5 (o forse più) domande a… Elena Rossi

elena rossi BOZZA CorriereAl 2di Andrea Antonuccio.

Laureata in Scienze Politiche nel 2004, orientamento sociologico (prima della riforma del 3+2), durante l’ultimo anno di università Elena Rossi fa l’Erasmus in Olanda, a Rotterdam (“un’esperienza esaltante”, afferma).

Dopo la laurea inizia a collaborare con Radio Gold, fa la pratica giornalistica e nel 2008 dà l’esame di Stato, conquistando l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti. Rimane a Radio Gold fino al 2011, diventando nel frattempo capo redattrice, poi le strade si dividono. Oggi lavora con Amapola, agenzia di comunicazione specializzata nella sostenibilità. Le piace giocare a calcetto, non ama collezionare niente perché questa cosa le sa di malinconico, e adora la fotografia anche se non ha mai davvero imparato a usare una macchina come si deve. O almeno così dice…

elena rossi BOZZA CorriereAl1) Elena, tu sei impegnata nel volontariato con la San Vincenzo degli Orti, la tua parrocchia. Perché lo fai?
Lo faccio perché ho voluto seguire un esempio, quello di mia madre, da sempre impegnata in molti ambiti sociali e di volontariato. Crescendo ho capito quanto fosse importante questa cosa per la mia crescita personale e umana, perché ti apre la mente, ti fa conoscere realtà che in altro modo non conosceresti, ti fa uscire dall’autocentrismo in cui tutti rischiamo di cadere oggi, e guardare agli altri con occhi diversi, guardare all’umanità (e alla divinità) in modo diverso.

2) Parliamo di “divinità”, allora. Tu sei credente?
Sì, sono credente. Rispetto chi la pensa diversamente da me, ho molti amici che non credono o che non praticano, ma credo che si perdano una bella esperienza, che dà senso alle cose e alle persone del proprio quotidiano e aiuta a cogliere gli aspetti della vita con maggiore intensità.

elena rossi3) Passiamo a un’altra tua attività “volontaria”, il centro antiviolenza me.dea. Come ci sei arrivata?
Qui ci vuole una precisazione, perché me.dea è un’attività tra il lavoro e il volontariato. Avremmo diritto a rimborsi spesa, che chiaramente in un momento di crisi economica come quello che l’associazione sta vivendo, non riusciamo ad assicurarci. Ho incontrato questa realtà, per caso, nel mio cercare nuovi stimoli quando avevo lasciato la radio, e me ne sono innamorata. Donne che aiutano altre donne: non ero abituata a questa dinamica, ma ho scoperto che è qualcosa di molto potente. Non pensare però agli slogan femministi e alle battaglie degli Anni 70. Combattere la violenza sulle donne significa ridare benessere, dignità e libertà a una donna che ne è stata privata da chi diceva di amarla. C’è molto lavoro da fare, soprattutto per cambiare la cultura sessista e maschilista in cui viviamo e che è all’origine della violenza.

elena rossi BOZZA CorriereAl 34) Non ti sembra che la manifestazione dell’8 marzo “Nonunadimeno”, a cui tu con me.dea hai partecipato, avesse invece un sapore da femminismo Anni 70?
Sì, è vero. Forse perché le donne hanno sentito il bisogno di appellarsi a quelle grandi battaglie e a quelle modalità per farsi ascoltare. Il punto è che molti pensano, sbagliando, che non ci sia più niente da conquistare, ma non è così. E anche se raggiungessimo la parità nella nostra parte di mondo, non possiamo dimenticarci cosa accade in certi Paesi. Le manifestazioni si possono organizzare in tanti modi, ma io credo che occorra guardare al merito più che alla forma.

5) Torniamo alla San Vincenzo. Che cosa ti colpisce di più delle persone bisognose che incontri?
La loro capacità di accogliere. Non importa se è presto o tardi, se non le vedi da un mese o da pochi giorni, se arrivi con una borsa stracolmo di cibo o con un semplice pacco di biscotti, sono sempre contente di ricevere la persona che sta andando da loro. Questa è una cosa fortissima, che non capita solitamente nei rapporti “normali”, non con questa intensità.

elena rossi BOZZA CorriereAl 15bis) E questo che cosa ti insegna?
Che basta poco per fare felice qualcuno, che per aiutare gli altri bisogna dare se stessi e non qualcosa, che siamo tutti bisognosi di amore, attenzioni e cura, allo stesso identico modo. E che andando incontro agli altri scopriamo anche in noi questo bisogno.

5ter) Come vedi, dal tuo punto di osservazione, la nostra città? E’ davvero così “giù”?
Sono un’ottimista di natura, ma non posso negare che ci sono moltissime situazioni di disagio nella nostra città. A volte è demoralizzante, perché non si riescono a trovare soluzioni risolutive. Certamente non può dipendere tutto dal volontariato, ma il lavoro delle no profit è immenso e a volte mi chiedo cosa accadrebbe se non esistessero queste realtà.

Ultima domanda: hai un sogno nel cassetto?
Sognavo di fare l’inviata di guerra, ma quel cassetto si è aperto e ha lasciato volare via il sogno. Oggi non ho un traguardo particolare da raggiungere, ma sogno una vita in cui il lavoro possa trovare il giusto spazio senza invadere il resto, e io possa avere sempre energie nuove da dedicare a tutte le cose che ti ho raccontato di me.

Ultimissima domanda. La città vuole sapere: in quale ruolo giochi, a calcetto?
Punta!!!

Tanti gol?
Abbastanza… sono lenta e non corro, ma se mi passano la palla buco la rete!