Ciao, Pierino [U Gnacapiög]

Bona Giorgiodi Giorgio Bona

 
Quando ho appreso dal mio caro amico Danilo Arona della scomparsa di Pierino Barbarino non ci volevo credere. Un altro straordinario protagonista di quell’Alessandria, la nostra Alessandria, se ne è andato.

Io non voglio ricordarlo con le solite frasi di circostanza che lasciano il tempo che trovano. Pierino era un alessandrino vero e non lo avrebbe apprezzato. Sono certo invece che avrebbe gradito quella sana ironia e autoironia che è nella filosofia spicciola dei mandrogni, ed è quella che a volte ti aiuta a stare a galla e ad affrontare la vita con spirito diverso.

Danilo ha scritto uno splendido editoriale sul mitico locale gestito con professionalità e simpatia da Pierino insieme al fratello Giuseppe.

Danilo e io ci siamo conosciuti lì e allora lo stregone laico delle magie di Bassavilla mi Barbarino Pierinoperdoni, non è per gelosia, ma anche io voglio dire la mia, perché, con i miei amici Fabrizio Gavazza, ora celeberrimo manager Mediaset, e Pino Mantelli, rinomato chef, abbiamo riempito la nostra lavagna di ricordi memorabili con quelle serate trascorse nel mitico locale.

Era una sera di novembre di quarant’anni fa. Mi trovavo in compagnia di Giorgio Simonetti in arte Simone e di Giulio Traversa detto il Biondo. Simonetti guardò l’ora. Era da poco passata la mezzanotte e io mi apprestavo ad andare a casa.

Adess ui riva al bel, disse Simone rivolgendosi al mio indirizzo. Adess at trag an tel pastis. Alegher!
Guardai Giulio che rideva senza dire una parola. Ci incamminammo dal centro città verso il Cristo: quando arrivammo mi accolse l’insegna del Bar Pasticceria Pierino e Giuseppe.

Entrammo e Simone mi presentò ai gestori. Mi resi conto immediatamente che la cordialità e la simpatia erano di casa e e non solo.
Allora ero al primo anno di Lettere e qualcuno prospettava per me un futuro da lavoratore della scuola e da dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione. Per questa ragione quella sera medesima mi fu coniato lo stradinom che poi gli amici della notte e i frequentatori del locale usavano apostrofarmi: il Maestro. E adesso qui non fraintendetemi. Qualcuno può anche pensare che tutto ciò sia un vanto e io sia e mi consideri un maestro di chissà cosa. Il riferimento era Sordi Maestro Vigevanochiaramente al romanzo di Lucio Mastronardi “Il maestro di Vigevano”, dove nel film interpretato da Albertone Sordi c’era una scena particolare in cui l’insegnante dava il compito in classe per poi dormire dietro gli occhiali scuri. I bambini mantenevano un silenzio di tomba terrorizzati dal maestro che non si sapeva dove avesse lo sguardo.

“Tu come insegnante sarai come il maestro di Vigevano”, aveva detto Pierino, e da allora, ogni volta che entravo nel bar, sia Pierino che Beppe gridavano a gran voce “è arrivato il Maestro di Vigevano”!

Cominciai a frequentare il locale sempre più spesso e ci trascinai anche Pino e Fabrizio. Il tocco di grazia lo davano i frequentatori, quello zoccolo duro di artisti, intellettuali e musiscisti, tutti borderline che arricchivano e completavano la professionalità dei due gestori. Le serate erano all’insegna di ottimo cibo tutto ben innaffiato da vini di grande qualità.

Ricordo il grande maestro Maurizio Zana, pianista di fama internazionale, Mario Bilera, figlio di quell’arte informale che ha in Piemonte le sue radici, Danilo Arona compagno di scrittura e di tante serate goliardiche, Paolo Zoccola, professionista serio e stimato, maestro di giornalismo, Franco Livorsi, professore universitario e fine intellettuale, Giorgio Cellerino da Cantuma Lisondria, quando noi pischelli gli chiedevamo di suonarci “La spugna che solletica la prugna”.

Ricordo ancora, come fosse oggi, quando arrivammo un po’ alticci e Pino trasformò il bancone dalla pasticceria in un vespasiano. Pierino si era rabbuiato un attimo ma la rabbia fu subito velata da una sana e robusta battuta ironica. Dopo aver immediatamente pulito, vista l’ora tarda, si rivolse a noi che eravamo quella sera gli ultimi avventori e disse al fratello: ‘fai fè ‘na ciav che i saru lur al lucal. Me e te anduma a drumì’.

Pierino era così, prendere o lasciare. Un pezzo della nostra storia se ne va con quella di tanti avventori del locale, amici e protagonisti e restano tanti tanti ricordi.

Ciao Pierino, sono lì ad aspettarti e quando varcherai la porta di quel paradiso ti chiederanno una sola parola d’ordine per entrare. Alegher!