Terremoto: come in un Paese del terzo mondo

Renzo-Pennadi Renzo Penna

A proposito del terremoto che ha duramente colpito diverse località dell’Italia Centrale, ha ragione da vendere il geologo Mario Tozzi nel sostenere (su Huff. Post) che una scossa di magnitudo 6 non dovrebbe provocare i morti e le distruzioni che, invece, dopo il sisma che ha sconvolto pochi anni fa l’Aquila, si stanno, nuovamente, registrando.

In Italia continua a mancare un serio programma di manutenzione preventiva nelle zone che si sa essere a rischio sismico, come la dorsale appenninica.

Non può che creare stupore il fatto che in una zona riconosciuta fortemente sismica non si sia fatto quasi nulla per impedire che una scossa di magnitudo 6 faccia, addirittura, crollare un ospedale, come è accaduto ad Amatrice. Analogamente a quanto era successo all’Aquila, con la residenza universitaria.

Se le risorse fossero investite nella manutenzione del territorio e nella messa inTerremoto 2 sicurezza antisismica degli edifici, invece che buttate nelle “grandi Opere”, non si ripeterebbero i drammi e i lutti e avremmo anche un maggiore beneficio per le ricadute sul lavoro e l’occupazione diffusa. E’, infatti, risaputo che i grandi cantieri sono appannaggio di poche ditte specializzate. Invece si continua ad affidarci alla solidarietà delle popolazioni colpite e alla protezione civile, che però possono intervenire, generosamente, ma solo dopo.
Così, ancora una volta, contiamo i morti come fossimo di fronte a fatti inevitabili, a eventi ineluttabili, proprio come un Paese del terzo mondo.