Grigi: buoni esempi e cattivi maestri

Grigi: buoni esempi e cattivi maestri CorriereAldi Jimmy Barco

 

 

In questo inizio d’estate rovente, meteorologicamente parlando, vorrei gettare un bricco d’acqua gelida addosso a tanti sportivi, appassionati di calcio e dei Grigi. E comincio con un “ nanetto “autobiografico.

A commento dell’incarico di Commissario Tecnico della Nazionale italiana appena conferito ad Arrigo Sacchi e dopo il discorso d’insediamento del mister di Fusignano il sommo Gianni Brera scrisse un lunghissimo pezzo su Repubblica preconizzando l’avventura del nuovo CT e di come, secondo lui, sarebbe andata a finire, motivando le sue previsioni e sostanziandole con teorie coraggiose. Devo ammettere che, pur essendo ammiratore del grande giornalista pavese nonché ”breriano ortodosso“, quell’articolo non mi aveva convinto, e avevo l’impressione che stavolta l’allora anziano critico sportivo, pur di non rinnegarsi, si fosse arrampicato sugli specchi con acrobatici paragoni ed arditi sillogismi. Ma non me la sentivo di tradire e abbandonare le teorie del nume il quale, quand’ero ragazzino, mi aveva aperto gli occhi sull’essenza di quello sport meraviglioso e spettacolare che è il calcio.

Ho quindi fatto una cosa per me singolare: in un tempo nel quale il Pc era, almeno per me, un mostro tecnologico che sarebbe stato spazzato via in un lustro al massimo, ho ritagliato l’articolo direttamente dal giornale e me lo sono messo nel portafoglio. Così ogni volta che rovistavo negli scomparti me lo trovavo sempre fra i piedi in mezzo a documenti e tessere varie.

Con il passare dei mesi e delle partite disputate dalla Nazionale azzurra targata Sacchi andavo a rileggermi l’articolo di Brera e lo trovavo persino più buonista di quello che vedevo sul campo. Poi arrivarono i Mondiali USA, perdemmo la finale ai rigori e, solo allora, mi è diventato chiaro che Brera aveva previsto tutto, alla perfezione.

Non vi dico i figuroni che facevo quando, nelle annose dispute tenute in quello che era Sacchi Arrigodefinito “Il Senato Accademico della Pelota“, io, fiero antisacchiano, sventolavo quell’articolo nel quale, tra l’altro, erano virgolettate le linee programmatiche dell’allora neo CT.

Chiedendo poi a sublimi conoscitori di calcio e ad addetti ai lavori appassionati e intelligenti come fosse possibile che un giornalista, per quanto illuminato, avesse visto con chiarezza inquietante il futuro in uno sport dove l’episodio e l’imprevedibile ne condizionano spesso la storia. La risposta dei saggi era, più o meno, la stessa: Brera coniugava l’intelligenza con una buona conoscenza tecnica del calcio, e l’esperienza gli aveva suggerito che, con parametri anche un po’ grossolani, si potesse inquadrare ogni fenomeno ed ogni episodio calcistico per ricavarne una sintesi abbastanza fedele alla verità oggettiva, e, rivelata quella, veniva tutto di conseguenza.

Tutto questo lungo preambolo per dirvi che … no, non mi sento un “Gianni Brera della Fraschetta” (a parte la passione comune per la Bonarda) e, soprattutto, non vi chiederò di salvare questo pezzo sul dekstop ma anch’io, nel mio piccolo, ho dei parametri semplici che applico sistematicamente e che a volte portano a giudizi e conclusioni sorprendenti.

Grigi, al Mocca arriva al Pontedera. Poteva essere una festa.... CorriereAlChiederò invece a tutti voi di rispondere a una semplice domanda: per te l’Alessandria Calcio è la squadra che ogni due fine settimana al Mocca gioca e spesso da vita a partite interessanti ed avvincenti o per te i Grigi sono un’immagine di questa città, ti accompagna i fine settimana, ti emozionano le sue gesta, le vittorie, le sconfitte e pensi che sarà così anche per i tuoi figli? Se rispondi “si” solo alla prima domanda puoi tranquillamente dedicarti ad altro se invece per te è buona la seconda allora prosegui la lettura e ti prometto una serie di considerazioni e di spunti di riflessione che ritengo interessanti.

Quello che purtroppo non riuscirò a garantire è di pubblicare quello che ognuno di noi vorrebbe sentirsi dire.

Comincio citando un vecchio proverbio che fa: “impossibile avere la botte piena e la moglie ubriaca“. Anche nel calcio, come nella vita, penso sia impossibile avere tutto, subito, sempre, presto, bene. Adesso la butto lì: se fra un anno il nostro Presidente, per qualunque motivo, decidesse o dovesse lasciare i Grigi, pur considerando gli sponsor che garantirebbero ancora per un po’ entrate non indifferenti e che il club ha un monte di debiti fisiologico e comunque miserrimo se confrontato alle mole delle spese correnti, l’Alessandria potrebbe essere acquisita da due categorie di operatori calcistici.

O da un altro altrettanto munifico personaggio appassionato dei Grigi come si è Brivido Caldo CorriereAl 7dimostrato fin qui Di Masi (un secondo miracolo in quattro anni mi pare chiedere troppo alla Divina Provvidenza…) oppure da una banda che in una stagione grattugerà quello che c’è e alla fine, se tutto va bene, porterà le chiavi al Sindaco.

Possibilità questa che, a oggi, appare remotissima perché è quasi impossibile che il nostro Presidente decida per il disimpegno. Detto fuori dai denti quindi non basta una proprietà solida per stare tranquilli circa il futuro del club cittadino; è indispensabile invece che i conti, i debiti, gli impegni, le attività e il valore dei giocatori in portafoglio siano equilibrati e compatibili con una società di calcio che rappresenta una storia, un bacino d’utenza e una categoria d’appartenenza come l’Alessandria. E sono convinto che questo equilibrio e questa compatibilità oggi non ci siano.

Sia chiaro, non sto dicendo che Di Masi sia un pazzo scriteriato che si è divertito a buttare i palazzi dalla finestra, penso invece che abbia forzato la situazione per arrivare quanto prima a una categoria che ti consenta di smettere di navigare “a vista“, cioè la cadetteria. E sono altrettanto convinto che ogni euro speso da Di Masi sia stato finora impiegato con consapevolezza e senso di responsabilità per un obiettivo che, se fosse stato raggiunto, avrebbe probabilmente aggiustato un bel po’ di cose sul piano finanziario, oltre che gratificare gli appassionati.

Il discorso è abbastanza semplice: nella gestione di una Società di calcio a fine annata, se il saldo dare- avere è negativo, la proprietà deve pareggiare i conti attraverso aumenti di capitale che altro non sono che apporti di denaro fresco che l’azionista immette nell’impresa di cui è proprietario.

Attenzione però: una cosa è il debito corrente (il monte stipendi e le spese correnti) e una cosa sono gli investimenti e le voci attive che riguardano, ad esempio, la proprietà dei cartellini di certi giocatori. Così come un’impresa di trasporti, ad esempio, decidesse di vendere un proprio mezzo d’opera per pagare gli stipendi dei dipendenti finirà, se dovesse ripetere spesso l’ operazione, di rimanere senza camion per svolgere la propria attività. Dovrà quindi, anziché continuare a cedere i suoi beni strumentali, limitare le proprie spese correnti e con i risparmi ottenuti pagare gli autisti.

Allo stesso modo se una società di calcio non trova equilibri fra spese correnti ed entrate certe e ricorre sistematicamente ai denari della proprietà in modo massiccio per azzerare il deficit non sarà mai appetibile per un imprenditore serio che intende far calcio il quale è disposto si a mettere cifre ragionevoli per azzerare i bilanci ma niente di eccessivo, correndo già un rischio d’impresa che nella fattispecie è altissimo.

Inoltre, anche se l’Alessandria detenesse valori di cartellini importanti, se e quando decidesse di smobilizzarli, non potrebbe certo usare quei soldi per pagare gli stipendi, i quali fanno parte invece della gestione corrente. Della serie: un conto è comprare un’auto, altro conto è avere le risorse per tenerla in ordine, pagare assicurazione, tasse e carburante. Con quei capitali ricavati dalle cessioni di giocatori infatti si dovrebbe acquisire cartellini di altri giocatori possibilmente giovani i quali, tra l’altro, costano pure poco di stipendio.

E’ chiaro che esiste un equilibrio ragionevole fra la politica dei Grigi di Di Masi che, fino ad oggi ha rincorso la Serie B attraverso la strategia di pagare stipendi favolosi a tanti giocatori con curricula da primedonne, e la costruzione sistematica di un collettivo fatto da giovani promesse e motivati professionisti di categoria.

Questo equilibrio virtuoso, se raggiunto, non è fondamentale, dal mio punto di vista, per preservare le riserve auree del giovane presidente bensì per avere la garanzia che nel prossimo futuro la società mandrogna sia appetibile per eventuali imprenditori seri che nuovi dirigenti che vogliano misurarsi nell’impresa di gestire una siffatta realtà calcistica.

Ecco quindi il puntoBrivido Caldo CorriereAl 6: una società di calcio, se la vogliamo veder sopravvivere, al di là delle vittorie e delle sconfitte ottenute sul campo, deve avere una gestione sostenibile non solo dal proprietario pro tempore ma pure da una base, la più vasta possibile, di potenziali altre proprietà. Questo concetto così elementare porta subito il tifoso più becero e miope ad arrivare a una conclusione altrettanto becera e miope: e bravo Jimmy, ti piacerebbe che io rinunciassi a veder giocare con la maglia grigia i giocatori top ma semplici ragazzini di belle speranze avendo però la certezza che la stagione successiva non ci sarebbero eventuali problemi di continuità per la società?

No, non ho detto questo. Dico solo che, a prescindere dalla potenza finanziaria di una proprietà, se una società di calcio rispetta certi parametri, è destinata a lunga e onorevole vita. E si che questa piazza, alle crisi societarie e alle estati passate a scrutare l’orizzonte in attesa di veder arrivare una proprietà pur che sia si è ormai fatta una cultura. O preferite che vi ricordi decenni interi di vicende estive dolorose e paradossali? Persino l’ultimo campionato che ci ha visti protagonisti fino ai play off per salire in B (gestione Veltroni per chi se lo sia dimenticato) dovrebbe aver insegnato qualcosa: la stagione è finita con la retrocessione in C2 per illecito sportivo, presidente, giocatori e allenatori in fuga e chi è rimasto qua lo ha fatto sperando di raschiare comodamente il fondo del barile mentre il deficit mostruoso dell’Alessandria è stato ripianato da sconosciuti (o quasi) grazie ad una serie di congiunzioni astrali che si ripresentano una volta ogni duecento anni.

Sono pure convinto che Di Masi incarni un modello di dirigente di calcio totalmente opposto a quello rappresentato dal bellimbusto che arrivava da Sansovino. Infatti non sono preoccupato fino a che Di Masi rimane alla guida del Club bensì per un eventuale dopo Di Masi. E se il nostro Presidente ora decidesse di rivoltare come un calzino la sua politica societaria in senso più austero avrà comunque il mio assenso incondizionato e quello di tutte le persone che, quando si parla di Grigi, non necessariamente si sentono autorizzati a spegnere il cervello richiamandosi alla, troppo spesso invocata a sproposito, “passione “.

Ma, mi chiedo, la “passione” è una di quelle cose che non mi fa preoccupare del futuro dell’oggetto amato e che deve essere pagata sempre da qualcun altro? Provate a studiarvi un po’ la storia di questa società e cercate di cogliere i meccanismi e gli errori che in sessanta anni ci hanno relegato tra le… prime 120 squadre d’Italia quando invece galleggiavamo dal quindicesimo al ventesimo posto e vedrete che non c’è giocatore al mondo più forte di una Società forte. Se poi le “partite della vita” i nostri storici ufficiali la fanno commentare dall’ex DS Cardini, quello del disastro Veltroni per intenderci, allora studiate pure la storia ma state attenti ai cattivi maestri…