Un alessandrino alle Olimpiadi [Lettera 32]

Giuliano Beppedi Beppe Giuliano

 
Alle Olimpiadi di Atene del 1896, quando i giochi ripresero dopo una pausa di… 1500 anni, in tutto parteciparono 246 atleti, meno di quanti saranno i soli italiani a Rio.
Si svolsero poche gare, la più attesa la maratona che ripercorreva le strade di Filippide, il milite che secondo il mito morì dopo la corsa di oltre 40 chilometri fino ad Atene per portare la notizia della vittoria nella battaglia contro i persiani (a proposito, la distanza di 42 chilometri e 195 metri non è esattamente quanto corse lui, venne più prosaicamente codificata ai giochi del 1908: 42 erano i chilometri tra il castello di Windsor e lo stadio londinese, con l’aggiunta di 195 metri che permisero agli atleti di giungere sotto il palco reale).

Alla maratona doveva partecipare anche il Carletto Airoldi, un milanese che aveva raggiunto Atene… a piedi (!), percorrendo ogni giorno 45 chilometri, tranne un tragitto in traghetto quando gli sconsigliarono di attraversare l’Albania per il rischio di incontrare i briganti.
Era un personaggio, l’Airoldi, mezzo podista mezzo circense. Sfidò Bufalo AllodiBill, quando venne in Italia col suo circo, il cacciatore a cavallo, lui a piedi. Dimostrava la sua forza facendosi spaccare le pietre sul torace. Al suo arrivo ad Atene, dopo quel lunghissimo cammino, fu subito popolarissimo. Purtroppo lo squalificarono per “professionismo”: il volere del barone De Coubertin era che ai giochi partecipassero solo i puri dilettanti, non contaminati dal denaro. Ho trovato due versioni, una che parla di un premio di quindici lire pagatogli per partecipare al doppio giro di Rogoredo (e naturalmente vincerlo), un’altra di un premio in denaro per la partecipazione alla corsa Torino-Marsiglia-Barcellona (che tempi pazzi ed eroici, eh!). Comunque sia, gli organizzatori non vollero che il Carletto Airoldi, dopo che s’era fatto tutta la strada a piedi pur di partecipare alla maratona, contaminasse la purezza dei loro giochi. Lui tentò di correre lo stesso, ma inflessibili giudici lo allontanarono.

Per molto tempo si è pensato che il Carletto Airoldi fosse l’unico atleta italiano presente ad Atene, pur senza avere effettivamente concorso.
Qualche anno fa, poi, un giornalista svedese, studiando i reportage di Vladis Gavrilidis, che raccontò le Olimpiadi per Akropolis, praticamente unico cronista a farlo, scoprì la partecipazione alla gara di tiro con la “carabina militare” di un tal Rivabella.
Ulteriori ricerche finirono per identificarlo in Giuseppe Rivabella, ingegnere da tempo residente nella capitale greca, nato a… Alessandria!

OlimpiadiFurono ricerche avventurose, ovviamente, svolte oltre un secolo dopo quella gara di cui resta un’esile memoria. Le racconta bene, in un articolo di una decina di anni fa, la Gazzetta dello Sport, che parla di un documento, un rapporto alla Marina militare circa un contenzioso sorto a Samos e che riguardava un costruttore, “l’ingegnere Cav. Giuseppe Rivabella, cittadino italiano, stabilito da circa 15 anni ad Atene, persona facoltosa e molto stimata…”
Fu lui, quindi, il primo italiano a gareggiare alle Olimpiadi moderne? Fu un nostro concittadino?

Bello pensarlo. Bellissimo sarebbe scoprire che, in fondo a qualche cassetto o in qualche vecchio baule, in una casa di Alessandria, ancora si trovi una fotografia coi bordi consumati, o una lettera scritta con quelle calligrafie nitide di un tempo da Giuseppe Rivabella, olimpionico.