Bulli e pupe [Lettera 32]

Giuliano Beppedi Beppe Giuliano

 
Avvertenza: i “social” sono uno strumento. Come il termometro. Misurano la febbre, non la fanno passare. Al limite, se li usi male possono farla salire. Girando un po’ per i social ho trovato alcuni spunti, minimi ma direi interessanti, su atleti e loro immagine sociale oggi.

 

Partiamo da Aurier, terzinone del PSG, modernissimo nella scelta del mezzo, perchéBulli e pupe 1 ha affidato a Periscope un dialogo, filmato in ambiente simil-gangsta rapper, in cui utilizzando il gergo delle banlieue (lo capiscono più persone di quante pensasse lui, altra piccola avvertenza sulla comunicazione oggi) ha espresso pareri, diciamo non gentilissimi, tra l’altro sulle abitudini sessuali del suo allenatore Blanc e di Ibra. Risultato: multa salatissima e ad allenarsi con le riserve fino a fine anno, carriera in bilico. Insomma uso di un social modernissimo per fare la fine di quei ragazzini sospesi dal preside perché insultano i prof nel gruppo di whatsapp.

 
Bulli e pupe 2Pareri ferocissimi quelli consegnati ai social dal campione del mondo di pugilato filippino Manny Paquiao. Che prima scrive cose omofobe che manco voglio riportare, poi cancella il post, nel frattempo visto da milioni di persone e giornalisti. Ecco, prendere nota: cancellare non serve, pigiato il tasto invio il nostro pensiero resta. Personalmente, auguro a Pacquiao di trovare sulla sua strada un Emile Griffith.

 

Bulle e pupi 3
Molto più concreto e vecchio stile, nella polemica, il centrocampista della Lokomotiv di Mosca che il suo messaggio ai tifosi turchi l’ha affidato, baldanzosamente, a una maglietta inneggiante a Putin, mostrata al pubblico di Istanbul al termine della partita (persa) con il Fenerbahce. Anche qui: turchi infuriati, immagine che fa il giro del mondo, e sanzione in arrivo.
Bulle e pupi 4Attento all’immagine esteriore (e promozionale) ma non per questo meno a rischio polemiche il nostro Gianmarco Tamberi. Ha saltato più in alto di tutti quest’anno con il 2,38 di qualche giorno fa, ma dai social è passato alla carta stampata (comunque con moderazione, non trattandosi di calciatore, l’unico articolo degno su di lui l’ha scritto la bravissima Giulia Zonca) non tanto per il salto (la misura lo qualifica tra i favoriti olimpici) quanto per la barba rasata a metà, promossa con l’hashtag #halfshave. Alla fine più curiosità per la rasatura che ammirazione per l’impresa sportiva. E nel passato recente feroci polemiche e insulti quando la mezza barba la sfoggiò lo scorso anno ai mondiali in una gara andata malissimo.

 

Una storia che ricorda quel che successe alla Pellegrini alle Olimpiadi di Londra, Bulle e pupi 5dopo mesi in tutti i media con dovizia di particolari promozionali su quel che fa quando non nuota, poi linciata per i mancati risultati quando ha nuotato (male effettivamente). Dopo Londra Federica ha dimostrato di avere, non solo fisicamente, le spalle larghe, e continua a essere (oltre che fortissima quando nuota) una delle migliori atlete nell’utilizzo dei social (a cominciare dal suo nome su Twitter, quel @mafaldina88 che trovo simpaticissimo).
Già che siamo tra i costumi da bagno, da notare il grande successo mediatico delle atlete sul numero speciale dedicato appunto ai costumi da bagno da Sports Illustrated. Rivista fondata negli anni ’50 e tra le più diffuse negli Stati Uniti, dove raggiunge oltre 36 milioni di persone, di cui oltre 10 sul web, il numero “swimsuit” pensato negli anni sessanta per riempire un’edizione nel periodo di minore sport giocato, è diventato un vero fenomeno mediatico a sé. Prima dominato dalle modelle (il record di presenze in copertina è di Elle McPherson) ora sembra il regno delle sportive, tenniste soprattutto (la prima non modella in costume fu infatti Steffi nel ’97). Quest’anno, in una ricerca di visibilità sempre più virtuosistica, si sono inventati di dipingerli direttamente, i costumi, sui corpi della sciatrice Vonn, di Rhonda Rousey (praticaBulle e pupi 6 home una lotta che ha più del circense wrestling che del pugilato), e della Carolina Wozniacki.

 

La danese, che sui campi da tennis vince sempre meno, in compenso sta rapidamente superando il milione di visualizzazioni del video in cui le dipingono il costume, o delle foto che condivide su Twitter e Instagram. Mentre i reali di Danimarca la invitano a palazzo per consegnarle la bandiera che porterà a Rio 2016 e, almeno nel suo caso, non si trova una minima polemica sul rapporto tra immagine e risultati sportivi: la ragazza ha trovato il modo di piacere proprio a tutti (e non è difficile capire perché).