Travestimenti [Il Flessibile]

 CorriereAldi Dario B. Caruso

 
Il gioco del travestimento è ancestrale.

Non è un caso che i bambini italiani in pochi anni abbiano assunto come propria una tradizione che, pur non appartenendoci culturalmente, ci risuona nelle pieghe più recondite del DNA.

Ad agevolare la festa di Halloween ci hanno pensato i media e il mercato, veicoli di massificazione e portatori, a volte sani ma mai candidi, di mode e costumi.

Fatto sta che a scuola nei giorni scorsi una delle domande ricorrenti era “da cosa ti travesti?”.

Tra le piccole fanciulle imperversano streghe e bambole assassine, tra i maschietti i classici zombie e la new entry Pennywise, il clown malefico anni Ottanta di Stephen King resuscitato dal kolossal di Andrés Muschietti.

Travestimenti [Il Flessibile] CorriereAl

Tra i travestimenti più recenti sta andando per la maggiore quello di alcune dive del cinema; stanche di indossare l’abito da sex symbol, decidono – a causa della flessione di popolarità – di travestirsi da martiri confessando di essere state costrette a darla via ad Harvey Weinstein (produttore disgustosamente scaltro che nel 2012 fu annoverato dalla rivista “Time” tra le cento persone più influenti al mondo) per raggiungere il successo.

Il double face ha sempre riscosso parecchio fascino e talvolta a certe attricette fa buon gioco.

Anna e le altre giovani ragazze avevano un vezzo: indossare maglie a righe.

Ma non a righe giallorosse, come una fetta di ignoranti pensa.

È il prezzo dell’incultura, quella che imperversa e che diviene motivo di vanto e di titoloni sulle prime pagine dei giornali.

Talvolta penso che varrebbe la pena riaprire i campi di concentramento, ripristinare le camere a gas e i forni crematori.

E solo allora travestirci da giudici e organizzare visite guidate.

Ma stavolta con biglietto di andata e ritorno.