Signorini: “Cerco una squadra di 20 ragazzi per fare decollare il Monferrato”

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signorini-nuova“Il motore lo abbiamo acceso, ora si tratta di avviare davvero un percorso, e una serie di progetti capaci di creare un effetto ‘moltiplicatore’ su questo territorio. In questi giorni sto cominciando gli incontri con i ragazzi che si sono fatti avanti, al convegno di Palazzo Monferrato e nei giorni successivi”. Il ‘contadino per scelta’ Umberto Signorini lo abbiamo già presentato alcune settimane fa ai lettori di CorriereAl, e ci ha così incuriositi da spingerci a tornare a trovarlo, veramente ‘sul campo’, ossia in azienda, o meglio in una delle tre finora avviate: la SA San Martino, che si trova sulla strada che congiunge Occimiano a Borgo San Martino, appunto.

“Qui lavorano già oggi 9 persone, più l’indotto costituito quasi esclusivamente da capre-san-martinorealtà locali. Poi c’è la realtà di San Michele, e la terza azienda, che abbiamo chiamato Chèvres, ossia Capre, in francese. Questa terza realtà è l’unica in fase di investimento, e andrà a pareggio tra un paio d’anni. Le altre due, grazie alla produzione di energia tramite biomasse, sono già in utile oggi. Perché sarebbe un po’ ridicolo pretendere di dare consigli ad altri su come far partite aziende agricole sane, che producono reddito, senza averlo mai fatto in prima persona: non trova?”

signorini-2Umberto Signorini è una figura difficile da descrivere, va conosciuto. A 75 anni emana l’energia di un ventenne, con in più l’esperienza di chi qualcosa nella vita ha effettivamente realizzato: “sono un milanese doc, nato povero. A 15 anni lavoravo già, a trenta giravo in mondo a sviluppare business, e a cogliere opportunità. Del Monferrato alessandrino mi sono innamorato in realtà fin dai primi anni Novanta, e ho preso casa sulle colline di Quargnento. Da tre anni, vendute le mie precedenti attività a fondi di investimento, ho deciso di accettare l’ultima sfida: che per me non è più fare soldi, ma cercare di aiutare questa porzione di territorio, il Monferrato, a credere in se stesso, e a valorizzarsi”. E secondo Signorini il valore principale su cui investire è uno solo: le persone: “Sono gli uomini e le donne che hanno fatto grande l’Italia dal dopoguerra agli anni Settanta. Poi via via questo paese si è come seduto, ha perso di vista il senso della sfida, dell’idea da trasformare in progetto, e naturalmente in business. Perché naturalmente i soldi sono importanti: ma non quanto la voglia di fare, l’entusiasmo mixato alle competenze”.

Poiché però, secondo la ‘vision’ di Signorini, “per spiegare ad altri come si fa bisogna essere credibili, e sei credibile se anche tu hai fatto, e fai”, l’uomo d’affari milanese tre anni si è ‘immerso’ a tempo pieno nella dimensione di imprenditore agricolo, “valorizzando ovviamente le competenze di chi ha sempresignorini-anarratone fatto questo mestiere, e ne sa enormemente più di me, ma anche cercando di applicare alla filiera dell’agricoltura metodologie imprenditoriali che consentano alle nostre azienda, ma anche a tante altre che decideranno di fare ‘filiera’ e crescere con noi, di costruire un’economia agricola di territorio davvero al passo coi tempi, e proiettata verso il futuro”.

Partner tecnico fondamentale del progetto sarà la Cia di Alessandria: “Con loro c’è stata ampia condivisione di intenti, da subito: e proprio da loro, in questi giorni, si terrà il primo incontro, collettivo, con i 21 giovani che ci hanno fornito i loro contatti a seguito del convegno organizzato a Palazzo Monferrato”.

 Ma chi sono queste persone?  “Per ora posso dire che sono quasi tutti giovani, perché è da lì che bisogna partire: da chi oggi ha vent’anni, e un avvenire tutto da costruire, con le proprie mani.  Sono laureati, o laureandi, perché una solida cultura di base è indispensabile oggi, anche per fare il contadino. Dopo il primo incontro collettivo, che faremo a casa di Cia, partner per tutti gli aspetti organizzativi, gestionali e burocratici, ci sarà ovviamente una diversificazione dei percorsi, a seconda delle ambizioni,  delle competenze, dei progetti: la speranza è individuare in questo primo gruppo di candidati almeno 3 o 4 figure di potenziali veri imprenditori”.

E qui Signorini non rinuncia alla battuta, per stupire ma anche per lanciare un messaggio chiaro: “Sia chiaro, io sono classista. Non nel senso che privilegio chi ha già denaro e terreni: se qualcuno li ha, buon per lui, ma non è indispensabile. Sono classista perché un conto è se si presentano persone che vogliono un impiego da dipendenti: a loro dico ‘grazie, lasciate il curriculum, sarà valutato’. Ma a me interessa di più dialogare con chi vuole fare impresa, rischiando di suo e lavorando giorno e notte per creare attività, e quindi anche occupazione, e valore aggiunto per tutto il territorio”.

agricoltori-giovani-2Va beh, ma si fa presto a dire: ‘faccio il contadino, anzi innovazione in agricoltura’: ma senza terra, e senza risorse, dove vai? “Non è così – spiega Signorini -, e il mio ruolo in questo progetto per il Monferrato sarà proprio questo: affiancare questi aspiranti imprenditori, valutare con loro se le loro idee hanno senso o meno, se stanno in piedi dal punto di vista del business, e come hanno necessità di essere finanziate. Durante il convegno a Palazzo Monferrato ho portato appositamente una grande banca, Bnl/Bnp Paribas, perché fosse chiaro che anche su questo fronte un interlocutore serio e qualificato già c’è”. 

Ma Signorini, da ‘uomo del fare’, va oltre: “qualche proposta già io ce l’ho, da valutare insieme a giovani di talento, e buona volontà. La prima: ho rilevato di recente una cascina a San Michele, alle porte di Alessandria. Struttura abitativa, e venti ettari di terreno. Pochi, se la pensi in termini di agricoltura tradizionale: ma abbastanza se ti inventi una specializzazione vera. Penso al luppolo: sa che il 90% della materia prima utilizzata dai burrifici piemontesi viene comprata altrove? Perché non creare una filiera locale? Ma penso anche ad un distretto della capra, con tutto ciò che ad esso è connesso: dal latte ai latticini, alla carne e ai salumi. Noi oggi abbiamo 1.200 capi tra Borgo San Martino e Lu Monferrato, con l’obiettivo di raddoppiare i capi in maniera rapida, e soprattutto di ottimizzare tutto il percorso della filiera. In questo contesto, se ci fosse un giovane interessato a sviluppare un’azienda complementare, che ad esempio ‘raccoglie’ da noi i capi ad una certa età, perché non crescere insieme?”.

L’obiettivo di Signorini è certamente ambizioso: “dobbiamo coniugare i ‘fondamentali’ dell’agricoltura con l’innovazione, tecnologica e di processo. E poi saper fare marketing e comunicazione in modo innovativo, per attrarre risorse, consumatori, turisti. E anche qui sto già lavorando, con due soci, ad un progetto concreto e importante, che vedrà la luce la prossima primavera. Per ora vi dico solo il nome: 365 Monferrato Casalese. Il Monferrato è un territorio splendido, non ha niente da invidiare alle Langhe, o a certi paesaggi toscani. Quel che qui certamente è mancato finora è un certo dinamismo imprenditoriale, e anche la volontà di fare rete e sistema, per crescere insieme”. Che ruolo deve avere, in questo percorso, la mano pubblica? “Guardi, se il pubblico riesce a snellire procedure e burocrazia, e non crea ostacoli, è già molto. Poi certo, anziché finanziamenti ‘a pioggia’ (non sono più i tempi, e soprattutto senza progetti veri e concreti non servono a nulla, non creano ricchezza) sarebbero auspicabili aiuti selettivi, in forma di sgravi fiscali e non solo: sa che per attrezzare gli scarichi dei bagni delle persone che lavorano in questa azienda abbiamo speso 40 mila euro? Ecco, un agricoltore di fronte a spese simili, che non sono poche, spesso vacilla”.

L’auspicio del ‘contadino per scelta’ Umberto Signorini è che nel progetto di Massa 1valorizzazione agricola (ma anche turistica e culturale) del Monferrato possano giocare un ruolo fondamentale Citta del Bio e Biodistretti: “di recente abbiamo fatto un incontro nel casalese, con la partecipazione del segretario generale della Città del Bio Luigi Massa, proprio per proporre la costituzione di un Biodistretto del Monferrato, attraverso il quale dare una spinta propulsiva ad un territorio che ha spesso peccato di autolesionismo: anche le polemiche che affiorano ogni tanto sul marchio Monferrato, tra casalesi e alessandrini, le capisco poco. Sarà che sono milanese: o forse semplicemente, da uomo di business, mi interessa di più aggregare per crescere tutti insieme che litigare nella decadenza. Questo naturalmente senza negare le singole identità, che anzi vanno valorizzate: ma se si crea sviluppo e benessere, il resto viene da sé”.

 

Ettore Grassano