Il mezzo punto di Lella [Lettera 32]

Giuliano Beppedi Beppe Giuliano

 

Pochi giorni fa, prossima ai novant’anni, se ne è andata Maria Teresa De Filippis. Quasi nessuno se ne è accorto, quasi nessuno oggi la ricorda, anche se fu una pioniera, una meno celebrata Amelia Earhardt.

Guidava una Maserati formula uno nei gran premi negli anni cinquanta, la De Filippis, quando le donne in quell’ambiente erano considerate ornamentali, da ammirare e conquistare certo non da affrontare ruota a ruota. Un’anomalia, in un mondo che faticava ad accoglierla (la chiamavano “pilotino”, per dire) e che lei lasciò relativamente presto (le ennesime tragedie, di Musso e Behra, la spinsero a smettere nel1959). Fine dell’anomalia, ritorno alla “normalità” (con sollievo dei maschietti?). Almeno fino alla metà degli anni settanta.

Poi arrivò una “minuta e tosta. Capelli corti corti, un fisico compatto, una dolcezzaLombardi Lella inattesa e gradevolissima nei modi”. Così Giorgio Terruzzi, splendido giornalista sportivo, descrive la nostra (era nata a Frugarolo) Lella Lombardi. Fece gavetta, la ragazza minuta e tosta. Nelle corse a ruote scoperte della seconda metà degli anni sessanta, follemente pericolose e con avversari (tutti uomini) davvero disposti a tutto. Fino ad arrivare alla formula uno, per l’intera stagione 1975 corsa con una vettura dei garagisti inglesi che allora andavano per la maggiore. Contro i Lauda, gli Andretti, i Regazzoni Merzario Brambilla e tanti altri “cavalieri del rischio”, per usare un’espressione cara a Enzo Ferrari. Unica donna, tuttora, a ottenere punti nel campionato mondiale, Lella da Frugarolo, senza perdere la sua dolcezza inattesa. Pure in un gran premio che ancora oggi si ricorda come uno dei più difficili, e tragici, della storia delle corse, su un circuito stradale abbandonato dopo quella volta, nel parco di Montjuic a Barcellona. Strade dissestate, i guardrail nemmeno imbullonati, i piloti che non ne volevano sapere di correre, guidati dal campione del mondo Emerson Fittipaldi e dal vecchio Graham Hill, un affascinante signore inglese baffuto che fu l’ultimo dei gentleman driver, e che morirà pochi mesi dopo con tutto il suo team in un incidente aereo.

Intervenne la guardia civil per “convincerli”, anche sequestrando tutte le vetture e le attrezzature nello stadio. Così si gareggiò, in un crescendo di incidenti, fuori Lauda e Regazzoni subito, le loro Ferrari centrate da Andretti, fuori tanti protagonisti finché in testa si trova, per la prima volta in carriera, il tedesco Stommelen che guida la poco competitiva Lola proprio del team gestito da Graham Hill. Poi l’alettone che si stacca in rettilineo, la Lola decolla e finisce nella folla, uccide cinque persone, ferito gravemente il pilota. Intanto, in mezzo a quella follia, con il suo stile e con composta eleganza Lella guida la March numero 10 fino al sesto posto, l’ultimo utile per fare punti, in questo caso un mezzo punto, visto che la gara è sospesa con la bandiera rossa.

Lombardi Lella autoUnica donna, tuttora, a ottenere punti nel campionato mondiale, Lella Lombardi, in una carriera ai massimi livelli che finisce presto, già l’anno dopo quel gran premio memorabile, quando la sua March viene passata a Ronnie Peterson, uno dei più forti piloti del momento. “Ora la mia macchina la guiderà un campione”, pare abbia detto lei. Stile e composta eleganza sempre, Lella da Frugarolo.

 

Poscritto. Non ho paura di morire in corsa, ho paura di morire di malattia nel mio letto, diceva Tazio Nuvolari, per tanti il più grande pilota di sempre, di certo uno dei più spericolati. Lella Lombardi, che dopo la formula uno continuò a correre con le vetture sport anche a Le Mans, con quelle turismo, è morta di malattia nel suo letto, giovanissima, nemmeno cinquantenne.

Post-poscritto. Io non ho mai conosciuto Lella Lombardi. Mi piacerebbe ci fosse tra i lettori chi ha memorie personali di lei, mi piacerebbe venissero condivise, per conservare e trasmettere il ricordo della donna minuta e tosta che fu lei pure una pioniera, una meno celebrata Amelia Earhardt.