Alessandria, città militare nel XVII secolo [Alessandria in Pista]

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Remotti

di Mauro Remotti.

Desidero porre all’attenzione dei lettori di CorriereAL un libro di qualche anno fa dal titolo: “Alessandria Città militare nel XVII secolo”, a cura di Egidio Lapenta e Carlo Pesce”. Il volume tratta delle vicende cittadine durante la prima metà del 1600 funestata dalla Guerra dei Trent’Anni[1].

Per analizzare rigorosamente tale periodo, gli autori si sono affidati a una guida di eccezione: Girolamo Ghilini[2], studioso coevo alle vicende accadute. In quel tempo Alessandria era sottoposta alla non certo mite dominazione degli spagnoli che la ritenevano, a ragione, un punto nevralgico per la difesa del Ducato di Milano.

ritratto-di-Girolamo-GhiliniInfatti, rinforzarono fin da subito tutta la cinta muraria comprendendo sia la cerchia urbana che il quartiere di Borgoglio[3]. In seguito realizzarono il baluardo della Cittadella[4] che collegava Porta Marengo[5] con Porta Genovesa[6], oltre a un fosso tutto intorno alle mura. In periodo di guerra (nel milleseicento era purtroppo la regola[7]), si poneva il problema della convivenza tra abitanti delle piazzeforti e militari. Un primo aspetto critico riguardava le onerose spese per il mantenimento di un rilevante numero di soldati che venivano ospitati in città (addirittura sino a 18.000).

Tuttavia, il passaggio continuo di truppe favoriva i commerci (oltre al contrabbando), in quanto i soldati portavano con sé il bottino dei saccheggi precedenti che spesso cedevano ai mercanti del luogo per prezzi irrisori al fine di poter acquistare cibo o amore mercenario. Pertanto, è possibile ipotizzare che diverse opere d’arte siano state acquistate da nobili cittadini per abbellire le proprie dimore.

Da rilevare, inoltre, che: “nel XVII secolo non esistono le strutture militari che oggi conosciamo (caserme, depositi, polveriere di vario genere), gli uomini vengono sistemati in parte, in accampamenti fuori dalle mura, altri vengono ospitati presso famiglie cittadine”. Il soldato, al suo arrivo, si presentava al capofamiglia esibendo una bolletta[8] (in cui venivano indicati il costo della permanenza comprensivo di vitto e alloggio e talvolta del tempo indicativo del suo soggiorno) che permetteva allo stesso di ricevere un indennizzo per le spese sostenute ovvero di compensare eventuali debiti nei confronti della tesoreria comunale. Occorre dunque sfatare il luogo comune secondo il quale il mantenimento dei combattenti fosse sempre e soltanto a carico dei cittadini! L’onere di albergare la soldataglia era però quasi interamente sulle spalle dei meno abbienti.

Si racconta, a tale proposito, che diverse famiglie nobili abbiano bellamente evitato tale incombenza, in particolare il soccorso ai feriti e ai malati. Al contrario, i Calcamuggi, misero a disposizione certi loro edifici opportunamente restaurati. Oltre al problema del sostentamento, sussistevano anche le criticità legate all’ordine pubblico: erano frequenti i danneggiamenti ad opera dei militari, così come le risse che coinvolgevano i borghesi.

Inoltre, i soldati spesso molestavano le mogli e le figlie degli abitanti che reagivano duramente (si registravano, comunque, anche matrimoni tra militi e donne del luogo). Accanto ad episodi gravi, ne capitavano anche di divertenti come il caso di un soldato tedesco che era stato accusato di essere un untore perché portava con sé un guscio di noce colmo di unguento per i calli. Il poveretto, per scagionarsi, decise di ingoiare l’intruglio, senza che gli accadesse nulla! Al fine di studiare ancora più a fondo i temi legati alla vita militare nel XVII secolo, gli autori dedicano un capitolo del libro ai principi di istituzioni militari.

Tra i documenti presi in esame, ve ne sono due depositati presso l’Archivio di Stato di Alessandria denominati “Ordones”, ossia delle disposizioni indirizzate al personale militare. Il primo provvedimento, datato 2 giugno 1598, è una sorta di vademecum (composto da circa 50 articoli) rivolto ai soldati che stazionavano nelle città militari per rilevare quali fossero gli obblighi della popolazione nei loro confronti. Tra gli articoli più particolari viene citato il trentesimo, il quale: “legalizza un’usanza che era prerogativa di ogni esercit0. Infatti stabilisce che ogni compagnia di circa duecento uomini non abbia a disposizione più di otto donne pubbliche, cioè prostitute, alle quali sarà messo a disposizione uno spazio con un letto (cama) sul quale possano esercitare il loro mestiere”.

Degno d’interesse anche l’articolo quarantaquattro, laddove veniva ribadita la regola tassativa di non aumentare falsamente il numero dei militari ospiti e il quarantaseiesimo che, vista la frequenza dello spostamento dei soldati dall’abitazione assegnata a un’altra, proibiva di vendere a terzi suppellettili forniti dalla cittadinanza. Il secondo documento, del 9 agosto 1641, mirava a migliorare la “disciplina e le buone regole di questo esercito”, specialmente per quanto concerneva l’efficienza reale dell’esercito, poiché spesso gli ufficiali non provvedevano a cancellare il numero dei morti inficiando il numero effettivo delle compagnie. Alterare la veridicità degli effettivi era molto grave e le sanzioni severissime: si andava dalla perdita del comando sino alla pena capitale.

Altre norme riguardavano, ad esempio, la necessità di ottenere una “licentia” firmata dal maestro di campo per potersi allontanare dal proprio reparto e il divieto di maltrattamenti nei confronti degli agenti dell’impresario del pane. Le ordinanze, quindi, diventavano uno strumento di disciplina che i comandanti potevano adottare nei confronti dei soldati che, ricordano Lapenta e Pesce, erano spesso arruolati tra frequentatori di taverna, furfanti, vagabondi e prigionieri comuni. Infine, è utile evidenziare che ai militari si aggiungevano i fuggitivi che provenivano da località limitrofe (Solero, Felizzano, Oviglio, Masio, la Fraschetta) sottoposte a saccheggi. Questa massa di persone produceva promiscuità con gravi conseguenze di carattere igienico e sanitario, oltre alla necessità di provvedere al loro sostentamento da parte dell’autorità cittadina coadiuvata dagli ordini religiosi. Il libro termina con uno sguardo al secolo successivo durante il quale Alessandria entrerà nell’orbita di Casa Savoia che si adopererà per arrivare presto alla edificazione della nuova Cittadella[9] secondo i criteri di Vauban, per far si che la nostra città potesse continuare a essere un fondamentale perno difensivo, questa volta del regno sabaudo.

lapentaPer un ulteriore approfondimento sui temi trattati dal volume, ho ritenuto opportuno incontrare uno degli autori, il prof. Egidio Lapenta, al quale ho rivolto qualche domanda.

Come mai la scelta della vostra ricerca è caduta proprio sul 1600?
Potrei risponderti che è stato, innanzitutto, il desiderio di realizzare uno studio nuovo e originale. Infatti, dopo un rapido sguardo alle pubblicazioni di storia locale, è risultato subito chiaro che vi erano grosse lacune su molti aspetti di storia seicentesca. Con Carlo Pesce, che è stato il mio alter ego, abbiamo dunque avuto l’idea di curare una serie di pubblicazioni su questo periodo storico e, in effetti, ne abbiamo realizzati due: “Alessandria Città militare nel XVII secolo e “La Peste in Alessandria nel 1630”, e ne avremmo dovuto scrivere anche un terzo sull’economia in Alessandria, che poi è diventato un articolo pubblicato sulla rivista “Rassegna Economica” della Camera di commercio di Alessandria.

Quali sono state le fonti delle vostre ricerche?
Tra gli autori, Girolamo Ghilini è stato il principale riferimento essendo un contemporaneo. Ghilini, tuttavia, non può essere considerato del tutto uno storico moderno, in quanto il suo modo di fare storia è molto cronachistico. Di conseguenza, abbiamo dovuto attingere ai documenti dell’Amministrazione spagnola e militare che sono abbondantissimi nel nostro Archivio di Stato, attraverso i quali – anche a detta di studiosi stranieri, tra cui T.Parker autore de “L’Uomo barocco” – si potrebbe scrivere una dettagliatissima storia militare del ‘600.

Tutti conoscono la Cittadella, costruita nel XVIII secolo, meno nota è invece la presenza in città di una precedente “vecchia” Cittadella?
Era di gran lunga la fortificazione più importante. Come viene spiegato nel libro, era composta da quattro torrioni e un mastio, che fungeva anche da carcere, una chiesa, quattro fra caserme e polveriere, un ridotto e due porte, una verso la città vera e propria, che nel ‘600 iniziava dall’attuale Via Dante e dal convento di San Bernardino (in corrispondenza dell’odierno penitenziario di piazza Goito) e una verso Marengo. La sua vicinanza con la città fu avvertita in negativo proprio quando il governatore spagnolo Francesco Colmenero, corrotto dai Savoia, ordinò al suo servo sordomuto di incendiare un deposito di polveri da sparo all’interno della Cittadella, causando un’esplosione che, oltre alla piazzaforte, distrusse numerosi edifici, tra i quali proprio la chiesa di San Bernardino. Quando i Savoia, qualche anno dopo, deciser0 di smantellare la vecchia Cittadella, molti materiali furono utilizzati per erigere la nuova.

Alessandria_e_Bergoglio-divisi-dal-fiume-Tanaro-e-uniti-dal-ponte_1593Risulta che l’attuale Cittadella è stata invece costruita dove un tempo sorgeva il quartiere di Borgoglio?
Borgoglio o Bergoglio era collegato alla Città da un ponte, posizionato più o meno dove sorgeva il vecchio ponte sul Tanaro e dove si trovava una dogana. Era un quartiere autonomo con una vocazione commerciale e mercantile, però poco difendibile. Quando accadeva un colpo di mano il primo posto conquistato era B0rgoglio e una volta entrati in Borgoglio era relativamente facile per gli assalitori conquistare Alessandria. Pertanto, all’arrivo dei Savoia, la scelta di costruire la Cittadella nell’area di tale borgo fu quasi obbligata. Alessandria è stata quindi da sempre una città militare, ma nel momento in cui ha smesso di esserlo, è cominciato, a mio avviso, il suo declino, poiché ha perduto una componente importante della sua anima.
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[1] E’ sicuramente arduo compendiare in poche righe le vicende legate alla Guerra dei Trent’Anni (1618 – 1648), che gli studiosi spesso preferiscono suddividere in distinti periodi: boemo-danese, italiano, svedese e francese. All’inizio, si presentò come una guerra di religione fra cattolici e protestanti, ma diventò ben presto una tradizionale guerra politica per la supremazia nel continente tra la Francia e gli Asburgo. I conflitti ebbero luogo principalmente nei territori dell’Europa centrale appartenenti al Sacro Romano Impero Germanico, ma coinvolsero successivamente la maggior parte delle potenze europee di allora. Successivamente, i combattimenti si estesero anche alla Francia, ai Paesi Bassi, all’Italia settentrionale e alla Catalogna. La guerra si caratterizzò per le gravissime e ripetute devastazioni di centri abitati e campagne, oltre che da continue operazioni militari condotte con spietata ferocia da eserciti mercenari che senza controllo saccheggiavano e depredavano, senza dimenticare le inevitabili epidemie e carestie. Il termine delle ostilità si fa coincidere con la Pace di Westfalia.

[2] Autore degli “Annali di Alessandria” del 1666.

[3] Borgoglio, Rovereto, Marengo Villa del Foro, Oviglio, Gamondio, Solero e Quargnento sono i borghi che hanno dato origine, attraverso uno spontaneo processo associativo, alla Città di Alessandria, la cui nascita ufficiale si ritiene essere il 3 maggio 1168.

[4] Si tratta della c.d. “Cittadella vecchia” realizzata nel Medioevo e rinforzata dagli spagnoli. Andò in gran parte distrutta durante l’assedio del 1706.

[5] Porta Marengo si trovava laddove inizia l’attuale Piazza Matteotti (Piazza Genova).

[6] Porta Genovesa corrisponde all’odierna Piazza Marconi (Piazza Savona).

[7] Il XVII secolo fu definito il “secolo di ferro” perché ben novantasei anni furono funestati da eventi bellici.

[8] Oltre alle bollette, sono degne d’interesse le note spese presentate dagli osti per ottenere il pagamento delle spettanze ovvero lo scarico attraverso la compensazione fiscale.

[9] Fatta edificare fra il 1728 e il 1748 da Vittorio Amedeo II di Savoia sull’area del quartiere Bergoglio.