Piazza Garibaldi o Piazza Savona? Ricordando Antonio Silvani [Un tuffo nel passato]

frisina_caldi Tony Frisina

 

 

Nella rubrica della scorsa settimana parlavo di Piazza Savona e del grande orologio al centro del palazzo posto sul lato corto di questa piazza, rimasto senza la solita illuminazione.

Affrontando l’argomento ho pensato subito al caro amico Antonio Silvani, che da quasi due anni ci ha lasciati senza la sua compagnia. Il motivo di questo guizzo del pensiero verso il caro amico viene spiegato dal fatto che ora racconto.

Un comune amico, il fotografo Roby Novello, nel 2015 chiedeva ad Antonio ed al sottoscritto di scrivere una prefazione per un suo libro di fotografie proprio sulla nostra Alessandria. Entrambi – e senza averne parlato prima – avevamo scritto di Piazza Garibaldi chiamandola Piazza Savona. Anche a Lui piaceva usare l’antico nome di questo luogo e qualche alessandrino la chiama ancora così anche a distanza di oltre un secolo dall’intitolazione all’Eroe dei due Mondi.

Piazza Garibaldi o Piazza Savona? Ricordando Antonio Silvani [Un tuffo nel passato] CorriereAl 1

Una cartolina formato “Imperiale”, ovvero 10 x 15, di Piazza Garibaldi

Un po’ Bastian Cuntrari, come era lui, a volte amo usare la vecchia toponomastica alessandrina. E così era accaduto anche quella volta. Questo è il motivo del pensiero subito volato all’amico oltre a molti altri pensieri che nel corso delle mie giornate gli rivolgo.

Di questi giorni – primi di dicembre – quando era ancora in salute, aveva già pronto il suo personalissimo libro da donare a tutti gli amici in occasione delle festività natalizie e di fine anno.

Piazza Garibaldi o Piazza Savona? Ricordando Antonio Silvani [Un tuffo nel passato] CorriereAl

Lo sa il gatto è il titolo che aveva dato a questa pubblicazione con cadenza annuale. Il gatto che sapeva tutto in realtà è una gatta, la sua adorata Camilla, vecchio felino affettuoso che gli teneva compagnia mentre lui fantasticava e annotava i pensieri su centinaia o migliaia di fogli. Antonio era veramente un pozzo senza fondo in fatto di arguzia e di pensate, un vero fiume in piena. Produceva continuamente e senza interruzioni, avendo milioni di cose da raccontare; molte volte erano pagine umoristiche e altre volte erano scritti sarcastici contro questo o quel politico – nazionale o locale – o satire e invettive contro chi abusava di questa nostra città per bassi scopi, per egoismo personale.

Senza alcuna reticenza aveva scritto, sempre per la collana Lo sa il gatto, Scherza coi santi (ma lascia star gli infanti), anno 2013, libro premonitore di infiniti abusi sessuali ad opera di certe categorie…; è del 2013 J’anduinèl, indovinelli tassativamente in dialetto alessandrino. Come scrivevo poc’anzi, Antonio spaziava in ogni branca dello scibile mandrogno (e non solo); nel 2012 il corpus del suo libro natalizio riguardava J’amsté, i mestieri di una volta, con sottotitolo … E la ciaciarada la và anòn.

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Nel 2011, con la complicità del sottoscritto, aveva editato la favola Goliardica in versi Albanix, ovverosia la storia di Biancaneve, iniziata da Goliardi Ignoti e continuata da Lui e da me. Robaccia non certo per educande, ma solamente per palati fini dotati di tanta voglia di divertirsi anche con basse e triviali battutacce in rima. Il bello è che Sua Santità non si limitava a comporre versi o a scrivere ampie ed approfondite introduzioni ma, sempre, dotava tutti i testi (suoi o di altri) di infinite note, che risultavano poi essere ancor più divertenti degli scritti stessi.

Nel corso del 2007, ricordando un suo vecchio libro scolastico di Arte, pieno – alla fine dell’anno – di suoi scarabocchi e di battute a margine, aveva deciso di dare alle stampe Impara l’arte (e mettitela…) lasciando al lettore la facoltà di immaginare il seguito del sottotitolo.

Antonio sapeva di poter contare sulla mia collaborazione, data la mia (immodesta) spiccata capacità di comporre rime in endecasillabi. Ecco il motivo per cui nel 2009 aveva deciso di dare alle stampe due mie composizioni Goliardiche in rima: La Fava rapita (ovvero il mio seguito in rima della parte anticamente scritta in prosa) ed Elogio a Saffo (Il negozio di abbigliamento intimo). L’autore, il cui nome compariva sul frontespizio, era un certo Sir Anthony Birdstone, cioè il sottoscritto con nome Goliardico affibbiatogli proprio da lui, da Antonio Silvani, alias Hildebrandus Aracnicus – Pontifex Maximus et Prinx dell’Italica Goliardia. Pontefice Massimo e Principe per volontà del popolo e disgrazia di dio.

Antonio, relativamente a questo libercolo, aveva lasciato a me l’onore di comparire come autore, riservandosi di essere citato come il curatore di una Parvula crestomazia.

Insomma, Antonio produceva tutto l’anno e quello di Natale era il libro che tutti gli amici si aspettavano per riempire ancora meglio, di gustose letture, le giornate di vacanza.

In altra occasione racconterò di svariate altre sue divertenti pubblicazioni, anche per non esaurire qui l’interessante argomento.

Non si può certamente raccontare in una pagina ciò che potrei/dovrei ancora narrare a proposito di un vulcano in eruzione quale era Antonio.

Voglio però ricordare ancora un’altra dote mio amico.

A Natale – e solo per pochi intimi – amava donare bottigliette piene di liquori che lui stesso preparava. Rigorosamente anche le etichette erano da lui create. Alcolici a base di noci o di liquirizia che donava racchiusi in piccole e deliziose bottiglie. Nel mio modestissimo mobile bar (dato che non sono un gran bevitore) conservo ancora un paio di quelle reliquie. Bottigliette con parte del contenuto di cui all’origine erano state piene.

Come potrei centellinare ancora quei nettari, sapendo che quando finiranno non ne potrei più bere? E così restano lì, ad invecchiare e forse a diventare sempre più preziosi. Unici come il ricordo di Antonio, che nei miei pensieri non invecchierà mai.