Di anelli e di ragazze [Lettera 32]

Giuliano Beppedi Beppe Giuliano

 

Sfilavano con grande orgoglio nella loro giacca azzurra con la bandiera italiana e i cinque cerchi olimpici sul taschino, giusto sessant’anni anni fa, sfilavano insieme ai massimi campioni. Insieme a Toni Sailer, l’austriaco che vincerà tutte le gare di discesa con gli sci. Al rosso volante Eugenio Monti, che si lancerà senza paura giù per il budello della pista da bob, ora intitolata proprio a lui. Alla Giuliana Minuzzo, la prima donna a leggere la formula emozionante del giuramento olimpico.

Forse ci pensavano: com’é che da Limone Piemonte siamo arrivate qui, noi ragazze, qui alle Olimpiadi?

Cortina doveva organizzarle nel 1944, le Olimpiadi della neve. La follia che travolse il mondo spazzó via le gare, perché purtroppo non siamo stati abbastanza bravi da portare ai nostri tempi la regola dell’antichità, quando erTosello 2ano le guerre a fermarsi per consentire agli atleti di sfidarsi.

Quando finalmente si poté gareggiare, furono il primo grande evento organizzato da   noi nel dopoguerra. Come sempre fummo bravissimi a presentarci al mondo, tra l’altro. Fin dalla cerimonia di inaugurazione del 26 gennaio 1956. Cui parteciparono anche loro…

Questa infatti è la storia vera, anche se può sembrare incredibile, di Elisabetta Bellone e di sua cugina, anche lei Elisabetta, di cognome Astegiano, l’unica “figlia d’arte”. Di due coppie di sorelle, le Bottero, Margherita e Franca e le Tosello, Rina e Anna.
Cresciute a Limone Piemonte, nell’immediato dopoguerra. Destinate, com’erano le ragazze allora, a imparare a cucire, o a aiutare i genitori al pascolo e negli allevamenti, magari a cercare lavoro nella vicina Francia.
Invece cambiarono la loro vita sugli sci di fondo, prima inventandosi atlete poi, con un tempeClerico Tosello Monighiniramento eccezionale, diventando pure atlete fortissime e vincenti.

Una storia che ricorderebbero solo loro, se non l’avesse raccontata prima Domenico Clerico, medico con la passione della scrittura (“Tempo di anelli e di ragazze”), poi la regista Barbara Allemand: “Le ho rese per quel che erano, una linguacciuta, una orgogliosa, una scontrosa e gelosa, tutte molto vere, come sono gli abitanti delle alture, abituati a vivere in pendenza. Imparano a camminare in salita. […] Le sei pioniere del femminismo vincevano perché avevano voglia di uscire fuori e vedere il mondo”.

Una storia anche dura, come lo sport che si scelsero, perché le ragazze che negli anni cinquanta vinsero tutto vennero lasciate a casa dalla federazione, prima dai mondiali del ’58 poi dalle Olimpiadi dopo Cortina, quelle di Squaw Valley, siccome era più redditizio promuovere lo sci di discesa, che stava molto più a cuore alTosello 1le località turistiche e ai produttori di materiali sportivi.

Così quella partecipazione alle Olimpiadi di sessant’anni fa rimase l’unica volta in cui poterono “vedere il mondo” raggiungendolo sui sottili sci da fondo.
Ma ormai erano diventate grandi, come atlete e soprattutto come donne, quindi quel che tolse loro una decisione cinica dei burocrati dello sport seppero riprenderselo, con gli interessi, nella vita.

Anna lo disse alle altre ragazze quando seppe di non essere tra le titolari della staffetta, alle Olimpiadi di Cortina, ma aveva già deciso. Smetteva, per seguire l’uomo che amava in un paese nei dintorni di Alessandria.

Tosello AcquiDove la vedevamo passare, fino a non molti anni fa, d’inverno, ancora coi suoi sci ai piedi.
Adesso ha smesso, banalmente perché di neve non ne scende quasi più, non perché la voglia o la determinazione le siano mai venute meno.