupare i politici di turno, anzi, qualcuno pensa ancora di cavalcare l’onda del consenso parlando ancora una volta di condoni e sanatorie, come se non bastasse poi ogni volta il piagnisteo generale appena dopo il verificarsi di un disastro ambientale dopo l’altro, eventi che si ripetono tanto più frequentemente ogni anno che passa nonostante le denuncie e le promesse di non commettere più tali abusi.

Perfino la Cina, dopo decenni di industrializzazione selvaggia e di corsa allo sviluppo dei consumi ha finalmente deciso di invertire la rotta ed ha promesso massicci investimenti per ridurre l’impatto ambientale, aderendo all’accordo di Parigi ed impegnandosi nella ricerca di soluzioni all’avanguardia per l’uso razionale delle risorse energetiche e alimentari nei prossimi anni. L’America invece no, ha deciso di tornare indietro. E da noi?

Da noi succede di dover ascoltare ancora gente che è convinta che la raccolta differenziata dei rifiuti è inutile e costosa, mentre sarebbe così bello poter incenerire tutto, così potremmo avere energia a basso costo. Non sanno che la spazzatura da sola non brucia ma fa solo fumo e che bruciandola con un enorme spreco di combustibile si producono veleni nell’aria nonostante tutte le precauzioni. Senza contare i rischi di mala gestione di impianti sovente affidati nel nostro paese a personaggi senza scrupoli, corrotti e corruttori, messi lì apposta per coprire interessi di gruppi di imprenditori mafiosi, presenti non soltanto nelle aree storiche della mafia ma anche nel nord Italia, come è risultato dalle recenti inchieste, proprio vicino a noi. Si sente dire, anche da parte di operatori di casa nostra, che è inutile raccogliere la plastica a parte perché intanto poi tutto o quasi è comunque destinato ad essere incenerito e non vale la pena scegliere tra plastica buona e plastica cattiva.

Non c’è nulla di più falso.
Infatti, proprio qui da noi in Italia esistono aziende innovative operanti in settori che fino a pochi anni fa non esistevano, che adoperano tecniche di lavorazione modernissime per il recupero e la trasformazione delle materie plastiche.
Hanno fatto vedere in televisione (certo non nei canali che fanno vedere gli eroi delle isole dei famosi o i grandi fratelli) programmi che hanno presentato ad esempio le nuove traversine ferroviarie prodotte da un’azienda italiana, la Greenrail, utilizzando una nuova materia ottenuta amalgamando rifiuti plastici e gomma da pneumatici usati

In un altro programma hanno presentato dei tessuti innovativi, sia per la moda femminile e maschile che destinati all’uso tecnico-sportivo, ricavati da filati ottenuti dalla plastica riciclata altrimenti destinata all’incenerimento. Come si può anche vedere dalla foto.
Ma, allora, non vale la pena adoperarsi per il recupero di materiali utili, proprio in un paese come il nostro tanto affamato di materie prime di cui in natura non possiamo disporre?
Vogliamo delegare al povero Xi Jinping la soluzione del problema, lui che deve già pensare a qualche miliardo di cinesi in brache di tela ?
Io dico che possiamo fare la nostra parte, a patto che mandiamo al diavolo gli spacciatori di notizie false e ci sforziamo di operare seriamente rispettando le leggi, cominciando proprio da quella di cui ricorre il primo ventennio dalla sua approvazione.

Luigi Timo – Castelceriolo