Nei prossimi 10 anni oltre 75 mila medici in meno

10 al dottor Sarti sullo ius soli, mentre Eco chiese silenzio per dieci anni: rispettatelo! [Le pagelle di GZL] CorriereAldi Roberto Sarti

 
In questi giorni gli organi di informazione hanno dato la notizia della prossima mancanza di personale medico nel nostro Paese.

In effetti i numeri relativi alla futura carenza di medici all’interno del servizio sanitario nazionale sono drammatici: 15 mila medici di medicina generale usciranno dal sistema nei prossimi 5 anni,considerando un’età media di pensionamento di 67 anni.
Ogni anno, a fronte di un’uscita di circa 3mila medici, si diplomano al corso di medicina generale solo 900/950 medici. Le graduatorie non sono un serbatoio sufficiente dal momento che dei 30mila medici apparentemente in attesa di occupazione stabile oltre il 60 per cento ha più di 50 anni.

Anche in area ospedaliera la situazione è critica: nei prossimi 10 anni da 50mila a 56mila medici sono in uscita. A questa emorragia si aggiungono 1500 medici laureati o specializzati che ogni anno si trasferiscono all’estero perché bloccati dall’imbuto formativo e sospesi in un limbo che non consente l’accesso al mondo del lavoro stabile. Si dice “ad ognuno il suo”.

Cisl: "Fuga dalla sanità: giovani e anziani alessandrini vittime del 'caro cure'" CorriereAl
Partiamo da questo per delineare quali sono le responsabilità e il compito dei vari attori del nostro servizio sanitario nazionale.

Al Ministero della Salute, insieme alle Regioni, al Ministero dell’Università e agli atenei, spetta il compito di costituire l’adeguata dotazione medica commisurata ai bisogni dei cittadini e necessaria al nostro servizio sanitario per garantire una tutela della salute appropriata. Gli Ordini professionali hanno il compito di garantire al cittadino la qualità dell’esercizio professionale.

Alle società scientifiche spetta la definizione e l’aggiornamento dei modelli operativi. I sindacati professionali hanno il compito di tutelare il lavoratore iscritto partendo dalla corretta definizione contrattuale. Al centro di tutti questi interessi deve esserci il lavoro, in questo caso la buona pratica medica. Del resto il nostro Paese ha una Costituzione fondata sull’effettività del diritto al lavoro e sull’interesse collettivo alla salute. A sua volta il sistema sanitario nazionale funziona se le sue articolazioni fondamentali, l’ospedale, la medicina generale e le cure sul territorio sono in stretta correlazione tra loro. Se ciò, come purtroppo spesso accade, non avviene si generano maggiori costi,sprechi ed inefficacia, attraverso la duplicazione di prestazioni inutili,e si determinano anche buchi assistenziali a cui nessuno provvede. Proprio questa frequente disarmonia è uno dei problemi del nostro sistema sanitario nazionale. Se verranno a mancare nei prossimi anni ,causa pensionamento, i medici sul territorio l’effetto sulla medicina pubblica e sull’ospedale sarà incompatibile con la tenuta stessa del servizio sanitario, che oggi in tempo di crisi appare sempre meno universale,equo e solidale.

A fronte di una spesa sanitaria di oltre 147 miliardi di euro non dimentichiamo poi che la componente privata diventa sempre più importante. In parole povere il cittadino di fronte a liste di attesa sempre più lunghe ricorre al proprio portafoglio pagando di tasca sua (out of pocket) le prestazioni. Questo è il problema prioritario da affrontare con una politica ministeriale e regionale fatta di scelte tempestive e lungimiranti, come favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro a fronte di una flessibilità in uscita dei pensionandi.

In questi giorni, peraltro di campagna elettorale, chi governa parla di ripresa in molti settori e di uscita dalla crisi. Non si sente però parlare concretamente di salute. In realtà sono stati ridotti i posti in ospedale e non è stato potenziato il territorio. Tutto questo deve destare seria preoccupazione per quanto concerne la tutela di un sistema sanitario universale,sostenibile e di qualità.