L’onda della retorica [Lo Straniero]

Marenzana 1di Angelo Marenzana

 
E’ di alcuni giorni fa la notizia di una ventiduenne ferita con un colpo di coltello alla schiena da un individuo di sesso maschile contrabbandato per un “ex”, un ragazzo poco più vecchio di lei. Quale che sia il movente all’origine della violenza non può e non deve essere oggetto di alcun interesse o peggio ancora di giustificazione.

Vero è che sulla città, per un istante, è calata l’ombra delle periferie governate dalla disgraziata logica della marginalità sociale fatta anche di giovani bulli dalla lama facile da usare contro donne e frange più deboli.

Altrettanto vero è che fenomeni di questo tipo trascendono da una classifica ben definita, per rientrare troppo spesso nella “normalità” affettiva e famigliare. E, per usare un termine desueto, borghese.

L’episodio alessandrino, uno tra i mille e più di cui narra la cronaca nazionale, non può essere relegato solo a notizia di nera perché riflette la fragilità della condizione femminile nell’attuale contesto sociale. A parte i pochi eventi criminali da addebitare a una qualche femme fatale, nella totalità dei casi di violenza le vittime sono donne.

Violenza fisica, sessuale, omicidi consumati in nome dell’amore e tra le paretiDonne violenza domestiche. A cui ne va aggiunta una più sottile, forse meno eclatante, mascherata, ma altrettanto inquietante, corrosiva. La costrizione a ruoli di serie B nel mondo del lavoro, meno garanzie sul piano economico, più ricattabilità di fronte a un desiderio di maternità. Donne spesso costrette a pensioni anticipate dopo una vita di lavoro (con decurtazioni importanti) per sopperire in famiglia alla carenza di servizi sociali. Fino a rischiare (come se ne parla in questi giorni) una parte della reversibilità in caso di vedovanza. Un elenco, questo, condito da provocatorie affermazioni che si fanno sempre più audaci e intollerabili da parte di rappresentanti non secondari del mondo islamico che ficcano il naso nei comportamenti delle donne occidentali.
Affermazioni che spesso fanno il paio con quelle dei rappresentanti della nostra chiesa. Dopo l’aggressione, i responsabili del centro antiviolenza Medea hanno dichiarato che il sistema garantista dell’ordinamento tende a penalizzare la vittima e che si sta pericolosamente abbassando l’età delle donne che incappano in queste dinamiche.

Si tratta quindi di una fetta di società che soffre della mancanza di rigorose tutele e che cozza contro il muro della politica in perenne ritardo nell’affrontare questa emergenza. Un’intera classe deputata a questa funzione è restia a mettere mano nella complessità del problema. Un ritardo ben più colpevole se si considera che il mondo della politica nazionale e locale è rappresentato da una percentuale di donne molto alta, trasversale tra le varie forze politiche.

Le arcaiche resistenze maschili vanno a sommarsi alle neonate resistenze femminili di donne di potere e di governo, di donne che occupano dicasteri, scranni europei, segreterie di partito, commissioni e sindacati. Il cui impegno pare essersi ridotto a slogan e a retorica un po’ snob da celebrazioni nei salotti televisivi. Donne chine all’ampollosità della politica tradizionale fino a far scordare il valore della loro presenza sulle poltrone elettive. E verso le quali nutrono speranze di giustizia le vittime troppo spesso umiliate anche da sentenze e affermazioni culturali fuori dal tempo.

L’8 marzo si avvicina, e siamo tutti pronti a spalancare le orecchie per fare scorrere un fiume di parole e di finta indignazione capace solo di segnare un solco ancora più profondo tra politica e società civile.