Alessandria, 1945. La fine della guerra che non arrivava mai. La spasmodica attesa rievocata da Angelo Marenzana nel suo ultimo libro Alle spalle del cielo. A quell’epoca risale il testamento del pilota Luiz Lopes Dornelles, primo gruppo da caccia della forza aerea brasiliana in Italia, indirizzato al collega tenente Ismael Da Motta Paes, redatto nei primi giorni di aprile.
Questo il testo:
Motta, se vuoi puoi tenerti le mie sigarette, così non le scroccherai più a nessuno. Nella valigia c’è una stecca che appartiene al Brandini. Penso comunque che non ne avrà bisogno, perché non riesco a capire come un ragazzo che è uscito dal seminario conquisti le donne in cambio di sigarette. Siccome per fumare, le sigarette bisogna accenderle, puoi quindi trattenere anche i cerini.
Rocha, dal momento che tu sei molto più americano che brasiliano, ti lascio le mie birre.
Ai Medeiros. Ho la certezza che a lui piacerà tenersi lo specchio e la spazzola per pettinare ciò che lui chiama “baffi”.
Meira, se non ti offendi, puoi far man bassa delle mie camicie. Tanto… le buttavo via.
Medeiros, ti prego di consegnare il ritratto della russa al Waldyr e dirle che l’indirizzo è il seguente: Via Inhangà 27, appartamento 340. Dopotutto a lei piacerà rimanere con qualcuno che mi conosceva e il piccoletto Waldyr trascorrerà alcuni giorni in buona compagnia (perché lei non resisterà molto tempo).
Dite pure al Janiao che la misura è documento… per rompere pietre giù nella pietraia.
Al Cauby, che mi pare abbia bisogno di uno spazzolino da denti, gli lascio il mio. Il Palmolive lo lascio a Cox.
La pipa la lascio al Brandini assieme alla pistolina. Le due cose mi pare vadano bene assieme, non ti sembra?
A Rocha che, se non avesse la testa piena di tanti pensieri, gli potrebbe andare bene il mio cappello.
A Roland lascio i film a colori, con i miei complimenti.
Il resto, eccetto gli indumenti, dovete mandarli a mia sorella Maria Lopez Dornelles, Rua Duque de Caxias, 1228 – Porto Alegre.
Luis Lopes Dornelles redasse il testamento pochi giorni prima della sua morte, avvenuta in Alessandria il 26 aprile 1945, ovvero nel primo giorno di pace. Tenente pilota del primo gruppo da caccia della forza aerea brasiliana operante in collaborazione con le truppe alleate, Dornelles resta statisticamente il morto più assurdo di quel periodo storico. Eppure, dopo il giorno della liberazione, fu ancora guerra per diverse ore perché le truppe tedesche in ritirata disordinata costituivano una minaccia per il territorio e per la vita di molti italiani. Così la flotta aerea alleata decise in quel frangente di portare un contributo locale e immediato, alleggerendo la pressione nemica sulle forze partigiane operanti nella zona. La missione del 26 aprile comprendeva un’incursione sulla stazione di Alessandria. La squadriglia brasiliana, dopo le otto del mattino, avvistò sulla strada ferrata davanti alla stazione diverse componenti ferroviarie. Si diede allora inizio alla manovra e gli aerei attaccarono con voli radenti e ripetute raffiche di mitragliatrice una locomotiva con trenta vagoni. Sul luogo era presente un’antiaerea tedesca che riuscì a colpire due aerei della flotta. Quello del tenente Dornelles, nonostante i seri danni, riuscì ancora a buttarsi sugli obiettivi e a distruggere la locomotiva che saltò in aria proprio a causa di questo affondo decisivo. Con il mezzo tanto seriamente compromesso, Dornelles volò a bassa quota sulla locomotiva e proseguì quindi come un bolide a più di cinquecento chilometri all’ora, andando a schiantarsi sul magazzino del Telegrafo di Stato, tra i numeri 39 e 41 di Spalto Borgoglio. Il corpo del pilota, causa l’impatto, venne proiettato fuori e immediato fu il decesso.
Vicino al posto della deflagrazione si trovava Angelo Orsetti, a quell’epoca trentenne tecnico del Telegrafo di Stato. Pochi istanti prima che l’aereo, per quanto colpito, riuscisse a portare a termine la propria missione, Orsetti si era rifugiato all’interno della stazione a ridosso del muro di cinta, esattamente sulla rotta di arrivo dei velivoli in picchiata. L’ora stimata da quel testimone tanto prezioso – che negli anni Cinquanta sarebbe divenuto padre di un bel bambino biondo di nome Roberto, destinato ad acquisire una tiepida fama locale come disc-jokey radiofonico e a incrociare il proprio destino con quello di una misteriosa ascoltatrice notturna di nome Melissa – si situava fra le 8,15 e le 8,30, quando al rumore degli aerei in avvicinamento si sovrappose, acuto e angosciante, il segnale di allarme.
Una locomotiva a vapore era in manovra sui primi binari, forse gli unici ancora attivi. Per quanto buone fossero le condizioni di visibilità, Angelo Orsetti non intuì subito che, se fosse rimasto in quel luogo, sarebbe stato colpito senza possibilità di fuga. Fu per merito di una strana ragazza, vestita con un buffo abito fuori moda, tipico degli anni Venti, pallidissima e gravida d’acqua (particolari di sicuro registrati ma per nulla soppesati dall’Orsetti, data la gravità del momento), che, tirandolo per un braccio, gli urlò una serie di parole tanto per lui salvifiche quanto bizzarre: “Venga via di qui, Angelo, lei non può morire. Io mi devo innamorare di Bob!” e lui, sebbene stupito, non si soffermò affatto sul nessun senso di quelle frasi (Chi era Bob? Un soldato inglese?) e, con una rapida corsa e la ragazza accanto che grondava puzzolente acqua di fiume, si portò sul lato destro rispetto alla picchiata degli aerei e si distese dietro a un riparo senza peraltro perdere di vista le evoluzioni nel cielo di Alessandria.
Gli aerei si avventarono in manovra di attacco radente, distanziati di poco l’uno dall’altro. Uno dei due, pur contrastato dalla contraerea tedesca subito entrata in funzione, mitragliò ripetutamente centrando la locomotiva e allontanandosi in cabrata. L’altro, iniziato a sua volta il mitragliamento, venne pesantemente messo in difficoltà dai tiri provenienti da terra. L’Orsetti capì che la picchiata di quest’ultimo si sarebbe conclusa con uno schianto fatale oltre il muro di cinta. Fu evidente che l’azione del mitragliamento del velivolo si era interrotta di colpo e che non si era dato corso alla manovra di richiamata. L’aereo sul quale si trovava il tenente Dornelles continuò ad abbassarsi, toccò di piatto il muro di cinta, divelse alcuni alberi e si schiantò nel punto ora indicato al n. 39 e 41 di Spalto Borgoglio, dove non esisteva il palazzo attuale ma un edificio adibito a magazzino esattamente identico a quello ancora adiacente.
Il violentissimo urto sfondò il primo e il secondo muro e il velivolo s’impattò contro il terzo, provocando un incendio poi spento con tempestività dallo stesso Orsetti assieme alle altre persone presenti all’incidente. Il pilota fu trovato morto, sbalzato fuori dall’abitacolo con altri rottami all’altezza del n. 54 di Spalto Borgoglio. Luis Lopes Dornelles giaceva riverso sul marciapiede a circa 150 metri dal punto d’impatto.
Quella fu l’ultima azione bellica su Alessandria, l’ultimo abbattimento in Piemonte. Probabilmente l’ultimo anche in Italia. Angelo Orsetti cercò per diversi minuti con lo sguardo, e non solo quello, la strana ragazza zuppa d’acqua alla quale forse doveva la vita. Non la vide, chiese in giro di lei, abbozzando una goffa descrizione dei suoi abiti e del suo stato di evidente difficoltà. Ma nessuno fu in gradi di dargli uno straccio di risposta. Qualche anno dopo, nel 1954, sua moglie avrebbe messo al mondo Roberto. Quella frase (Angelo, lei non può morire, io mi devo innamorare di Bob) avrebbe ricominciato a percuotergli le orecchie e la mente allorquando si fosse accorto, a metà degli anni Sessanta, che tutta la gente di Alessandria, chissà perché, aveva soprannominato il suo adorato figlio alla stregua di un pilota inglese. Stradinom di provincia. Abitudini del territorio. Ma chi si doveva innamorare di Bob Orsetti?
(Documentazione a cura di Francesco Carrer)