Le signorine Vitale [Alessandria in Pista]

Remotti

di Mauro Remotti.

Le nobildonne Carolina e Caterina Vitale-Aliora, meglio conosciute come “le signorine Vitale”, in virtù del nubilato, del raffinato modo di vivere e di uno stile un po’ retrò (oggi diremo vintage), hanno contribuito a caratterizzare la vita sociale della nostra città dagli anni venti sino agli anni settanta del secolo scorso.

Figlie di Cesare, facoltoso proprietario terriero, e di Luisa Aliora (il cui padre, avv. Carlo Aliora[1], è stato più volte sindaco di Alessandria) erano nate a pochi anni di distanza l’una dall’altra alla fine dell’Ottocento[2]. L’infanzia delle sorelle Vitale è stata quella tipica di una famiglia agiata: seguite da un’istitutrice svizzera imparano sin da piccole il francese e il tedesco (che in futuro useranno per parlottare tra di loro quando non volevano farsi capire dagli altri).

Caterina (al centro con Rocco) e Carolina (accanto) a un matrimonio.
Caterina (al centro con Rocco) e Carolina (accanto) a un matrimonio.

Anche le vacanze erano d’elite: il periodo estivo lo trascorrevano al mare a Paraggi, vicino a Portofino, in una villa con spiaggia privata. Gli studi, effettuati in un Istituto di suore a Genova, cementano la loro formazione fortemente cristiana. In Alessandria risiedevano a palazzo Prati di Rovagnasco, ubicato in via XXIV Maggio su due ali lungo via Verdi e via S. G. della Vittoria, ma trascorrevano molto tempo anche alla cascina Cà d’Olmo a Giardinetto.

Quest’ultima, ora gestita dalla Società Agricola Zootecnica Annonese, comprendeva un vasto parco e una grande casa padronale, ricca di oggetti di ogni genere (tra cui collezioni di quadri e orologi), oltre a due vecchie armature poste all’ingresso che intimidivano gli ospiti. Le due sorelle, pur avendo temperamenti differenti, sono sempre state molto legate.

Carolina era di indole più dolce e riservata, mentre Caterina (Rina) aveva una personalità più forte e intraprendente (è stata infatti tra le prime donne a prendere la patente ed era diventata anche campionessa di tiro al piattello). Pur avendo avuto parecchi pretendenti, le Vitale non hanno mai pensato di maritarsi, dedicandosi specialmente ai viaggi (soprattutto in Europa) e alle frequentazioni importanti.

Molto considerate presso casa Savoia, coltivavano una speciale confidenza con la principessa Jolanda (più volte vista in Alessandria a prendere un caffè con Carolina e Caterina), ma anche con il principe Umberto e la principessa Mafalda. A proposito di quest’ultima, possiamo menzionare che quando, nel settembre del 1943, dovette partire per Sofia per assistere la sorella Giovanna, il cui marito Boris III era in fin di vita, avrebbe dovuto essere accompagnata proprio da Caterina Vitale, la quale, a causa del riacutizzarsi di un malanno contratto anni prima, non poté seguirla e, chissà, forse evitando così di legare il suo destino a quello della sfortunata principessa.

Tra gli amici delle signorine vi erano molti personaggi illustri, tra i quali ricordiamo l’industriale Teresio Borsalino[3], il prof. Mario Enrico Viora[4] e il pittore Alberto Caffassi[5]. Tanti anche i discendenti di nobile lignaggio con i quali le Vitale intrattenevano rapporti affettuosi come il principe Guasco, i principi Gonzaga, i marchesi Faà di Bruno, i conti Gropello Cairoli, i marchesi Incisa della Rocchetta e la contessa Zoppi.

Rocco-il-bassottoSebbene non si potesse parlare di un vero e proprio salotto culturale, si trattava comunque di incontri brillanti (e assai invidiati) con personaggi molto in vista nella nostra città. L’amore per gli animali era una delle passioni delle sorelle, in particolare per un cane bassotto, il famoso Rocco, vincitore di diversi concorsi e campione d’Italia, che Caterina portava sempre con sé, facendogli anche confezionare un cappello Borsalino su misura! Profondamente conservatrici e tradizionaliste, finiranno, con il passare del tempo, per indossare sempre gli stessi abiti fatti confezionare anni addietro da una storica sartoria di Torino.

Malgrado fossero estremamente meticolose – Carolina teneva un diario quotidiano su cui annotava ogni minimo particolare della giornata – e metodiche (pare che accendessero la caldaia sempre nello stesso giorno dell’anno, a prescindere dalla temperatura esterna), erano molto affabili e cordiali con tutti, soprattutto con i bambini. Un’altra peculiarità delle sorelle Vitale, ben conosciuta agli Alessandrini, era la loro estrema abitudinarietà circa i locali da frequentare. Si poteva, infatti, incontrarle nei soliti ristoranti (Alli due Buoi Rossi, Gandini[6] e Torino[7]) oppure negli stessi  bar e pasticcerie (Chiabrera[8] e Rovida Signorelli) condotte nei loro spostamenti da un’autista di fiducia. Le due sorelle dedicavano anche parte del loro tempo ad opere di carità (senza peraltro darne particolare risalto) ovvero aiutando persone che si rivolgevano loro per un lavoro o altre necessità.

La vita delle due sorelle è trascorsa dunque serenamente, scandita da consueti e rassicuranti rituali e in compagnia di vecchi amici (a proposito dei quali, ricordiamo il medico condotto di San Michele, dott. Cazzani, e il parroco di Castelletto M.to, don Borriero) sino alla scomparsa di Caterina, avvenuta nel 1970 e di Carolina nel 1978. Ancora oggi, chi ha avuto la possibilità e il piacere di conoscerle, ne ricorda con affetto la simpatia e la generosità, che in questo articolo abbiamo cercato di rinverdire[9].

 

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[1] Carlo Aliora è stato sindaco di nomina regia nel periodo 1844-1848 e successivamente dal 1849 al 1860.

[2] Le signorine Vitale avevano anche due fratelli, purtroppo morti prematuramente (Giuseppe di polmonite a 6 anni e Giovanni a 18 di tifo).

[3] Teresio Borsalino (1867-1939) eredita dal padre Giuseppe la fabbrica di cappelli, portando il marchio “Borsalino” a un prestigio mondiale.

[4] Mario Enrico Viora (1903 – 1986) famoso storico del diritto, è stato docente universitario presso le Università di Trieste, Padova, Cattolica di Milano e Torino.

[5] Alberto Caffassi (1894- 1973) una volta conseguito il diploma presso l’Accademia Albertina di Torino cominciò a dipingere quadri dai colori vivi e splendenti raffiguranti la campagna alessandrina, per poi passare, negli anni trenta, all’uso dei grigi e a rappresentare prevalentemente i paesaggi di Pontedecimo e Castelvecchio di Rocca Barbena. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, riprese a realizzare opere più vicine alla tradizione accademica.

[6] Il ristorante “Gandini” si trovava in via San Giacomo della Vittoria. Il titolare era un tipo pittoresco molto apprezzato dai clienti abituali, un po’ meno dagli occasionali. Raccontano che quando un nuovo cliente chiedeva il carrello dei dolci, si vedeva arrivare una cassetta di frutta trascinata da una corda!

[7] Il ristorante “Torino” era in via Vochieri. Per tanti anni la titolare è stata Paola Praglia.

[8] Anche il bar-ristorante “Chiabrera” appartiene, come  del resto il “Gandini” e il “Torino”, a quei locali purtroppo ormai chiusi da tempo. Si trovava sull’angolo tra via Ferrara, piazza della Libertà e via San Giacomo della Vittoria. E’ stato a lungo ritrovo del Rotary e dei goliardi. Per approfondimenti sulla goliardia alessandrina, vi rimando agli interessanti articoli curati dall’amico Antonio Silvani pubblicati su CorriereAL.

[9] Ringrazio Maria Robbiano, Carla, Mario e Teresangela Cattaneo per avermi fatto partecipe dei loro ricordi personali.