Da oggi Jimmy Barco, una delle firme più conosciute e apprezzate del giornalismo sportivo alessandrino, ci racconterà la fase finale del campionato dei Grigi, in campo e negli spogliatoi. Ovvio che l’auspicio di noi tutti è uno solo, e si chiama serie B. Benvenuto a bordo Jimmy! E. G.
Ancora 700 minuti di battaglie su un tappeto erboso formato 100 metri x 70 per sapere se la pratica “promozione” ( dopo quasi 9 lustri) sarà evasa subito o se i Grigi dovranno affrontare un nuovo, disperato campionato che si chiama play off.
Alla luce di quanto visto al Mocca sabato scorso contro la squadra di Giannichedda l’Alessandria non scoppia di salute ma neppure è in ambasce. E non mi lascio trascinare da quei puerili parallelismi secondo i quali … “ si, ma la Cremonese sta peggio!“
O meglio, la cosa può essere pure fondata ma i soggetti sui quali ci si deve concentrare in primis è l’Alessandria, e poi i punti che la squadra dovrà raccogliere di qui alla fine della regular season. Esagerando arrivo a dire che, rispetto ai punti totalizzati finora e ai 21 punti ancora in palio, persino il Livorno, distaccato in classifica di dieci punti dalla vetta, è ancora in corsa per la promozione diretta.
La prossima partita contro il Giana sabato prossimo quindi può essere un crocevia importante ma non certo decisivo. Se devo poi vedere il bicchiere mezzo pieno dico che il nostro prossimo avversario, se da una parte è la squadra più in forma del girone, dall’altra, sia per l’eccellente posizione che occupa in classifica sia perché dotata di contagioso entusiasmo, non verrà al Mocca posteggiando, come si dice, “il pulmann davanti alla propria porta”.
Albè, ritengo, preparerà la partita per giocarla a viso aperto ad entrambe le contendenti hanno le carte in regola per dar vita ad un match tirato e divertente. Sotto un certo punto di vista si tratta di un vantaggio perché la squadra di Braglia non ha nelle proprie corde la capacità di “gestire” partite, risultati e situazioni. E non ha questa capacità perché, secondo me, non possiede in organico di quei due/tre giocatori cardine capaci di congelare un match (ad esempio personalità tipo Artico).
In altre realtà ci sono invece elementi ai quali è riconosciuta l’autorevolezza di prendere in mano le questioni spinose, diventando così punto di riferimento di tutto il gruppo. Questa tipologia di giocatore esiste in tutte le categorie, li riconosci a occhio nudo e non necessariamente per le loro qualità tecniche. Dallo loro invece possiedono una caratteristica comune: quando il gioco si fa duro i compagni in campo (e pure fuori dal terreno di gioco…) li cercano e si affidano a loro. Invero la presenza in organico di questi leader naturali non sempre è decisiva e, qualche volta, se il gruppo non trova una sintesi per scontri di personalità inconciliabili, possono pure rappresentare un problema in più anziché una soluzione.
Poi ci sono quelle figure pericolosissime che chiamo “finti leader“, giocatori cioè che fanno di tutto per apparire a tutti irrinunciabili punti di riferimento ma in realtà la squadra non li stima e spesso li ignora, finendo di essere leader giusto per le loro mogli e i loro pargoli. Ma questo è un altro discorso. Quindi leader si nasce e non si diventa, e non c’è scuola al mondo che ti rilascia il diploma appunto di “leader”.
Per chiudere il discorso ribadisco che anche fra i fuoriclasse c’è chi leader lo è (ad esempio Ibra) e chi invece no (esempio classico quel campione straordinario che risponde al nome di Messi) Accidenti, però: è la prima volta che scrivo il commento di metà settimana per CorriereAl e non vorrei che si pensasse che di colpo sia diventato un banale “benaltrista”. …