Col senno di poi: storia di un teatro ‘sbagliato’ [Tempi Supplementari]

Brioschi Massimodi Massimo Brioschi

Uno dei momenti più belli della mia mediocre carriera universitaria è stata la ricerca sul campo e la successiva scrittura della tesi, con argomento il teatro locale alessandrino.

Contattai i gruppi e le persone che con la loro passione, le loro idee e le loro speranze cercavano di animare la scena. In più feci una ricerca sul passato e sulla storia dei teatri della città.

Arrivai così a studiare la nascita del teatro Comunale e più leggevo la storia di questa struttura più ci vedevo il modello delle tipiche storture delle opere pubbliche all’italiana.

Detto subito con franchezza: con il senno di poi quel teatro non sarebbe mai stato costruito così e la chiusura attuale pare una conseguenza non sorprendente.

I problemi maggiori sono derivati da una visione del futuro che non si è dimostrata realistica e dall’eccessiva durata sia della discussione che del tempo della costruzione del teatro stesso.

Ricapitolando brevemente, con la distruzione del teatro Municipale nel 1944Marini i vari amministratori succedutisi dopo la conclusione della guerra si trovavano a dover affrontare il problema della mancanza di un teatro comunale e della cronica mancanza di fondi (a quanto pare i problemi degli amministratori locali non sono poi così cambiati nel corso degli anni…).
Premesso che si era dovuta abbandonare l’idea di restaurare il Teatro Municipale, il cui spazio era stato incorporato dal Comune, non rimanevano che due possibilità: operare una profonda ristrutturazione del teatro in stile liberty Virginia Marini oppure costruire un teatro ex-novo.

Nel dibattito entravano la tradizione lirica di Alessandria, la considerazione verso il cinema, soprattutto di Adelio Ferrero e del Gruppo Cinema e l’aspirazione di fare del nuovo teatro non solo un luogo in cui proporre spettacoli, ma anche un centro della cultura della città cercando di mantenerlo il più possibile popolare, accessibile ai più.
Fu tutto questo che portò alla decisione di costruire un nuovo teatro, più grande del Virginia Marini, con un palco adatto alle opere liriche e che fosse anche sala cinematografica.

L’edificio venne costruito sul sito del Marini, che così fu abbattuto. Con la sensibilità odierna questa scelta appare perlomeno stravagante ma allora le critiche più energiche riguardarono i costi, considerati eccessivi, della costruzione del nuovo teatro piuttosto che l’abbattimento del vecchio teatro liberty.

Teatro-comunale-AlessandriaA fine 1967 il consiglio comunale approvò il progetto di costruzione di un teatro di milleduecento posti (circa trecento in più del Virginia Marini), con il termine dei lavori annunciato entro quattro anni.

Ma si sa come vanno le cose in Italia e gli anni invece di quattro diventarono undici, con la ditta costruttrice che, vinto l’appalto con un’offerta al ribasso, a metà lavori fallì e le varie giunte che procrastinavano i lavori per mancanza di fondi, con il costo che inesorabilmente saliva.

L’inaugurazione avvenne nel 1978 e chiunque può capire come ormai i tempi fossero cambiati rispetto agli anni 50-60. La televisione era ormai nelle case di quasi tutti gli italiani, gli anni ottanta con il loro carico di disimpegno e individualismo erano dietro l’angolo.

Il pubblico cinematografico e teatrale era già in calo al momento dell’apertura e il teatro Comunale nacque vecchio, eccessivo, con costi difficili da sostenere, la capienza troppo ampia, il palco molto grande inadatto a spettacoli raccolti, l’acustica problematica, la biblioteca interna che sarebbe rimasta inutilizzata. L’eccesso di aspirazioni si rivelavano una zavorra pesante.

Il Comunale è rimasto sempre sottoutilizzato rispetto alle potenzialità. E questo soprattutto perché, nonostante l’indignazione per questi anni di chiusura, la domanda dei cittadini non è mai stata pressante (per usare un eufemismo).

E adesso è così cambiata la vita degli alessandrini con la chiusura del Comunale? Erano sempre così significative per la cittadinanza le stagioni del teatro Comunale? Con la crisi degli ultimi anni quale sarebbe stato l’apporto finanziario del comune al teatro?

Con queste domande non voglio affermare che gli spettacoli teatrali non abbiano più alcuna funzione culturale, anzi.
Io credo che possano avere una funzione sociale molto alta. È uno dei modi che ha una comunità di riflettere su di sé, sui cambiamenti che la attraversano.
Ma, secondo me, questa funzione è maggiore se può addentrarsi nelle pieghe dell’ambiente di cui il pubblico fa parte, quindi se è prodotto localmente. E forse perché legato alle persone che qui in città mettono la loro passione teatrale e la loro voglia di esibirsi al servizio della città stessa, mi chiedo se l’indignazione per la mancanza di un teatro comunale sia vera e nel caso di riapertura del Comunale migliaia di cittadini accorreranno ad assistere agli spettacoli, riempiendo la vasta sala o non sia invece uno dei tanti sfoghi da tastiera.

Noto come nell’ultimo anno il comune abbia proposto un cartellone unico degli spettacoli dell’Alessandrino, dell’Ambra e del San Francesco, stagioni organizzate da persone e gruppi legati alla città, come alcuni locali diano spazio a iniziative legate al teatro e al cinema e come nella classifica sulla qualità della vita Alessandria abbia un discreto punteggio solo per quanto riguarda le attività culturali diffuse sul territorio. Mi viene da pensare che forse non tutto il male viene per nuocere.