Abitazioni e imprese finite in aree golenali: un’emergenza alessandrina di cui nessuno si occupa. Perchè?

alluvione-area-golenale-2di Graziella Zaccone Languzzi

 

Sulle abitazioni e attività  “cadute” per forza maggiore in aree golenali,  vorrei   lanciare un segnale  a chi è preposto e ha  potere e titolo  nel  prendere decisioni utilizzando gli strumenti legislativi a disposizione per risolvere i problemi dei danneggiati da plurime  alluvioni  che non sanno più che “pesci” pigliare. Come sempre vengo ritenuta “l’ultima spiaggia” da consultare dopo non aver avuto risposte da i titolati  in ambito.  Da fine 2016  ad arrivare in  questi giorni ho ricevuto richieste di aiuto da cittadini residenti o solo con attività in aree divenute golenali  dopo difese arginali importanti. Immobili che prima degli interventi  erano fuori dal problema. Ora le difese spondali sono necessarie ma sarebbe stato  anche necessario  valutare l’esistente  che sarebbe rimasto fuori senza protezione e trovare una soluzione.

Quegli immobili con il loro contenuto umano non sono mai stati  invisibili, hanno utenze , si presume allacci fognari e servizio ritiro rifiuti, sono  serviti da illuminazione e viabilità pubblica anche se precaria per mancanza di manutenzione ma soprattutto esistono  perché  pagano tutte le tasse locali, provinciali, regionali, nazionali accise comprese.  La loro esistenza è quindi conosciuta, e quegli immobili qualcuno nella Pubblica Amministrazione fosse anche di 50 anni fa li ha autorizzati e la stessa  negli anni soprattutto dopo il ’94 non si è mai scomodata a intervenire, e oggi con gli strumenti a tutela dei cittadini  non si fa nulla per trovare soluzioni, e li si lascia al loro gramo destino.

Se qualcuno preposto li ascoltasse saprebbero cosa chiedono questi cittadini ed alluvione-area-golenaleimprenditori.  Chiedono una possibile progettazione  di  difesa  oppure  di essere rilocalizzati o delocalizzati  come la  si vuole chiamare  con un  risarcimento adeguato, possibilità prevista  da tempo anche  dalla Regione Piemonte  ma soprattutto  dal “Piano per la valutazione e la gestione del rischio di alluvioni – Art. 7 della Direttiva 2007/60/CE e del D.lgs. n. 49 del 23.02.2010  IlI A. Relazione di piano – Primo Piano di gestione del rischio di alluvioni (PGRA 2015-2021) di cui il link: http://www.adbpo.it/PDGA_Documenti_Piano/PGRA2015/Sezione_A/Relazioni/Parte_3A/3A_RELAZIONE_Primo_PGRA_2015-2021.pdf

Sempre che si rispettino le leggi, regole e le Autorità incaricate allo scopo. I casi  di cui tratto sono conosciuti in Alessandria, ed è spuntato  un caso anche  sul territorio di Pietra Marazzi, si attendono altre richieste di intervento, ma io che strumenti ho per aiutarli?

Via Margiocchi è divenuta famosa ad Alessandria dopo le continue denunce del sig. Monticone  ai media.  In questi giorni su quella strada si legge una news entry che la dice lunga sulla situazione, e anche qui casi ne spunteranno altri.  Ora però vorrei dare una “sveglia” ai belli addormentati con titolo di ascolto e risoluzione dei problemi perché i cittadini contribuenti sono tutti uguali e con gli stessi diritti, quindi  parliamo  del Piano ADBPO di cui il link sopracitato, utile per divulgare uno strumento da utilizzare se solo se ne avesse voglia di farlo e smettere di far tribolare le persone. Questo Piano di ADBPO è aggiornatissimo ed è stato stilato nel febbraio 2016 in aggiornamento a precedenti, da un Gruppo di lavoro: Autorità di Bacino del Fiume Po, Dipartimento Protezione Civile e  Regioni: Emilia Romagna- Liguria – Piemonte – Veneto – Valle Aosta – P.A. di Trento.

Una massa di lavoro che non è rimasta nel segreto di un cassetto, ma  tali informazioni sono state comunicate ed evidenziate (escludendo le Regioni che sono in elenco soprariportate perché documento stilato da loro)  a tutti i COMUNI (2772 lettere inviate via pec) e a tutte le PROVINCE dei distretti interessati da fenomeni alluvionali, portando l’attenzione sulla necessità di una attenta valutazione delle situazioni di rischio rappresentate nelle mappe in relazione agli adempimenti di competenza. Al MIT ( Struttura Tecnica di Missione)  e a tutti gli ENTI PROPRIETARI di infrastrutture. Alle reti viarie e ferroviarie del distretto coinvolte da fenomeni alluvionali per la valutazione delle condizioni di esposizione al rischio di alluvione ed una verifica della vulnerabilità dei manufatti coinvolti. Al MIUR e alla Struttura di Missione per l’Edilizia scolastica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per metterli nelle condizioni di tener conto delle informazioni contenute nelle mappe al fine valutare la vulnerabilità dei singoli edifici e predisporre eventuali azioni di mitigazione. Al MIBACT per metterli nelle condizioni di tener conto delle informazioni contenute nelle mappe al fine di valutare la vulnerabilità dei singoli beni culturali esposti. A AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e agli operatori di telefonia mobile e fissa per metterli nelle condizioni di programmare le attività di analisi più approfondite necessarie a valutare la vulnerabilità di centrali, apparati e reti dedicati alle telecomunicazioni. Infine e questa la sottolineo,  alle PREFETTURE per la necessaria conoscenza in relazione ai temi della protezione civile. 

Tale Piano (una specie di bibbia) di 91 pagine, come me lo sono “sciroppato” io  che non sono preposta a nulla, suppongo che chi è  titolato in ambito se lo sia letto e con attenzione.  Ma per chi forse non lo ha ritenuto di perderci del tempo, per evitare il fastidio o la fatica di conoscerne i contenuti, in merito al punto che tratta solo la rilocalizzazione , l’argomento è a cavallo tra le pag.46/47 e a seguire arrivare a pag. 61 dove vi è una tabella che dà indicazioni.  Cito anche un altro link interessante  da leggere:  //www.idrologia.polito.it/didattica/PIT/2015/4.Mitigazione/Altre_Letture/ADBPO_Rischio_alluvionale.pdf – il punto dell’argomento è a pag.46.

Dal testo estrapolo solo  per motivi di spazio una parte importante: “Una recente indagine sul pericolo frane e alluvioni in l’Italia effettuata da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile (Ecosistema Rischio 2008) realizzata nell’ambito della campagna nazionale Operazione Fiumi 2008, evidenzia la quasi totale assenza di attività di delocalizzazione delle strutture presenti nelle aree più a rischio: solo il 5% delle amministrazioni ha avviato questo tipo di interventi per le abitazioni e appena il 4% per i fabbricati industriali.   

Perchè tanto menefreghismo?