“Considerato che qualche politico di casa nostra vorrebbe sanzionare Acos quando non c’è acqua, il nostro prossimo obiettivo sarà decidere quando deve piovere, e quando deve smettere!”. E’ di buon umore, Mauro D’Ascenzi, amministratore delegato del Gruppo Acos (ma anche vice presidente nazionale di Utilitalia, ‘la Confindustria’ delle aziende che erogano servizi di pubblica utilità), e sceglie la strada dell’ironia, e del sorriso, per replicare ad una recente polemica novese legata, appunto, all’emergenza siccità.
Acos è realtà da podio nel settore delle multiutility, ma D’Ascenzi, che questa ‘macchina’ l’ha costruita e guidata fin dall’inizio (“nel 1999 eravamo 25 dipendenti, oggi 350, con un utile lordo di gruppo di 8 milioni di euro nel 2016”), non è tipo da dormire sugli allori: “guardiamo avanti, oltre le emergenze, per ragionare su dove si vuole davvero andare, dall’acqua ai rifiuti. Con un orizzonte strategico che vada oltre le scadenze dei nostri cda aziendali, o dei mandati dei parlamentari e consiglieri regionali, provando a immaginare come vorremmo che fosse, e che non fosse, casa nostra fra venti e trent’anni”.
Costruire davvero il futuro insomma, senza l’angoscia del quotidiano, e della sopravvivenza individuale: D’Ascenzi, da storico militante della sinistra novese, la riflessione ha provato a portarla anche all’interno del recente congresso territoriale del suo partito, il Pd: “o torniamo ad una battaglia, anche aspra, delle idee, o tutto si riduce ad uno scontro fra persone, e ad un susseguirsi di scadenze elettorali: la politica vera è un’altra cosa, dai”.
Proviamo allora, con l’amministratore delegato del Gruppo Acos, a capire quali sono le linee di sviluppo della multiutility novese nei prossimi anni, in una forte connessione con tutta l’area del basso Piemonte (da Tortona a Ovada e Acqui, muovendo naturalmente dall’epicentro di Novi), ma anche guardando al resto della provincia: dal 2022, giova ricordarlo, è previsto un unico gestore provinciale della rete idrica, e comunque l’acqua è bene primario per tutti, e travalica i confini amministrativi di comuni e province.
Partiamo dall’acqua D’Ascenzi: ossia l’emergenza di stagione, e ormai di tutte le estati…
(riflette, ndr) Considerato allora che prima della prossima estate abbiamo davanti un po’ di mesi, non sarebbe male se provassimo ad attrezzarci per prevenirla, l’emergenza, e per fare in modo che non debba essere tale. Mi spiego meglio: i cambiamenti climatici sono un elemento oggettivo, dobbiamo farci i conti. Non è vero che oggi piove di meno rispetto al passato, o di più: semplicemente la realtà è costituita da lunghi periodi di siccità, e da altri momenti di piogge prolungate, talora molto intense e concentrate.
E anche con infrastrutture distributive dell’acqua un po’ vetuste, si dice…
Certamente la dispersione dell’acqua in fase di distribuzione è il secondo aspetto della questione, ma viene prima l’altro, l’approvvigionamento. Ossia dove prendere la risorsa acqua? Secondo alcuni la questione si può risolvere facendo una serie di tuboni di collegamento (con investimenti di parecchi milioni di euro) che consentano all’occorrenza di ‘pescare’ l’acqua dove c’è, in particolare nella piana della Fraschetta, e distribuirla alle zone più in sofferenza, dal tortonese al novese all’acquese.
Soluzione che non la convince?
Per l’emergenza va benissimo, anzi è giusto. Ma potendo investire decine di milioni di euro farei altro, e di più. Perché se ci limitiamo a ‘pescare’ l’acqua della falda più ricca, nel corso di pochi anni finiremo per svuotare anche quella, punto. Credo che occorra ragionare con una visione diversa: ossia realizzare un sistema di invasi e dighe in grado di trattenere e incanalare le grandi masse d’acqua, quando arrivano dal cielo. Consideri che, in caso di piogge molto intense, l’acqua non fa in tempo a penetrare nelle falde, ma va quasi tutta direttamente al mare tramite i fiumi: noi dobbiamo riuscire a trattenerla, e ad utilizzarla a casa nostra.
Ne avete parlato nelle sedi opportune?
Lo stiamo facendo, il confronto è in corso: se riusciamo a scindere la gestione dell’emergenza dalla progettualità di infrastrutture che servano a tutto il territorio provinciale nei prossimi decenni, svoltiamo davvero, e investiamo sul futuro. Poi ci sono gli aspetti normativi, il gestore unico dell’acqua dal 2022 e quant’altro. Ma quelli sono strumenti: prima ci vogliono gli obiettivi.
Sul fronte gas invece come vanno le cose?
E’ un mercato maturo, complesso, in cui la differenza non si fa col prezzo, ma con la qualità del servizio, il supporto post vendita alla clientela. Da questo punto di vista la nostra nuova sede al ‘palazzo di vetro’ di Novi, ma soprattutto la capacità di essere capillarmente, casa per casa, a disposizione dei clienti in tutto il Basso Piemonte fanno la differenza. Da sempre noi privilegiamo la piccola clientela diffusa al grande cliente: con il secondo finisci con l’avere margini ancora più bassi, e un rischio molto concentrato. Peraltro abbiamo presentato al comune di Novi (che è socio di maggioranza del Gruppo Acos, con il 64% delle quote, ndr), un progetto pilota assolutamente innovativo, per la gestione integrata del caldo e del freddo in città, anche attraverso piccoli impianti di teleriscaldamento. In sostanza un nuovo piano energetico della città, che guarda ai prossimi decenni: attendiamo la pubblicazione del bando per partecipare alla gara. Se il format avrà successo, come speriamo, ci piacerebbe replicarlo su altri territori.
E le gare per le reti? Ne parliamo da diversi anni, si faranno mai?
Non dipende da me, ma dagli input del legislatore, e dalle stazioni appaltanti. Noi siamo pronti a gareggiare in due diversi ambiti (Novi/Ovada/Acqui, Tortona e valli, ndr), per più di 100 mila contatori complessivi. Ci sono due possibilità: o si vince, e allora per andare a regime servirà un investimento di circa 50 milioni di euro per bacino, da reperire attraverso partnership con altre aziende, e tramite credito bancario. Oppure si perde, ma in quel caso, poiché si tratta di ambiti dove Acos è già presente con proprie infrastrutture, verremmo ‘liquidati’ con cifre importanti, che potrebbero essere investite per crescere in altre direzioni. Si vedrà.
Parliamo di rifiuti D’Ascenzi: altra ‘patata bollente’, di questi tempi. Il metodo Contarina a che punto è? Quando lo implementate?
(sorride, ndr) I comuni e il consorzio si stanno rendendo conto che non è così automatico implementare un modello che funziona in un certo territorio (in questo caso una serie di comuni del Veneto) in un altro contesto, a condizioni differenti. Nel 2018 cominceremo in alcuni comuni di dimensioni ridotte, e verificheremo cosa funziona e cosa no, apportando i correttivi necessari.
Ma il principio rimane raccolta porta a porta molto ‘spinto’, e tariffazione ‘puntuale’, ossia ognuno paga per quel che consuma: è corretto?
Sicuramente l’idea è differenziare il più possibile, e far pagare di più ciò che non è recuperabile. Ma la teoria è un conto, i fatti spesso un’altra, e dovremo fare i conti con le specificità di un territorio certamente diversificato, e complicato.
Lei cosa pensa davvero, D’Ascenzi? Sembra scettico…
Lo sono, e non l’ho mai nascosto, per una ragione di metodo. Oggi di fronte a situazioni complesse si cerca sempre di rispondere ‘chiudendosi nel guscio’, pensando di poter fare da soli, all’insegna del piccolo è bello. Ma spesso non è così: nel basso Piemonte ci ritroviamo a dover fare i conti con 4 aziende di rifiuti, 3 di raccolta e una di smaltimento, dove ne servirebbe una sola, integrata e capace di sviluppare un’adeguata politica industriale. Per essere concreti, si potrebbero generare economie e liberare risorse per 5 milioni di euro l’anno, ossia 100 milioni in vent’anni. Vogliamo ipotizzare che sto esagerando, e che sarebbero solo la metà? Sono sempre 50 milioni di euro in vent’anni a cui stiamo rinunciando, in nome del ‘piccolo è meglio, così comando a casa mia’.
E’ arrabbiato con gli amministratori locali?
Non tutti: il sindaco di Novi e quello di Tortona, ad esempio, mi pare che condividano questo ragionamento. Altri hanno fatto scelte diverse, e si sono fatti la loro azienda. Bene: se la partita da giocare oggi è questa, naturalmente la giochiamo alle regole stabilite.
Insomma, Mauro D’Ascenzi è un manager ma continua a ragionare anche da politico, pur tenendo ben distinte le due funzioni…
Più che altro, da persona che la politica l’ha sempre praticata e amata, constato talora nella classe politica locale una certa miopia, e il fiato corto. Quando si amministra un territorio bisognerebbe essere lungimiranti, capire l’importanza del gioco di squadra, del mettersi insieme. In Veneto fanno così, in Emilia anche. Da noi prevale spesso in questi anni la logica del nemico alle porte, che spinge a chiudersi anziché a condividere.
Una critica che vale anche per il suo partito D’Ascenzi, il PD?
Soprattutto per noi: perché è giusto guardarsi prima in casa, e perché siamo un partito con forte vocazione di governo, sia nazionale che territoriale. Purtroppo però, mentre a livello nazionale mi pare che il coraggio di giocare certe partite in avanti ci sia, anche rischiando, su scala locale il confronto di idee, magari aspro ma sempre vitale, latita. Come vogliamo che evolva questo territorio, sul piano economico ma anche sociale e culturale? Come possiamo fare in modo che migliori, anziché giocare sempre in difesa? Parliamo di lavoro, di sanità, di scuola: non di posti o di carriere politiche. Ho provato a dirlo al recente congresso, chissà se hanno capito, e se qualcuno condivide.
Che fa D’Ascenzi, si prepara a scendere in campo? Magari come sindaco di Novi, o come parlamentare?
Bravo, mi provochi pure così chiariamo bene questo punto. A Novi c’è un grande sindaco, Rocchino Muliere, che sta facendo un ottimo lavoro, e ha un appassionato rapporto con i cittadini: nel 2019 deve assolutamente rilanciare, per un secondo mandato all’insegna dello sviluppo. Non lo dico solo perché Rocco è un amico: per Novi rappresenta una risorsa preziosa. Il parlamentare invece, come il consigliere regionale, lo faccia chi vuole. Personalmente sto vivendo una stagione di grandi soddisfazioni professionali in azienda, e anche a livello nazionale, non lo nego: ma fra due anni e mezzo, quando scadrà il mio mandato, sono certo che il Gruppo Acos saprà scegliere bene il mio sostituto. Personalmente ho molti interessi a cui intendo dedicarmi: dal mare alla bici, alla scrittura. E poi, certamente, la politica, che è una ‘passionaccia’ che non passa. Ma da semplice militante. Dico no grazie a incarichi ‘di carriera’: mi piacerebbe invece dare un contributo di altro tipo, e provare a rimettere in moto un circuito virtuoso basato sulla concorrenza delle idee. Distribuirò volantini e consigli, ma solo se richiesti. Intanto, però, abbiamo ancora qualche bel progetto da portare a termine qui in Acos: ne riparliamo nel 2020.
Ettore Grassano