Non si uccidono così anche i cavalli? (e altre domande) [Lettera 32]

Giuliano Beppedi Beppe Giuliano

 
Sono diverse le domande di quest’ultima settimana di sport, ma iniziamo con una facile facile…
Allora, sono 32 o 34?
Nooo! Non dovete rispondere! Non voglio scatenare risse (oltretutto circa un argomento su cui sono notoriamente fazioso), quello che mi ha molto stupito è che, a fronte di una vittoria epocale, con una rimonta di quelle che si fanno una volta ogni qualche decina di campionati, molti tifosiIuve scudetto (anche di quelli cosiddetti illustri) anziché alla gioia smisurata si siano dati alla rabbiosa polemica.
Mi sembra sintomatico del fatto che ormai viviamo il successo più come rivincita livorosa, come un tiè a chi non la pensa come noi che come una (magari banale) felicità…

Martin l’avrà detto di non taggarlo?
Invece trovo meravigliosa la vicenda di Martin Castrogiovanni che, manco fosse Castrogiovanniun normalissimo vigile del comune di Sanremo, racconta al suo datore di lavoro di dover andare a trovare un parente che non sta bene per farsi invece sgamare (le solite foto sui social) mentre, con aspetto subumano, epa prominente e orrido tatuaggione tribale in mostra, in realtà partecipa a una grigliata. Peccato solo che la sua giornata di lavoro saltata fosse in effetti la semifinale del campionato europeo di rugby, che la grigliatona l’avesse organizzata Ibra (a Las Vegas, non a Bordighera), e che la foto finita sui social sia stata poi ripresa da giornali sportivi (e non) in giro per diversi paesi europei, con conseguente licenziamento da parte della squadra francese del nostro. Martin, la prossima volta, dí a Ibra di non taggarti nelle foto prima di aprire tutte quelle bottiglie di birra…

TamberiVoi state con Tamberi o con Schwazer?
Che può diventare parte del dibattito, da noi attuale (e stucchevole) almeno da una ventina d’anni: sei giustizialista o garantista?
Anche qui, “io di risposte non ne ho”. Mi ha però colpito molto che a chiedere, con veemenza, di non portare a Rio 2016 Alex Schwazer, il nostro marciatore già campione olimpico, nei prossimi giorni alla fine di una lunga squalifica per doping, sia stato con tanto di post su facebook (e dove, sennò?) un altro atleta azzurro, il saltatore Tamberi.
Che ci ha messo la faccia mezza sbarbata, è vero, ma che mi ha anche fatto pensare a quella famosa frase, ve la ricordate, quella che disse quel signore molto autorevole, quella sulla prima pietra…Non si uccidono così anche i cavalli?
Sempre a metà tra sport e spettacolo, quando si parla di Usa, si è svolto nei giorni scorsi in draft della NFL, la lega professionistica del football americano. I ragazzi freschi di università sono stati pesati misurati intervistati scrutati, per arrivare a scegliere i migliori di loro con un meccanismo che dovrebbe permettere alla squadra peggiore di prendere il più forte, così da avere tornei sempre equilibrati, il che sovente si risolve in un grande mercato di giovani poco più che ventenni.

Un meccanismo che a volte funziona, altre no facendo danni umani non da poco, e laManziel storia del momento infatti è quella di Johnny Manziel, fortissimo quarterback all’università, con però notevoli problemi personali e di comportamento. Esposto al pubblico imbarazzo nel draft 2014 (fu vittima perfino di un tweet sfottente fatto dall’account ufficiale della NFL!) quando le squadre continuavano a scegliere altri e non lui, finalmente preso da Cleveland (e uno dei primi a complimentarsi con i Browns, sempre via twitter, fu un Donald Trump convintissimo che Manziel sarebbe stato fenomenale). Due anni dopo, poche partite giocate, altri comportamenti sregolati e notevoli problemi fuori dal campo, fino al recente licenziamento, prima dalla squadra, poi pure dal suo agente.
E mentre girano sui social foto di lui che beve nei bar e frequenta party sfrenati (altro che la grigliata del buon Castrogiovanni), suo padre a un giornalista dice una cosa terribile: “I truly believe if they can’t get him help, he won’t live to see his 24th birthday.” Credo sinceramente che, se non si riuscirà ad aiutarlo, lui non vivrà abbastanza a lungo da compiere 24 anni.

Questa storia, purtroppo non unica nel mondo dorato e crudelissimo degli sport professionistici americani, mi ha fatto pensare a quel vecchio film: non si uccidono così anche i cavalli?