Ambiente Delitto Perfetto: un ‘necessario’ pugno nello stomaco [Controvento]

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Balza 4di Ettore Grassano

 
Ho incontrato Lino Balza (inutile credo spiegare chi è: lo conoscete tutti) la settimana scorsa, per caso, una mattina in via Dante ad Alessandria. Solito spirito battagliero (“no, qualcuno ha capito male, mica mi ritiro a vita privata: l’avvicendamento alla guida di Medicina Democratica era previsto da tempo”) e poi l’omaggio: “Ce l’hai il libro? Ne ho ancora due copie, in attesa della nuova edizione ampiata: eccolo, buona lettura”.

Confesso, temevo un documentatissimo ma noioso ‘pippone’ di atti processuali: decisamente non le mie letture preferite.

Sfogliandolo la sera stessa, invece, la piacevole scoperta: Ambiente Delitto Perfetto, diAmbiente delitto perfetto Lino Balza e Barbara Tartaglione (ma lui, cavaliere, in copertina ha invertito l’ordine, e viene prima Barbara, attuale responsabile di Medicina Democratica) è il libro che nessun giornalista alessandrino ha saputo o voluto scrivere: compreso il sottoscritto, si intende. In 500 pagine per niente pallose, e anzi godibilissime e con un imperdibile apparato grafico e fotografico, racconta non tanto la storia di un processo (quello al Polo chimico di Spinetta, giunto da poco al primo grado di giudizio) che pure ne è parte saliente e conclusiva, ma la sconfitta del movimento operaio (alessandrino, nella fattispecie), in termini di perdita progressiva di forza e consapevolezza, e la parabola di ascesa e caduta dei movimenti ecologisti. Il tutto con un fil rouge narrativo, che è quello della grande fabbrica chimica di Spinetta, del suo abissale e indiscutibile inquinamento, dell’ambiente e delle persone. Nei corpi, e spesso anche negli spiriti: fiaccati, snervati, svenduti in cambio della logica del ‘lavoro’ a cui tutto si è sacrificato, nel corso di lunghi decenni.

Balza 5Imperdibile (almeno a giudizio di chi scrive, si intende) la parte iniziale, che narra (con tanto di vignette, ciclostili, documenti e foto d’epoca) di un movimento operaio dignitoso, orgoglioso, consapevole del contesto di degrado e di pericolo in cui lavorava, e capace di alzare la testa. Certo, non tutti. E tanti di loro hanno pagato care le loro scelte, a cominciare dallo stesso Balza. Che però è ancora qui, cocciuto e ostinato testimone di un tempo, e di un percorso, che non è giusto ‘liquidare’ a colpi di sentenze.

La storia non la possono scrivere i tribunali, che si limitano a determinare una ‘verità giudiziaria’ che va assolutamente rispettata, e nel caso confutata nei luoghi opportuni. E però appunto è sempre ‘altro’ rispetto alla storia di una comunità, di un territorio, delle persone che lo hanno abitato e vissuto.

Tra le foto del libro, in immagini di trenta e passa anni fa ho riconosciuto volti a me noti, operai della Fraschetta, tutti quanti morti, e mai di vecchiaia: e non c’è bisogno di condividere per forza tutte le analisi degli autori (che non fanno sconti a nessuno, a partire da politici, sindacati, giornalisti) per rendersi conto che a Spinetta c’era, e c’è ancora, un problema grande come una fabbrica, per così dire. Che ha molti di tutto questo ormai importi poco e niente è altra questione, e si chiama forse spirito dei tempi, conformismo, pensiero unico o decidete voi come.

Il libro di Tartaglione e Balza rimane però un documento storico imperdibile, per chi intenda esercitare ancora il vizio della memoria, e della riflessione critica. Dovrebbe essere in stampa la seconda edizione: chi fosse interessato, può provare a scrivere direttamente a linobalzamedicinadem@gmail.com